Aldo Lobina
C’è nelle scelte di Napolitano sulla formazione del Governo un’evidente difficoltà, che gli deriva anzitutto dalla imminente scadenza del mandato. Gli manca il deterrente costituito dal potere di scioglimento delle Camere. Il richiamo alla responsabilità dei gruppi parlamentari avrebbe avuto altro peso se, nel pronununciarlo, il Capo dello Stato avesse avuto in mano la penna (o la clava) per firmare il decreto di scioglimento delle Camere e mandare a casa i neoeletti.
Tuttavia, detto questo, è innegabile che dietro le scelte del Presidente si possono leggere due pregiudiziali: una verso Bersani e la seconda verso il M5S. E’ vero che il segretario del PD non è vincente, ma è anche colui che ha la maggioranza in una delle Camere ed è la personalità che mantiene le maggiori chances di raggiungerla al Senato. Bersani si è anche proposto per assumere su di sé il peso e la responsabilità di dare al Paese un governo. Il M5S, al momento e stante la ferma opposizione del PD all’alleanza col PDL, è l’alternativa in campo ad un governo a guida PD, pur in alleanza con questo partito. La collaborazione PD-M5S, voluta dal primo e rifiutata dal secondo con la guida Bersani, potrebbe essere valutata in modo diverso ove il presidente del Consiglio designato fosse una figura autorevole di estrazione non partitica. Del resto, Bersani, con grande spirito di servizio verso il Paese, si è detto disponibile a fare un passo indietro per favorire la formazione del governo nell’asse politico che già aveva enunciato. L’impasse si prestava dunque alla soluzione di dare il mandato a Bersani con la prospettiva o di formazione del governo o di rinuncia al mandato in favore della soluzione che dalla sue ulteriori consultazioni sarebbe potuta scaturire oppure ancora con la certificazione dell’impossibilità di formare il governo PD/M5S o M5S/PD e, dunque aprendo la strada ad altre intese (grosse Koalition?) o al ritorno alle urne.
La scelta dei 10 saggi obiettivamente è la più infelice e improduttiva. Dieci professori con la funzione di fungere da suggeritori o consiglieri del governo dei …prof. Professori dei professori! Un non senso anche dal punto di vista logico, tanto da giungere a toccare la ridicolaggine con la burla della finta Margherita Hack ad un vero Valerio Onida, che ammette, lui presidente emerito della Corte Costituzionale, di essere lì, insieme agli altri, a fare cazzeggio per fare tempo! Tragicomici più che saggi! Poco seri più che savi!
Una situazione complessa è vero, ma su cui pesa una propensione di Napolitano verso le larghe intese, già infaustamente sperimentate con Monti, e una incomprensione verso la vera novità, il M5S. Una ostilità del Capo dello Stato verso la linea Bersani indisponibile all’alleanza con le destre e una palese preclusione all’apertura al M5S.
Un vero rebus, ma di fronte ad esso il Presidente non si è atteggiato a “facilitatore” della soluzione. Anzi l’ha enormemente complicata con le sue non manifestate, ma evidenti, pregiudiziali politiche.
Sul rebus si cimenta anche Aldo Lobina nello scritto che segue, ispirato ai quesiti posti dallo scritto, pubblicato, del costituzionalista Massimo Villone, già presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato, molto saggio ma proprio per questo …non inserito fra i dieci savi (A.P.).
Ho letto con interesse le argomentazioni di Massimo Villone, che pone domande interessanti di indole costituzionale. Pur non essendo un esperto in materia, mi sia permesso di fare alcune puntuali osservazioni sulle stesse questioni.
Il governo Monti è un governo dimissionario dacché il PDL , che lo sosteneva con PD e UDC, ha deciso di non continuare a sostenerlo. Il Capo dello Stato, giustamente ha chiesto a Monti l’ordinaria amministrazione fino all’insediamento di un nuovo governo. Se prima Monti presiedeva un governo “tecnico” con sostegno politico, ora presiede un governo tecnico, senza sostegno politico.
Il risultato deludente di Monti alle elezioni è un elemento “psicologico”. Anche se il suo risultato fosse stato migliore ritengo sarebbe stato giusto prescinderne riguardo alla continuità tecnica, due volte tecnica, di questo governo. Una proroga, a mio avviso, ha senso ed è corretta, a prescindere dal gradimento dei mercati (e non certo solo per i problemi di dover sgomberare uffici, sostituire impiegati, assumere nuovi collaboratori, far posto insomma ad altri assolutamente provvisori anch’essi) per non riempire vuoti con altri vuoti.
L’importante sarebbe poter godere di un voto di fiducia del Parlamento, dico del Parlamento, non di quello di ieri o di questo. Se non c’è fiducia del Parlamento non c’è e basta.
Credo che il Capo dello Stato avrebbe dovuto continuare ad oltranza le consultazioni, anche a costo di presiedere riunioni “miste” coi rappresentanti di PD e PDL; PD,PDL e M5 Stelle; PDL e M5Stelle; PD e M5Stelle. Il che non sta accadendo.
Non è facile dire verso chi si sia manifestato il consenso prevalente degli Italiani. A leggere il risultato freddamente c’è un sostanziale pareggio delle tre forze in campo. Ho scritto altre volte che a determinare una vittoria elettorale non sono i numeri nudi e crudi del voto, ma la loro traduzione attraverso il codice della Legge elettorale. Bene, questa maledetta legge elettorale ha stabilito che il risultato non è favorevole a Bersani e che se maggioranza ci sarà a sostenere un governo questa dipenderà dalla volontà delle forze politiche di condividere un programma politico. Per questo ritengo che non si possa “puntare a un governo senza fiducia, ma comunque legittimato dal consenso prevalente degli italiani”. Non c’è proprio nulla da interpretare. Non è neanche nelle prerogative del Presidente della Repubblica, al di sopra del quale c’è purtroppo quel Porcellum che detta legge e condiziona i risultati.
Nelle prerogative del Presidente – di quello che verrà - c’è invece la possibilità di sciogliere le Camere, una volta registrata l’incomunicabilità tra le forze politiche. Sarà un bel deterrente per le forze politiche, che solo per questo fatto molto probabilmente faranno di necessità virtù, cioè pur di perpetuarsi, saranno costrette a più miti consigli, assicurando un governo all’Italia.
Sono d’accordo nel considerare il surgelamento della crisi, una pratica dilatoria, una anomalia. Le basse temperature fanno male, uccidono. Ne ha già fatto le spese il povero Bersani, che non chiedeva neanche i tulipani, ma ha visto i crisantemi portati da Grillo alla sua tomba. A noi, che non siamo ancora morti, non resta che chiedere opere di bene, per il bene comune. Ammesso e non concesso che il concetto di bene comune che abbiamo noi sia lo stesso che hanno loro.
Alla seconda domanda di Villone viene da rispondere che sì, un governo dimissionario in proroga, ad avviso di chi scrive, può sicuramente evitare il passaggio in Parlamento per un voto di fiducia. Il voto di fiducia l’ha avuto a suo tempo. Ed è in forza di quello che ancora viene prorogato. Però la fiducia dovrà essere posta come condizione per un nuovo governo il più presto possibile.
Per quanto attiene alla terza domanda, la posizione dei saggi nei lavori parlamentari, ho già espresso perplessità e riserve, annotando che la decisione dell’arbitro, il Presidente della Repubblica, di inventarsi quella commissione di “saggi”, è figlia di una fantasia istituzionale singolare. Che sembra dimenticare che il Parlamento eletto è la sede istituzionale, l’unico tavolo apparecchiato dai cittadini per scegliere programmi e uomini di governo. Anche le vie per semplificare tale funzione spettano al Parlamento. Al Presidente della Repubblica compete di prendere atto invece delle decisioni del Parlamento, magari esortandolo a svolgere al meglio e presto le sue funzioni.
Alla quarta domanda di Massimo Villone che chiede a chi risponda e di che cosa il governo Monti in mancanza della fiducia parlamentare si può dire che esso si trova rispetto ai cittadini nella stessa condizione dei governi che nella storia della Repubblica sono stati prorogati. Deve svolgere l’ordinaria amministrazione nel rispetto della Costituzione e delle leggi, fino al passaggio di testimone, che tutti ci auguriamo avvenga il più presto possibile. E’ questo che si augurano i cittadini, che ben volentieri presenteranno a Monti un po’ di quei crisantemi che hanno già consegnato a Bersani, suo sodale più convinto nella passata Legislatura. I cittadini non dimenticano.
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