Gianna Lai
Holy Peep Show, grande spettacolo di gala, Ciuchino Pinocchio. Ovvero, In su chelu siat. Di Tiziana Troja e Michela Sale Musio, Compagnia Lucido Sottile. Suscitò polemiche questa rappresentazione quando il Rettore dell’Ateneo cagliaritano ne vietò la rappresentazione all’Orto Botanico per blasfemia. In realtà, è un invito alla tolleranza e allo spirito critico. Riproposto nei locali dell’ex Liceo artistico all’interno del Calendario dell”Aprile antifascista’, ecco sullo show una recensione di Gianna Lai.
Ti accolgono preti e suore, e ti accompagnano verso l’alto di un luogo dove, più si sale, più la sofferenza diviene rappresentazione della vita. E la poesia l’accompagna, per raccontarla con ironia e leggerezza. ‘Non t’ inganni l’ampiezza de l’intrare’, sembra minacciare bellissimo il Grillo parlante, arrabbiato e sconclusionato, in una lingua meravigliosa tra il sardo, lo spagnolo e un moderno latino adattato ai luoghi e ai tempi. Che vuole metterti all’erta sull’andamento del cammino, sull’andare appresso a padri spirituali, preti e suore, in lutto stretto. E scoprire il mondo della speranza in Geppetto- Francesco che, per rappresentare il cielo dentro di sè, ha bisogno di mostrarsi fragile nella sua completa nudità. Come se non bastasse, all’inizio di ogni suo pensiero, quel parlare incerto, chissà, nella scelta delle parole adatte per trasmettere sentimenti altissimi di solidarietà, e di poetico amore. Ecco, probabilmente, nel suo sontuoso abito da sera, splendida maschera che polemizza con l’ipocrisia dei preti, e se ne ride della vita e degli uomini creduloni, il Grillo tutto verde di ‘Ciuchino Pinocchio’, vuol dirci proprio che, alla prossima svolta, niente ci farà più ridere, nè ci sarà dato più modo di tornare indietro. E in effetti le amalianti voci del prete e i cenni accompagnatori delle suore, già ci indicano la strada, ci spingono amorevolmente dove loro dicono, e non si può più tornare indietro davanti alle pietre e ai cocci di vetro tutti intorno al giovane disperato, scelto da Dio per la sofferenza e la salvezza. Le parole del prete pedofilo, che lo perseguita e lo tiene avvinto, e che cerca di placare i suoi inutili tentativi di ribellione, alternati alla passiva sopportazione, ci rendono ancora più inquieti e spaesati. Pur distolti, ma è solo un attimo, dai bambini che giocano e fanno evoluzioni in libertà, a volte stupiti, a volte guardinghi, per ciò che deve ancora avvenire. Forse tutti insieme pronti, adesso, a capire fino in fondo il Cristo Pinocchio, che non può più, a sua volta, tornare indietro. E ad accogliere e comprendere la sua sofferente richiesta di perdono, e la sua drammatica promessa, tra le lacrime, di non dire più bugie. Perchè se conosce molto bene la lezione-litania, che una cerbera rossa carceriera controlla sul suo quaderno, quelle chiavi così terroibilmente agitate non sciolgono la catena. E la croce resta per sempre il destino di questo essere tra l’umana donna e l’animalesca creatura dai piedi di capro. Che ancora espone il dolore del corpo nudo e indifeso, e non può annunciare resurrezione per sè, nè salvezza per l’umanità. E lo grida al pubblico, e chiede anzi di essere lei salvata, ma inutilmente, come già prima il ragazzo vittima del prete perverso. Il pubblico deve proseguire e camminare verso l’alto, nessuno può distoglierlo dalle tappe stabilite, non si spiegherebbe quel rosario senza croce, consegnato nel primo girone a ciascuno di noi. Per assistere all’esilarante rappresentazione di Mangiafuoco, il Monsignore Mangiafuoco, nelle vesti ecclesiastiche di un’autorità, ancora in auge ai nostri giorni, dalla colorita e vivace parlata toscana. Che impreca e bestemmia, minacciando di far finire nel fuoco il burattino e il carabiniere, stretti e agitati nelle funi tra le sue mani. E tutti quelli che non ubbidiscono al suo comando, o che non sanno a che cosa devono ubbidire. Neppure se è l’ abbruciatura di streghe e di grandi intellettuali del passato a indicare la via giusta da percorrere. Può la musica dei Beatles far riprendere respiro allo spettatore e ridare un legame col mondo di fuori, che attenui l’oppressione? Probabilmente si, perchè questa volta sembra davvero preparare alla visione di una Madonna-Fata turchina, salvatrice di tutti quei sofferenti, pietosamente esposti nei vari passaggi del teatro, e che noi abbiamo abbandonato, come indifferenti alla loro richiesta di partecipazione. E la mente ritorna alle storie narrate, man mano che si percorre all’incontrario la strada della salita, per raggiungere di nuovo, tutti insieme il grande atrio d’ingresso. Sempre scortati da padri spirituali, preti e consorelle, in stretto abito da lutto. Bravi tutti gli attori, Antonella Puddu il grillo parlante, Daniele Meloni Geppetto, Gabriele Perra il giovane perseguitato dal prete, che è Andrea Ibba Monni. E Michela Sale Gesù-Pinocchio, e Alessandra Leo la sua carceriera, e Felice Montervino Mangiafuoco, e Tiziana Troya, insieme Madonna e Fata turchina. E le altre attrici e gli altri attori, padri spirituali e confratelli e consorelle. C’era attesa per questo interessante spettacolo, che ha registrato il tutto esurito nelle sei repliche della fine di Aprile, all’Ex Liceo artistico di Piazza Dettori, a Cagliari. E il pubblico, a prima vista sacrificato in questo andirivieni di scale, anditi e grandi aule della rappresentazione, ha capito infine l’originalità e la suggestione di un percorso obbligato tra spazi ora ampi, ora ridotti. Ma piegato alle esigenze di uno spettacolo di qualità, che nella mente dell’attore e della regia trasforma i luoghi in personaggi, e ne mette in risalto bellezza e fascino del passato, attraverso l’uso quotidiano dell’invenzione teatrale. Se entrate nel sito delle Lucido Sottile, leggerete che il Sindaco dice ‘ dovete andare via di qui’. Dove altro rappresentare spettacoli così, all’Orto botanico già vietato dal Rettore dell’Università lo scorso anno, per l’immagine blasfema che rappresenta Cristo e la Madonna nudi nel dolore della pietà? E allora, a quando una replica proprio lì, nell’Orto botanico, per vedere come ‘Ciuchino-Pinocchio, ovvero In su chelu siat’, può ancora coinvolgere il pubblico, se le scene si aprono tra gli alberi, nei giochi di luce e ombre del bosco antico? Il bosco antico di una città, che dovrebbe intendere meglio la funzione del teatro, e mostrare più comprensione per i suoi artisti. E sollecitare l’apertura di nuovi spazi, opponendosi alla chiusura dei pochi ancora rimasti, per una difesa della cultura, che non può fittiziamente dipendere dall’esito di una crisi, o dall’andamento di un indefinibile sviluppo.
1 commento
1 Lucide
14 Giugno 2013 - 08:31
Analisi attenta e puntuale.
Colma di immagini nuove, ma anche di immagini per noi consolidate.
Grazie.
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