Quale difesa contro l’erosione della Costituzione?

26 Settembre 2008
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Andrea Pubusa

C’è nell’attacco alla Costituzione del centrodestra un evidente mutamento tattico. Nella penultima legislatura in cui era al Governo il centrodestra tentò l’eversione attraverso la modifica di una cinquantina di articoli della Carta, che proprio per la sua ampiezza e pervasività non poteva definirsi revisione, ma vero mutamento di regime. Si lasciavano immutati i principi, ma risultò chiaro che una manomissione così massiccia della disciplina sulla forma di governo non poteva non incidere anche sulla parte più preziosa e intangibile della legge fondamentale: i principi.
In questa legislatura per il momento non c’è in campo un disegno di quel tipo. Più che di revisione si deve parlare di erosione. Non più i “saggi” di Lorenzago, un po’ ridicoli, che nessuno ha preso sul serio, ma tanti picconatori per una demolizione che parte dal basso, dai comuni e dalla amministrazioni locali in genere. E così, sull’onda di un emergenza securitaria in larga misura inventata, si è eccitato il potere di ordinanza dei sindaci, i quali non si son fatti pregare, e in molti hanno iniziato la loro opera demolitoria usando il potere d’ordinanza come una clava. E’ finito sotto tiro anzitutto il principio di eguaglianza, che – a ben vedere – è il fulcro di qualunque Costituzione democratica e della democrazia tout court. Si è perfino giunti  a disporre, in un comune, che nelle panchine pubbliche non si possa sostare in numero di tre o più per impedire agli immigrati d’incontrarsi negli spazi pubblici.  Non si è salvato alcun segmento debole della società: dai migranti alle prostitute.
Ora, questo stimolo alla demolizione della legge fondamentale parte, paradossalmente, da un’apparente applicazione di un importante principio costituzionale, quello che impone il promovimento delle autonomie locali. Del resto, non era stato lo stesso centrosinistra a creare l’humus di questa mutazione culturale introducendo l’elezione diretta dei sindaci, senza adeguati bilanciamenti? E’ nata così la convinzione in molti “primi cittadini” d’essere tanti piccoli napoleoni, chiamati a disporre dei propri poteri senza temperamenti interni e controlli esterni. E non è nella manomissione del titolo quinto della Costituzione operato dal centrosinistra il modello della mutazione? Presidenti con legittimazione speciale a causa dell’elezione diretta; marginalizzazione dei consigli regionali, ridotti a organi di ratifica delle decisioni presidenziali; scomparsa degli esecutivi come organi politici.
Ora, se guardiamo senza infingimenti a questo assalto molecolare, a questo divorare piragnesco gli spazi democratici, dobbiamo ammettere che sindaci e presidenti di regioni e di province del centrosinistra hanno dato lo stesso contributo di quelli del centrodestra: Bassolino, Soru e Del Turco come Formigoni, Lombardo e compagnia.
Questa tattica rende difficile anche la risposta. Come si risponde ai messaggi che vengono dalle ordinanze sui lavavetri o dall’intitolazione di strade e luoghi pubblici a fascisti o dall’attacco alle prostitute senza combattere la prostituzione? Bisogna ammetterlo: è più difficile che contrastare un attacco massiccio e in campo aperto, come fu quello berlusconiano del 2006. Tanto più se sui vari temi c’è un’apertura qua e la di esponenti importanti del centrosinistra, a livello locale e perfino nazionale (“i ragazzi di Salò” in fondo li aveva sdoganati l’allora presidente della camera Violante, che oggi apre anche sulla cancellazione dell’obbligatorietà dell’azione penale). E siamo certi che, se il centrodestra, a un certo punto, sentirà di poter tornare ad un  attacco frontale della Costituzione, si potrà riformare un fronte ampio a difesa della Carta come nel 2006? Le costituzioni hanno la superba pretesa di durare, ma, ad onta delle procedure aggravate e degli organi neutri che le custodiscono, hanno l’infinita debolezza di riposare sul sentire comune, sulla convergenza spontanea dei cittadini. Ora è questo sentimento costituzionale a sgretolarsi in Italia. In fondo,  cosa fa chi – come in questi giorni nel PD sardo –  usa potere  finanziario e politico per la conquista delle istituzioni e del partito? Sta sferrando una grande picconata alla nostra costituzione, che vede nei partiti degli strumenti fondamentali di partecipazione democratica alla politica. Di fronte a questo attacco bipartisan  dal basso, chi difenderà l’idea che la democrazia è essenzialmente capacità egualitaria di esercizio dei diritti democratici?

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