Letta smonta le “riforme” di Monti…col voto del Prof.!

2 Maggio 2013
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 Amsicora

Che strano Paese il nostro! Ricordate l’avvio del governo Monti? I media parlavano di un consenso plebiscitario. Napolitano aveva trovato il salvatore della patria, il deus ex machina, che col suo codazzo di professori avrebbe curato i mali d’Italia. I pochi che avanzavano critiche o anche solo dubbi venivano additati come Cassandre, portatori di sventura. Sappiamo com’è andata a finire. Il governo Monti è stato uno dei peggiori della storia repubblicana.  Ha colpito duramente la povera gente, non ha neanche sfiorato i detentori della ricchezza, ha mandato ulteriormente a fondo l’economia e non ha neppure intaccato il debito pubblico.
Monti, col suo volto e il suo fare mortifero, dov’è passato ha lasciato solo macerie. Ha azzerato tutti coloro che hanno avuto la sventura di avere a che fare con lui, da Casini a Fini, a Bersani, che, per chi lo avesse scordato, ha condotto la campagna elettorale all’insegna dell’alleanza col Prof. L’allora segretario del PD, partito all’inizio della campagna elettorale con un largo margine di vantaggio, lo ha pian piano ridotto fino ad annullarlo, mentre il Cavaliere ha compiuto il miracolo di presentarsi come oppositore di Monti, riuscendo, con questo imboglionesco smarcamento, non solo a non perdere le elezioni, ma a vincerle per l’insipienza del PD dopo il voto.
Napolitano, che è stato il regista e il maggior responsabile di quel pessimo governo, non solo non ha pagato il fio, ma ha anzi avuto il premio della rielezione e mentre prima plaudiva per le misure antipopolari di Monti, oggi incita il governo Letta jr. a  revocarle. Sì, perché il programma del nuovo governo, imposto anch’esso da Napolitano, ai primi posti nel programma ha messo la “riforma” delle “riforme” del governo Monti a partire dall’IMU, proseguendo con gli esodati in un clima generale dominato da un’indirizzo in economia, a parole, esattamente opposto a quello del governo dei Prof.. E  la cosa più buffa è che uno dei sostenitori più convinti di questo esecutivo è Monti, il quale partecipa così con entusiasmo a disfare quanto lui stesso aveva fatto.
Cosa possa venir fuori da questa confusione è  facile capire. Cosa possa fare il governo dei diplomati di meglio rispetto al governo dei prof. è un mistero. Per di più è formato dalle stesse forze politiche. All’orizzonte del nostro Paese si presentano i presagi più oscuri. Anche perché quella parte degli italiani che in questi anni si è battuta per voltare pagina, il popolo delle primarie e del centrosinistra, che ha votato convintamente il PD per chiudere con Belusconi e col berlusconismo, è oggi incredulo di fronte all’atto di trasformismo più grande che la storia d’Italia ricordi. Il trasformismo di Depretis rispetto a questo è roba da chirichetti! Non comprende il no a Rodotà, un uomo del nostro mondo progressista. Non capiscono la pugnalata alle spalle di Prodi da chi poco prima lo aveva candidato con un’acclamazione. Un tremendo parricidio. Segno anche questo di un intreccio oscuro di convenienze, di scambi Berlusconi-Napolitano-Letta, di cui s’intuisce la consistenza. Per il Cavaliere è la salvezza dalle sentenze, per gli altri non può essere solo stupidità e masochismo politico. C’è nello sfondo l’oscuramento delle intercettazioni di Napolitano e Mancino nella trattativa Stato-mafia, c’è lo scandalo del Monte dei Paschi, paragonabile a quello della Banca romana di fine Ottocento. Sul piano politico l’operazione è chiara: la riedizione di un monocolore democristiano come asse di governo del Paese nei prossimi anni, con la messa ai margini di ciò che è rimasto della tradizione della sinistra italiana.
Ciò che aggrava la situazione è che quanti hanno creduto nel cambiamento non vedono vie d’uscita. Il PD appare un partito di anime morte. Al voltafaccia della dirigenza non c’è reazione. Tutti allineati e coperti, anche se dovrebbe esser chiaro che, per quanto campi, il PD non avrà pià alcuna credibilità come forza del cambiamento. Barca apppare già superato, Cofferati tentenna. La rivolta della base rimane senza riferimenti nella dirigenza. Anche questa mancanza di resposabilità è segno di uno sfacelo morale prima che politico. Eppure ci vuol poco a capire che lo sbandamento e lo sfilacciamento di questa parte dell’elettorato progressista alimenterà la sfiducia e l’astensionismo, rendendo ancor più difficile il confronto elettorale che il Cavaliere, al riparo del governo Letta, si appresta a promuovere da posizioni di forza. Non occorre essere  aquile per capire che i settori del PD, che hanno guidato la convergenza verso il Cavaliere, la scissione l’hanno già fatta. Cosa deve accadere ancora perché qualcuno nella dirigenza PD dica qualcosa di sinistra?

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