Gianna Lai
Oggi al Piccolo Auditorium di piazza Dettori a Cagliari, alle ore 21, prima regionale per la Rassegna “Primavera dell’Arco”, “Der Puff, frammenti cantati ddi corpi internati” di Francesco Falchi con, in scena, la stessa autrice e Marta Proietti Orsella. Una produzione Il Crogiuolo.
Nei giorni scorsi al Minimax di Cagliari è stat0 rappresentato ’All’ombra dell’ultimo sole’, di Rita Atzeri. Liberamente ispirato al Decameron di Giovanni Boccaccio. Con Daniela Collu, Pierpaolo Frigau, Alessandra Leo, Alessia Marroccu, Alessandro Muroni, Mirko Ariu. Canzoni di Alessandro Muroni. Il Crogiuolo produzione, in collaborazione con Cedac.
Ecco sulla rappresentazione un recensione di Gianna Lai.
L’incerto andamento dei primi gesti, gli andirivieni e i movimenti degli attori alla ricerca di uno spazio scenico adatto all’ idea del regista, crea già sul palco una certa insofferenza. E un’attesa tra il pubblico, tra gli studenti in prima fila, nella speranza che la narrazione concili fra loro i protagonisti, e ne faccia interpreti coerenti dello spettacolo. Fino a quando si scioglie l’equivoco e ciascuno ritrova in sè la forza di recitare come fosse l’espressione più spontanea e immediata della sua vita, la vita stessa. Perchè quelle storie di Boccaccio aprono a un mondo lontano molto vicino alla nostra cultura, e ci rappresentano ancora oggi, noi uomini moderni, al cinema o in teatro, se l’interpretazione sa restituire i toni della narrazione, e esaltarne i significati. E scoprire l’originalità di una letteratura tra le più grandi in Europa, come hanno saputo fare l’altro giorno, Daniela Collu, Pierpaolo Frigau, Alessandra Leo, Alessia Marroccu, Alessandro Muroni, Mirko Ariu, in ‘All’ombra dell’ultimo sole’, liberamente ispirato al Decameron di Boccaccio, per la regia di Rita Atzeri. Donne e uomini convinti artefici dei propri destini, in attesa allora di un Umanesimo ormai alle porte, che oggi si ripropone in tutta la sua filosofia e il suo sentimento, specie se quelle storie entrano nell’intreccio e a far parte di un racconto così ben recitato da giovani attori, in sicuro e armonioso accordo fra loro. Davvero bravi a costruire e a sviluppare su due piani la finzione teatrale, come interpreti delle novelle di Boccaccio, ma dentro la rappresentazione di un contrasto insanabile che li agita e li lacera e che neppure la forza della messa in scena può risolvere. Sei personaggi per i dieci del Decameron, che raccontano storie e le interpretano ciascuno a modo suo, suscitando nel gruppo una dura competizione, fino al limite della rivalità, che non risparmia neppure i già evidentemente fragili rapporti di coppia di due di loro. Una novella per ciascuno, e ciascuno riacquista la sua personalità, dominando la scena e rafforzando il filo che lega vicende e uomini. Gli amanti traditi, le donne coraggiose, i furbi e i dissoluti, tutto un mondo nuovo che rimane impresso nella mente degli spettatori, anche quando il regista, interno al gruppo stesso, cerca di sviare il discorso introducendo cose dei nostri giorni. Come se lo spettacolo fosse ancora in fieri, si stesse ancora costruendo, mentre ancora il musicista insegue una possibile colonna sonora, ispirata alle canzoni di Leonardo Cohen. E sembra, il regista, voler confondere gli attori e disorientare il pubblico, sempre ricondotto per fortuna ogni volta al centro della storia da Landolfo Rufolo che, povero, diviene ricco a seguito del naufragio in cui stava per morire. Da Nastagio degli Onesti che vede finalmente coronato il suo sogno d’amore, dalla commovente Lisabetta da Messina, emblema di una sofferenza che attraverserà tutta la letteratura. Da Girolamo e la Salvestra morti entrambi per il dolore della separazione, dal nobile Federigo degli Alberighi. Dalla spregiudicatezza di Frate Cipolla, dal bel parlare di Guido Cavalcanti. E volta a volta la commozione e la comicità si legano al contenuto dei testi, al ritmo della narrazione, a quella bellissima lingua del Boccaccio integralmente restituita dall’interpretazione degli attori. E all’originalità della messa in scena, pur così scarna ed essenziale nell’allestimento, eppure carica di rimandi e riferimenti nel testo, dal teatro alla letteratura al teatro. Fino ad una possibile, e perchè no, gustosa e divertente improvvisazione, che denota sempre profonda coscienza artistica e professionale.
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