Allegretti: larghe intese per un futuro oscuro

14 Maggio 2013
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Umberto Allegretti a domanda risponde

Sulla formazione del governo delle larghe intese c’è nel Paese un forte dibattito, che nella sinistra si manifesta con un diffuso malessere. Ne parliamo con Umberto Allegretti, uno dei più autorevoli costituzionalisti italiani, fine osservatore anche dei fatti politici.

D. Cosa pensi del governo di larghe intese?
R.In questa decisione si può forse vedere la rivelazione del senso profondo di tutto il complesso iter degli ultimi tempi. La creazione del governo di larghe intese è stata opera prevalente del presidente della repubblica,  che ha così ulteriormente ampliato la sua centralità.

D. Su cosa fondi questo convincimento?
R. Napolitano, all’avvio del suo secondo settennato, ha conferito un incarico di governo strettamente condizionato alla soluzione politica subito realizzatasi e convalidata dal voto delle due camere.

D. Governo di scelta del presidente dunque…
R. Certamente, sia nell’accorta individuazione del suo capo – si sa che il partito di cui Enrico Letta è esponente di rilievo si è rimesso alla designazione presidenziale -, sia in quella della composizione della coalizione e (vien ritenuto) nella scelta di alcuni ministri.

D. E sull’indirizzo politico? Il Presidente non è titolare dell’indirizzo politico di maggioranza…
R. Anche nell’indicazione delle priorità dell’indirizzo da seguire nell’azione dell’esecutivo, incluse quelle delle riforme costituzionali.

D. Si tratta di un governo di coalizione tra forze contrapposte…
R. Con esso si realizza dopo molto tempo un auspicio tenacemente perseguito da Napolitano fin dagli inizi  del mandato presidenziale e in prima battuta in forma particolare col governo Monti: cioè la conciliazione tra le varie forze politiche e la loro convergenza, non solo sulle scelte istituzionali  ma anche sulle grandi direttrici di politica economica ed estera.

D. Ci sono precedenti nella nostra storia costituzionale?
R. Dal punto di vista del ruolo del presidente della repubblica nella formazione del governo, si avvicinano al presente altri casi (quali  per un verso incarichi conferiti da Gronchi e per altro verso da Saragat) di condizionamenti posti all’incarico, sia con riguardo alla formazione della coalizione che alla formulazione del programma e alla scelta di alcuni ministri.

D. Ma non c’è qualcosa di più nel caso attuale?
R. Sicuramente c’è una più diretta partecipazione presidenziale alla costruzione del complesso iter dell’operazione e, dobbiamo pensare, alla sua realizzazione nella futura azione dell’esecutivo.

D. S’invoca lo stato di necessità, ma lo “stato d’eccezione” spesso è stato il preludio del disastro dal punta di vista democratico…
R. Se l’influenza presidenziale è comprensibile, in nome di una sorta di necessità,in ordine sia alle priorità imposte dalla situazione economica che  dai rapporti con l’Europa – entrambe non scevre  di elementi di carattere costituzionalmente obbligante -  più discutibile è che la collaborazione sia stata imposta alle forze democratico-costituzionali nei confronti di una formazione di partito personale dedito agli interessi diretti e inaccettabili del suo capo, che la pone fuori della corretta dialettica costituzionale, tanto più che essa appare come protagonista della fase che si è aperta.

D. Napolitano nella commemorazione di Chiaromonte ha richiamato il compromesso storico degli anni ‘70 o addirittura la svolta di Salerno di Togliatti…
R. Improponibile, naturalmente, rassomigliare a questa collaborazione le diversissime occasioni della relazione instaurata tra la Democrazia cristiana e il Partito comunista per opera di  Berlinguer e di Aldo Moro poco prima della sua tragica fine, e ancor meno della svolta di Salerno promossa da Togliatti con il promovimento di una collaborazione tra i diversi partiti e gli esponenti della monarchia.

D. Vuoi spiegarci il perché?
R. Nel primo esempio, si era infatti di fronte a un accordo tra forze e personaggi che nonostante le distanti posizioni politiche condividevano la fedeltà alla Repubblica secondo lo spirito essenziale dello stato costituzionale; nel secondo a un’ipotesi verificatasi in situazioni assolutamente tragiche e dirimenti e d’altronde legata strettamente alla contemporanea messa in questione della persona del re e della perpetuazione della monarchia stessa.

D. Togliatti pensava alla costituzione provvisoria per la transizione dalla democrazia alla repubblica e all’Assemblea costituente per fondare, con una nuova Carta costituzionale, la Repubblica democratica. Questa prospettiva era anche di tanta parte delle forze antifasciste. Ma oggi il governo di larghe intese è proteso all’ampliamento della nostra democrazia?
R. Malgrado ogni savia intenzione del Capo dello stato e le qualità del presidente del consiglio e di molti membri del governo, in quel che si vede sembra di non poter scorgere altro che un futuro oscuro e precario.

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