Red
Un’eccezione di costituzionalita’ sul lodo Alfano. A sollevarla e’ il pm milanese Fabio De Pasquale, rappresentate della pubblica accusa nel processo che vede tra gli imputati il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, accusato di frode fiscale in relazione ai presunti fondi neri di Mediaset.Per De Pasquale, il lodo Alfano e’ incostituzionale tanto quanto il lodo Schifani, bocciato dalla Corte Costituzionale nel 2004. In particolare, secondo il magistrato milanese, il lodo Alfano viola l’articolo 3 della Costituzione che sancisce l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Inoltre, per De Pasquale, il lodo Alfano e’ incostituzionale perche’ approvato con la legge ordinaria anziché con legge costituzionale, giacché la personalità della responsabilità penale e l’obbligatorietà dell’azione penale sono prescritte nella Carta e possono subire deroghe ed eccezioni solo con norma di pari rango. Per queste ragioni la prima sezione del Tribunale di Milano, presieduta da Edoardo D’Avossa, ha deciso di accogliere la richiesta del pm Fabio De Pasquale, rinviando gli atti alla Consulta. Ha dunque ritenuto la questione non manifestamente infondata e rilevante ai fini del giudizio. Il processo sui fondi Mediaset viene, dunque, sospeso in attesa della decisione della Corte costituzionale. Piu’ o meno quel che accadde nel 2003, quando il lodo Schifani - che interrompeva il processo per cinque alte cariche, compreso il presidente della Consulta - interruppe il processo Sme, allora in corso. Dal giugno di quell’anno, fino al gennaio 2004, il tribunale decise di sospendere il processo solo per Berlusconi, lasciando proseguire il resto del processo. Il 13 gennaio, però, la Corte Costituzionale dichiarò incostituzionale la norma, permettendo al processo milanese di proseguire anche nei confronti del premier che fu poi parzialmente prosciolto e parzialmente prescritto. Speriamo che questa volta il finale sia diverso, e cioé che il giudice possa pronunciarsi nel merito dell’imputazione, assolvendo o condannando.
2 commenti
1 Carlo Dore jr.
26 Settembre 2008 - 18:29
Riservandomi di procedere al più presto in una più approfondita analisi dell’argomento, anticipo ai lettori di questo blog che, mentre l’opinione pubblica risulta totalmente monopolizzata dall’affaire Alitalia, l’incostituzionalissimo Lodo Alfano ha, per così dire, figliato un pargoletto. Si tratta del “lodo Consolo”, di un ddl diretto ad estendere l’autorizzazione a procedere per i Ministri (attualmente prevista con esclusivo riferimento ai fatti riconducibili alla loro attività di governo) a tutti i reati ad essi ascritti, ivi compresi quelli commessi in periodi precedenti alla assunzione della Carica. Insomma: un altro sfregio arrecato alla legalità costituzionale dai cultori del legame tra potere ed impunità.
2 Raffaele Pilloni
27 Settembre 2008 - 12:43
Il Lodo alfano è,a mio avviso, palesemente incosituzionale: i rilievi della sentenza 24/2004 della Consulta sul Lodo schifani (termine di paragone tutt’altro che da buttar via, come spesso si sente nei media) secondo alcuni sarebbero stati accolti nel testo del Lodo alfano ma in realtà si riducono ad un differenza sotto il profilo del termine di legislatura per la sospensione dei processi e per la possibilità di proseguire con le azioni civili di risarcimento. Il problema che rigurda l’art. 3, 101, 112, 68, 90, 96, 24, 111 e 117 mi paiono ancora dei nervi scoperti, anche se fugacemente affrontati dalla Corte nella sentenza del 2004 volta soprattutto ad esaltare la rilevanza del principio di uguaglianza nel caso in specie. In particolare il problema a cui si fa riferimento nell’articolo mi sembra il più interessante, anche se già affrontato parzialmente dalla Consulta che ha giustamente indirizzato l’attenzione sul fatto che, “in ragione del carattere rigido della Costituzione, nessuna fonte può modificarla surrettiziamente, qualora ne pregiudichi una o più norme: le limitazioni sostanziali o processuali della (altrimenti assoluta) responsabilità del funzionario – ex art. 28 Cost. – devono individuarsi in altre norme costituzionali (Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio, ministri, parlamentari, giudici costituzionali, titolari di organi giurisdizionali) perché ogni limitazione di tale responsabilità si risolve nella corrispondente restrizione del diritto di azione e di difesa. Inoltre la differenziazione delle discipline processuali con riferimento a fatti extrafunzionali viola il principio di eguaglianza (non sopprimibile nemmeno con una legge di revisione costituzionale)”; i giudici costituzionali continuano affermando che “le immunità valgono soltanto nei limiti delle previsioni costituzionali, e qualsiasi legge ordinaria che ne ampliasse l’ambito sarebbe incostituzionale”. L’aspetto più interessante rigurda però l’aver agganciato il problema legge ordinaria/Costituzione con l’art. 3 cost. che, citando la Consulta, “vieta al legislatore ordinario d’introdurre differenziazioni normative basate esclusivamente su elementi soggettivi. Per la tendenziale universalità del precetto di legge la norma deve dirigersi a tutti senza distinguere in base a categorie soggettive, ma soltanto oggettive (natura dell’atto, dei beni, etc.) in logico rapporto con la natura dell’attività e senza aver riguardo a connotati inerenti alle persone (prestigio, onore, dignità, etc.). Nella fattispecie, invece, un tale rapporto è del tutto assente (laddove si prevede la sospensione dei processi per illeciti compiuti prima dell’assunzione della carica). In essa, infatti, il munus publicum rappresenta non già il fondamento e il limite dell’immunità, bensì il mero presupposto di essa. Ciò che si tutela, dunque, non è la funzione, ma la persona, introducendo così un vero e proprio privilegio personale”. La sentenza che verrà sarà ancora più profonda su questo aspetto, e probabilmente l’analisi dei giudici si concentrerà ancora maggiormente sul problema dell’utilizzo della legge ordinaria come strurmento di modifica subldola della Carta Costituzionale.
Lascia un commento