Francesco Cocco
Il presidente del Senato e quello della Camera hanno deciso di auto-ridursi del 30% le loro indennità. Benissimo, ma avvertiamo che non basta. Bisogna che nella stessa misura vengano ridotte le indennità dei parlamentari, degli apparati burocratici che li supportano e dei vertici della burocrazia: il tutto va tradotto il prima possibile in specifici atti normativi.
Non è ammissibile che le indennità parlamentari, nate per consentire anche ai meno abbienti di esercitare funzioni di rappresentanza politica, siano diventate strumento per costituirsi in casta autonoma separata dal popolo. E’ anche in tale condizione che va ricercata la distorsione che ha consentito a vari settori dell’alta dirigenza burocratica di costruire quella riserva di privilegi che caratterizzano i vertici amministrativi.
Il bel gesto dei presidenti della Camera e del Senato, significa che ci stiamo allontanando da una mentalità incentrata sulla ricerca del privilegio. Certo la “casta” è ancora forte, la bramosia del privilegio è ancora potente ma bisogna invertire velocemente certe direzioni di marcia. Di qui l’ avversione che i due presidenti incontreranno nell’esercizio della loro funzione. Solo che oggi gli stessi potranno trarre forza da un’opinione pubblica che anche nella recente consultazione elettorale ha dato chiaro segno della propria indignazione..
Cos’è, infatti, il “grillismo” se non un’evidente manifestazione di questo stato d’animo? Reazione irrazionale, mi si dirà. Ed infatti non si può essere eletti (nel nostro caso nominati, vergognosamente nominati in base al “porcellum”) per sfuggire al primo dovere di esercitare in positivo il proprio mandato. Non si può rifiutare il dialogo finalizzato all’assunzione dei provvedimenti necessari per uscire dalla stagnazione. Così il “grillismo” finisce per assumere i caratteri di un’irrazionalità giustificata dall‘esasperazione del popolo italiano.
In un recente dibattito televisivo un illustre “maestro di pensiero” (di quelli presenti in tutti i talk-shaw) ha sostenuto che era una sciocchezza pensare che il problema della finanza pubblica fosse risolvibile con la riduzione del numero dei parlamentari e delle loro indennità. L’ illustre “maestro”, se ragioniamo con un’ottica di corto respiro, potrebbe avere ragione: qualche miliardo di euro non risolve i problemi, ma è il chiaro segno di una volontà d’ invertire la tendenza che ci ha portato a questo degrado. Oltretutto i sacrifici da parte di coloro che sono soggetti all’ “impoverimento” remunerativo e tributario diventano più accettabili se l’esempio viene dall’ alto.
Ad assumere la bandiera del rinnovamento dovrebbe essere soprattutto la sinistra. Purtroppo in quella parte politica non abbiamo ancora visto una convinta posizione anti-casta. Tale non è la semplice riduzione del cosiddetto contributo elettorale ai partiti. Bisogna andare oltre, creare situazioni di perequazione contributiva nella pubblica amministrazione, quali l’Italia ha avuto negli anni del dopoguerra e che è andata progressivamente perdendo.
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