Indennità: bel gesto, ma non basta

23 Marzo 2013
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Francesco Cocco

Il presidente del Senato e quello della Camera hanno deciso di auto-ridursi del 30% le loro indennità. Benissimo, ma avvertiamo che non basta. Bisogna che nella stessa misura vengano ridotte le indennità dei parlamentari, degli apparati burocratici che li supportano e dei vertici della burocrazia: il tutto va tradotto il prima possibile in specifici atti normativi.
Non è ammissibile che  le indennità parlamentari,  nate per consentire anche ai meno abbienti di esercitare funzioni di rappresentanza politica, siano diventate strumento per costituirsi in casta autonoma separata dal popolo. E’ anche in tale condizione  che va ricercata la distorsione che  ha consentito a vari settori dell’alta dirigenza burocratica di costruire  quella riserva di privilegi che caratterizzano i vertici amministrativi.
Il bel gesto dei  presidenti della Camera e del Senato, significa che  ci stiamo allontanando da una mentalità incentrata sulla ricerca del privilegio. Certo  la “casta” è ancora forte, la bramosia del privilegio è ancora potente ma bisogna  invertire velocemente certe direzioni di marcia.  Di qui  l’ avversione  che i due presidenti incontreranno nell’esercizio della loro funzione. Solo che oggi gli stessi  potranno trarre forza da un’opinione pubblica  che anche nella recente  consultazione elettorale ha dato chiaro segno della propria indignazione..
Cos’è, infatti, il “grillismo” se non un’evidente manifestazione di questo stato d’animo? Reazione irrazionale, mi si dirà. Ed infatti  non si può essere eletti (nel nostro caso nominati, vergognosamente nominati in base al “porcellum”) per sfuggire al primo dovere di esercitare in positivo il proprio mandato. Non  si può rifiutare il dialogo finalizzato all’assunzione dei provvedimenti necessari per uscire dalla stagnazione. Così il “grillismo” finisce per assumere i caratteri di un’irrazionalità giustificata dall‘esasperazione del popolo italiano.
In un recente dibattito televisivo un illustre “maestro di pensiero” (di quelli presenti in tutti i talk-shaw)  ha sostenuto che era una sciocchezza pensare che il problema della finanza pubblica fosse risolvibile con la riduzione del numero dei parlamentari e delle  loro indennità.  L’ illustre “maestro”, se ragioniamo con un’ottica di corto  respiro, potrebbe avere  ragione: qualche miliardo di euro non risolve i problemi, ma è il chiaro segno  di una volontà d’ invertire la tendenza che ci ha portato a questo degrado. Oltretutto i sacrifici da parte di coloro che sono soggetti  all’ “impoverimento” remunerativo e tributario diventano più accettabili se  l’esempio viene dall’ alto.
Ad assumere la bandiera del rinnovamento dovrebbe essere soprattutto la sinistra. Purtroppo in quella parte politica non abbiamo ancora visto una convinta  posizione  anti-casta. Tale non è la semplice  riduzione del cosiddetto contributo elettorale ai partiti. Bisogna andare oltre, creare situazioni di perequazione contributiva nella pubblica amministrazione, quali l’Italia ha avuto negli anni del dopoguerra e che è andata progressivamente perdendo.

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