Andrea Pubusa
Provocatorimente ho giurato che Grillo mangia i bambini. Perché non voglio stare alla demonizzazione generale, che in realtà nasconde una paura matta della casta. Il comico fa sul serio, vuole spazzarli via tutti. E in questa prospettiva va giudicata la sua indisponibilità a fiducie o ad alleanze organiche. Non vuole relazioni stabili con chi dice di voler costringere alla resa. Un pò come i veri rivoluzionari del passato che puntavano a liquidare i gruppi dirigenti antagonisti più che a puntellarli.
Lo strumento di questa novella rivoluzione? Non i soviet, i consigli da base, ma il web, la piazza mediatica che Grillo ha scelto come arena della sua battaglia politica, insieme alla piazza vera dei suoi comizi oceanici.
La Piazza è sempre stata un luogo ambiguo, di democrazia e di eversione a seconda dei casi o dei punti di vista. Non è un tema nuovo. Già se ne era occupato un grande intellettuale sardo, Antonio Pigliaru ne “La piazza e lo Stato“, uno scritto di grande spessore del 1960, dopo i fatti di Genova del luglio di quell’anno nel quale il popolo democratico (i giovani dalla maglietta a strisce) scese massicciamente in piazza contro il governo Tambroni, che apriva ai fascisti del MSI.
Quale ruolo ha la piazza nella vita dello Stato, secondo Pigliaru? La piazza ha una valenza democratica quando dà dinamicità all’azione statale e mantiene vivo un rapporto dialettico chiamato ad impedire la “incapacità dello Stato di realizzare […] la propria presenza sul concreto“, ossia a rendere effettivo “un principio fondamentale della democrazia, che consiste nell’impegno a realizzare all’interno di una concreta posizione di lotta, un sistema di mediazione politica assolutamente articolato e coerente” a tutela delle libertà. Quindi non c’è capitolazione dello Stato alla piazza quando “un governo cede davanti ad un’opposizione interna la cui azione sia suscettibile di razionalizziazione effettiva“. In questo caso lo Stato non capitola in quanto è il governo che cede alla ragione, restituendo allo Stato la sua vera funzione e missione democratica. La rivolta contro lo Stato quindi è necessaria “solo quando lo Stato non risponde alle aspettative“, come, ad esempio, quando c’è “un Parlamento incapace di far valere la sua presenza nel processo di mediazione” rispetto ai problemi che la vita concreta dei cittadini pone. In questo caso solo la Piazza ha la potenzialità di risvegliare la democrazia.
Sono, come si è detto, riflessioni che il grande orunese offre dopo i drammatici scontri di piazza di Genova del 1960. Ma essi hanno un’attualità straordinaria, se si pensa alla odierna crisi della democrazia. In fondo è questa la tematica che sta alla base del dibattito sulla “democrazia partecipativa” e “deliberativa“, che coinvolge sempre più la cultura costituzionale e politologica non solo italiana. C’è un deficit democratico a cui la Piazza può sopperire? E come? Le proposte e le esperienze sono tante. Si è pensato ai “sondaggi deliberativi“, alle “giornate deliberative“, alle “giurie di cittadini”, ai meccanismi che sonsentono la più ampia realizzazione del diritto all’informazione come diritto di informare e di essere informati, al finanziamento pubblico di associazioni civiche che contribuiscono alle Town meeting, al Planungegszelle, alle Consensus Conferences e simili.
Occorre mettere in luce come anche nelle forme partecipative più avanzate c’è in agguato il pericolo di ridurle a vuoto rito o, addirittura, a forme di supporto al leader di turno. In effetti, è necessario tornare al fondo della questione democratica, riprendendo quegli spunti critici che troviamo, per non citare tanti altri, in Marx, nella riflessione di Lenin sulla Comune e poi, in modo più maturo in Gramsci. Il tema è quello riflesso nell’art. 3 Cost., ossia trovare il modo per la partecipazione diretta dei lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Senza risolvere questo problema la democrazia non c’è o è monca. Tuttavia dobbiamo convincerci che non è possibile una effettiva partecipazione in ambienti dominati dal populismo e che dunque occorre ripensare anche la rappresentanza in modo ch’essa rispecchi, più o meno, fedelmente la volontà del corpo elettorale. Se no, appunto, l’agorà diventa stadio e i cives si riducono al rango di tifosi acritici, rumorosi e rissosi.
Si può rimettere questa tematica al centro della riflessione e del dibattito pubblico? Senza pregiudizi. Oggi si richiama la piazza mediatica. Che non sia questa una pista in cui trovare nuovi spunti e risultati? In fondo anche Marx e Gramsci ipotizzavano forme più avanzate di democrazia in società a capitalismo avanzato, con lavoratori acculturati. L’esigenza è forte. Ha ragione Battiato: abbiamo avuto un parlamento di troie, un bordello, dove addirittura si è votata la rilevanza internazionale del caso Ruby in ragione della importante parentela dell’amichetta del capo del governo! Abbiamo avuto la caduta di governi a pagamento (caso Berlusconi-De Gregorio). La prostituzione vera e politica è l’essenza del berlusconismo diffuso. Cos’è la pretesa di Antonello Cabras di accaparrarsi la presidenza della Fondazione del Banco di Sardegna a 300.000 euro l’anno? C’è o non c’è il presupposto individuato da Pigliaru per il ricorso alla Piazza? Un parlamento autoreferenziale, incapace di risolvere i problemi della gente. Governi ferocemente antipopolari. Una casta insaziabile, con finti antagonismi interni, in realtà protesa a spartirsi i brandelli delle istituzioni. Ecco perché la novità di Grillo andrebbe studiata, senza pregiudizi pro o contra, in questa prospettiva. Anch’egli, in fondo, sembra animato dall’idea che la piazza mediatica, attraverso il web, e quella vera, coi comizi e gli incontri nei gazebo, possa dare soluzione al problema della crisi della democrazia; possa rianimare la rappresentanza che dovrebbe manifestarsi nel parlamento anzitutto e poi nel governo. Certo è che il blog di Grillo è più aperto e trasparente delle segreterie dei partiti, non a caso chiamate “segreterie”. Voi partecipate alla vita democratica di qualche partito? Quanti di voi sono stati esclusi dal diritto di concorrere in modo democratico alla politixa nazionale e locale? Nel paragone con gli altri partiti il M5S è più trasparente o non lo è meno. Ma presenta anche aspetti preoccupanti, anzitutto sulla “linea di comando”. E’ chiaro il carattere discendente, dall’alto al basso, delle decisioni. Non è altrettanto chiara l’efficacia della partecipazione. Il M5S è al guinzaglio di Grillo? O è una comunità unita da una programma e da obiettivi condivisi? E’ uno strumento di liberazione e democratizzazione dello Stato o è una manifestazione, la più estrema, della sua involuzione? E dei vecchi partiti c’è da battere solo quello di Berlusconi? O gli altri, PD compreso, perché ormai berlusconizzati nell’anima?
Insomma, i problemi che Pigliaru aveva posto alla riflessione nel rapporto fra piazza e democrazia, ora ripropone il fenomeno Grillo con la piazza mediatica in modo forte e del tutto nuovo. Su questi temi la cultura democratica dovrebbe in modo critico riprendere a scavare, abbandonando i tanti pregiudizi verso le nuove forme e, ovviamente, senza cadere nelle nefaste infatuazioni leaderistiche e bipolari degli ultimi decenni.
1 commento
1 francesco Cocco
28 Marzo 2013 - 19:42
Per parlare della “piazza mediatica” di Grillo non scomoderei nè Pigliaru, nè Gramsci e tantomeno i grandi rivoluzionari del secolo scorso, da Lenin a Gramsci. Non mi dispiace che il grillismo sparigli le carte di una realtà ossificata ed incapace di vera innovazione. Abbiamo bisogno di iinovazione e soprattutto di una vera rivoluzione (nell’accezione più nobile), ma nel grillismo non c’è nulla di tutto questo. C’è solo il folclore della rivoluzione e la rivoluzione non la si fa con le trovate mediatiche, spesso semplicemente buffonesche ………..Organizzarsi anche mediaticamente, elaborare cultura, rifiutare il “caporalismo”: sono alcuni elementi su cui fondare una efficace azione rivoluzianaria. Che la cialtroneria abbondi a destra ed a sinistra è un dato certo ma la cialtroneria non la si combatte con la cialtroneria ma con la tenacia. E tu ci dai un chiaro esempio di tenacia anche portando avanti l’iniziativa di questo blog.
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