Andrea Raggio

3 Aprile 2013
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Andrea Pubusa

Con Andrea Raggio ci lascia uno degli ultimi grandi vecchi della sinistra sarda. Un comunista, che prima ha assistito e aderito alla fine del PCI, e poi,  pian piano - come tanti di noi - si è trovato a non riconoscersi più in alcuna della tante mutazioni di ciò che ne è derivato. Andrea, però, del vecchio comunista aveva mantenuto le caratteristiche. Era un uomo di carattere e di forti convinzioni. Avanzava le sue opinioni, con rispetto verso gli interlocutori, ma con grande fermezza. Era disponibile al compromesso in senso non deteriore, ma mai al trasformismo. La sua visione riformista lo portava ad uno sforzo tanace per unire le forze della trasformazione. Per lui, dunque, l’incontro con forze diverse era una costante, un elemento connaturale dell’attività politica. Non è un caso ch’egli abbia conosciuto la sua migliore stagione ai tempi della politica delle larghe intese e dell”unità autonomistica. Con Dettori e Soddu lavorò a creare il primo governo regionale PCI-PSI-DC e, quando l’operazione fallì per il “veto Piccoli”, allora segretario nazionale della DC, s’impegnò nella formazione di una giunta coi socialisti e coi sardisti, come premessa delle larghe intese con la DC. In quel periodo occupò ruoli di rilievo: presidente del Consiglio regionale dal 1977 al 1979 come espressione della politica di larghe intese in gestazione, e  assessore alla Programmazione dal 1980 al 1982, nella prima Giunta regionale di sinistra a guida socialista, presidente Franco Rais.
Questa sua posizione, che rispecchiava l’orientamento della maggioranza del PCI sardo e nazionale (si ricordi il compromesso storico di Berlinguer dopo l’uccisione del presidente cileno Allende nel 1973), lo mise in rotta di collisione con Luigi Pintor, alla fine degli anni ‘60 “confinato” in Sardegna, e con quanti (Salvatore Chessa, Marco Ligas, Enrico Montaldo, Franco Restaino, Cenzino Defraia ed altri) diedero vita in Sardegna al gruppo politico legato alla rivista il Manifesto. La visione di questa parte del PCI, molto influenzata dai movimenti giovanili e operai della fine degli anni ‘60 e del decennio successivo, considerava interclassista la politica autonomistica della maggioranza e puntava al rilancio della lotta su scala nazionale con un’alleanza operai-studenti e ceti popolari. L’idea di fondo era che lo sviluppo anche della Sardegna, più che da intese autonomistiche, potesse nascere dall’avanzamento di un’alleanza di classe su scala nazionale e dalla sconfitta della DC. Raggio, allora segretario della Federazione di Cagliari, contrastò  con durezza questi compagni fino alla loro radiazione. Ferita sanguinosa, come si può immaginare, e mai rimarginata.
Dopo la sua esperienza di parlamentare europeo per due legislature dal 1984 al 1994, Raggio è stato consigliere comunale. Ed ha svolto i mandati sempre con molto zelo e impegno, com’era nella sua formazione comuniata. Ha mantenuto sempre la stessa tenacia nonostante i gravi lutti, prima la tragica morte del figlio Luca, poi quella della moglie. Ed anzi dal dolore si sforzò di uscire in positivo, con la creazione della Fondazione Luca Raggio, che in questi anni ha coinvolto il meglio dell’intellettualità democratica cagliaritana, dando vita a incontri e dibattiti con esponenti della grande cultura italiana e non solo.
Negli ultimi anni fu uno dei pochi grandi vecchi a scendere in campo contro le pretese autocratiche di Soru e fu critico implacabile della Legge Statutaria. Ed anche qui, in fondo, si può cogliere la sua antica ispirazione. Per Raggio la “rinascita” della Sardegna non poteva essere opera di singoli partiti e tantomeno di singoli personaggi, ma solo di una grande alleanza di popolo, guidata dai partiti democratici e dalla organizzazioni sindacali e di categoria, nonché del vasto mondo delle autonomie locali. Per lui l’approccio di Soru alla “questione sarda” non solo era perdente, ma era un non senso. E lo era anche la Legge Statutaria e tutta la legislazione recente a ispirazione maggioritaria. Per lui la Regione non doveva essere riguardata come ente, ma come “ordinamento” comprendente le autonomie provinciali e comunali. Ed è l’unità popolare, conseguente all’intreccio dell’attività democratica delle autonomie, a creare quel movimento ampio e articolato che solo può spostare in avanti la condizione della Sardegna e dei sardi. Questo suo orientamento non solo lo portò al contrasto fermo di Soru, ma anche ad una posizione via via più critica verso il PD, di cui non capiva più la politica.
Benché di formazione diversa questi comuni punti di vista lo portarono a favorire la nascita di questo blog e a collaborarvi costantemente. Anche qui col suo tratto di compagno sempre attento alle opinioni altrui, ma molto fermo e franco nell’esprimere le proprie. Capitava così di trovarci d’accordo o di dissentire, ma quando c’è libertà di pensiero e non ci sono secondi fini, il dissenso, la diversità di opinioni è perfino più gradita della completa consonanza.
Andrea ha scritto gli ultimi articoli su questo blog all’inizio della campagna elettorale alla fine del gennaio scorso. Era per il voto utile. Per lui, tenace sostenitore dei movimenti ampi, la divisione in piccoli gruppi era un non senso. Dopo è rimasto muto. Ed io, sorpreso dal suo silenzio, l’ho invitato ad intervenire; volevo la sua opinione che sapevo diversa dalla mia, ma ritenevo preziosa nello spirito aperto di questo blog. E così ho saputo dei suoi problemi di salute, anche se pensavo di ricevere presto una mail con la sua riflessione sulle questioni all’ordine del giorno. Non è stato e non sarà così. La voce e il pensiero di Andrea ci mancheranno in questa fase tormentata della vita nazionale e regionale. Continueremo noi, impegnandoci a seguirne l’insegnamento, che lui aveva appreso nella sua militanza e formazione di comunista italiano, che può riassumersi nell’adesione ai valori democratici e alla lotta dei lavoratori e delle classi subalterne. Ed è anzitutto l’ancoraggio saldo ad un metodo: impegno rigoroso a manifestare sempre liberamente il proprio pensiero e a ricercare in ogni circostanza l’unità del movimento democratico per combattere sempre e dovunque l’ingiustizia sociale, per l’uguaglianza.

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