Il Presidente spinge il Paese verso il baratro

22 Aprile 2013
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Amsicora

Certo da vecchi si perde contezza della realtà. Così Napolitano ha stigmatizzato ieri una pacifica manifestazione a Roma esercizio di un fondamentale esercizio costituzionale, senza dire alcunché sull’invasione da parte di un intero gruppo parlamentare del PDL del Palazzo di Giustizia di Milano. Anzi, i promotori di quella eversiva gazzarra, volta ad impedire  l’esercizio della funzione giurisdizionale, sono stati accolti con tutti i riguardi al Quirinale.
E così anziché mostrarsi come presidente super partes ha escluso dalla legittimazione a concorrere alla politica nazionale un terzo della rappresentanza, ossia SEL esopratutto il M5S . MoVimento del quale si può dissentire su tutto, ma costituisce certamente un elemento ineludibile per una trasformazione positiva del Paese e comunque per un normale svolgimento dell’attività parlamentare.
Un Presidente, dunque, che invita al dialogo e alla collaborazione, ma esclude dal gioco politico un terzo degli italiani. Peraltro, il M5S (seguito da SEL) ha proposto per la presidenza nove magnifici nomi, dando prova di volere non solo fare proposte, ma di farle al più alto livello. Inoltre, contrariamente alla scompostezza degli altri gruppi (il PDL nei riguardi di Prodi dentro il Parlamento e fuori ) e dello stesso PD nei confronti dello stesso Prodi e ancor prima di Marini, il gruppo del M5S ha tenuto un contegno sobrio ed ha mantenuto la più seria unità. Se si pensa alle battute del PD, subito dopo le elezioni, sulla tenuta dei neodeputati “grillini”, allo scouting (cioé alla compavendita di deputati) su di essi, viene ora da sorridere. Il PD esplode nelle sue faide e nelle intime brutture di una parte consistente del suo gruppo dirigente, mentre i “cittadini deputati”  destano perfino tenerezza per la loro ingenua, ma positiva fermezza. Ho sentito il cittadino Fico dire delle cose sull’interesse pubblico sulla funzione dei parlamentari, che mi ha ricordato qualcuna delle figure più limpide della nostra storia politica.
Ma il vecchio se la prende con loro, pericolo per la democrazia, ed auspica l’alleanza con quel fior di galantuomini del PDL, a partire del loro capo, invischiato in tante oscure vicende giudiziarie e pronto a mobilitare la piazza contro Prodi.
Siamo fuori dal buon senso. Siamo fuori dalla Costituzione perché la Carta assegna al Presidente la funzione d’indirizzo costituzionale, ossia di stimolo all’applicazione della Costituzione, non quella d’indirizzo politico di maggioranza, che spetta al Parlamento. Napolitano, invece, ha detto al Parlamento quale dev’essere la maggioranza, lo ha fatto richiamando la condivisione, ma escludendo due forze (M5S e Sel) che rappresentano quasi il 30% degli italiani, molti di più se consideriamo gli elettori del PD, che hanno creduto di votare per mandare a casa, non per resuscitare il cavaliere. Di più e peggio: il Presidente invita il PD ad un tradimento del suo elettorato, senza mandarlo prima alle urne. Chiama regressione la contrapposizione a Berlusconi e dimentica che il PCI si è contrappposto nell’arco della sua esistenza alla DC, che era ben altra cosa rispettto al PDL. Un discorso privo di base storica e politica,  a cui seguirà  un disastro peggiore di quello cui Napolitano ha già dato vita, imponendo uno dei peggiori governi della storia repubblicana, il governo Monti.    
Il Cavaliere ha detto che è stato il più bel discorso da lui sentito. Basta questo giudizio di un uomo, fino a qualche giorno fà, spaventato dai giudizi a suo carico e pronto all’espatrio, a dire tutto. Non c’è bisogno di altro commento.
Per gli italiani si apre una fase molto tormentata, frutto di una grave distorsione del ruolo presidenziale e di una coazione frutto di un’errata interpretazione della volontà della parte maggiortaria del Paese, che vuole esattamente il contrario dell’inciucio con Belrusconi. Bisogna attrezzarsi ad una difficile battaglia.

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