Partiti e movimenti: soggetti collettivi o strumenti?

11 Maggio 2013
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Gonario Francesco Sedda

Si potrebbe far precedere questa riflessione dalla ben nota frase: “ogni riferimento a fatti e persone reali è puramente casuale”. Ma Gonario forse qualche riferimento concreto in testa ce l’ha. Nel qual caso il quesito si sposta: ma quel qualcosa è solo strumento o soggetto collettivo?

1. Può esistere un’organizzazione (non importa di quale tipo) che non sia un “soggetto collettivo”? No, se si tratta di un’organizzazione per l’azione orientata a un fine o a un insieme di fini.
Il soggetto può essere incapace di azione, ma non vi può essere azione senza soggetto.
La progettualità ha un’importanza decisiva: un soggetto può non avere progettualità, ma non può esistere progettualità senza soggetto.
Quindi un’organizzazione che non sia soggetto sarà “sempre” incapace di progettualità e di azione (efficiente ed efficace) orientata a un fine o a un insieme di fini.
Quando “una parte” di una società si organizza per difendere o affermare interessi che considera vitali per la propria esistenza, in contrasto con un’altra o con più parti, nasce un partito tra gli altri partiti o un movimento tra gli altri movimenti.
Anche per un partito o movimento la progettualità è decisiva: ma un progetto politico non è la creazione improvvisa della fantasia né il prodotto casuale di tutto ciò che si muove. Un’organizzazione (un partito, un movimento) resterà adeguata alle sue ragioni istitutive se nel tempo sarà capace di un’efficiente ed efficace azione orientata a un fine o a un insieme di fini.

2. Se un partito o movimento fosse “solo” uno strumento, gli individui (aderendovi) sarebbero delle volgari parti di esso. La loro piena umanità, le loro differenze di cultura e di professionalità (che attengono alla sfera “soggettiva”) verrebbero costrette nell’ambiente asfissiante dello strumentalismo.
Di più: anche uno strumento deve essere usato per un fine (o per un insieme di fini). Ma il verbo che indica l’azione – “usare” – rimanda al soggetto: chi usa lo strumento? Il singolo individuo? Gruppi più o meno larghi di individui?
Ancora: chi determina i fini? Se un partito o movimento fosse solo uno strumento, esso non potrebbe determinare i fini del suo uso (nel breve, medio e lungo periodo). Avete mai visto un bastone che decide quando, come e perché deve essere usato?
Allora: i fini dovrebbero essere determinati “fuori” dell’organizzazione puramente strumentale? Dal singolo individuo o da gruppi più o meno larghi di individui? E come si potrebbe “decidere” (non semplicemente discutere) sui fini di un’organizzazione senza aderirvi?
In realtà un’organizzazione (un partito, un movimento), proprio perché formata da individui, è assieme un “soggetto” (nella progettazione) e uno “strumento” (nell’azione).
Un partito o movimento è “anche” un fine, nel senso che esso stesso deve essere progettato come strumento, deve essere adeguato allo scopo e mantenere efficienza ed efficacia nel tempo, richiede lavoro di manutenzione ordinaria e straordinaria, richiede periodiche ristrutturazioni o una completa riprogettazione.
Insomma, proprio perché costituita da individui in carne, ossa e cervello (nella loro piena umanità, nelle loro differenze di cultura e di professionalità), qualsiasi organizzazione (un partito, un movimento) non può essere “solo” uno strumento e tanto meno può essere “sempre e comunque” uno strumento “usa e getta”.

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