Cellino & C., confesso: l’arresto mi pare eccessivo

16 Febbraio 2013
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Amsicora

Sapete che vi dico? L’arresto di Cellino non mi convince. Con tutta la prudenza di chi non ha sott’occhi le carte processuali, mi fondo sulle intecettazioni pubblicate sui giornali e sul capo d’imputazione, oltre che sul conforto dell’opinione di un avvocato coi fiocchi come il Prof. Benedetto Ballero.
Le intercettazioni, almeno quelle pubblicate, non dicono granché. Ovvietà, banalità. Secondo voi il Presidente di una squadra di calcio che vuole avere lo stadio pronto per l’inizio del campionato, che fa? Se ne sta beatamente al mare a prendere il sole o segue i lavori e le pratiche per raggiungere in tempo il suo obiettivo?  Incalza la burocrazia perché ponga in essere a ritmo sostenuto gli atti della procedura o lascia che questa inciampi continuamente? Per farla breve, è ovvio che il Presidente prema, e se è - come è Cellino - eccessivo nelle sue espressioni, usa anche termini coloriti e poco educati. Dire al dirigente del Comune di Quartu Gessa: “se le cose ritardano io cerco il tuo culo” è un modo poco urbano di dire “ti ritengo responsabile”, al pari di dire “cerco te personalmente” o simili. Non si tratta di minacce fisiche. Il Magistrato ben sa che esiste una responsabilità amministrativa “da ritardo”, è una nuova forma di responsabilità dell’amministrazione, che scatta quando le procedure vengono colpevolmente concluse in ritardo e questo genera danno al cittadino. E’ una pressione, voluta dalla legge, per indurre alla speditezza dell’azione amministrativa, per scongiurare le lungaggini e i barocchismi procedurali. Il risvolto sta nel fatto che l’amministrazione, se ritenuta responsabile, paga, ma deve rivalersi sui funzionari responsabili del ritardo. Il cittadino può citare in giudizio l’amministrazione, ma anche direttamente il funzionario responsabile. E’ una forma di responsabilità solidale.  E dietro l’angolo c’è la Corte dei Conti che può condannare alla rifusione del danno il funzionario, ove l’amministrazione non gli presenti il conto. Gli avvocati, richiesti dai loro clienti, molto spesso richiamano questa disciplina per velocizzare le pratiche o disincagliarle, per mettere pepe ai funzionari svogliati o arroganti, ma nessuno ritiene che queste siano minacce. Si richiama una tutela prevista dalla legge.
Dire poi - come fa Cellino in una telefonata - che si è lavorato d’estate per evitare manifestazioni degli ambientalisti in ferie, è anch’essa una divertente banalità. Del resto, i lavori di Is Arenas, necessariamente dovevano svolgersi d’estate, posto che il campionato iniziava a fine agosto. E non è un’ovvietà affermare che il sindaco tifoso è più sensibile di quello che non ama il calcio? Gli uomini solitamente sono più solleciti nel fare le cose per loro piacevoli e importanti, lo sono meno per quelle spiacevoli. Sapeste quanto sono solleciti e asfissianti i clienti degli avvocati quando devono incassare e come sono flemmatici quando devono pagare!
E che dire del tentato peculato, contestato a Cellino e agli altri? Il prof. Ballero dice che è un abbaglio. D’accordo, la sua opinione va presa con le pinze. Cosa può dire il difensore di Cellino se non questo? Rilevo però che il tentativo è una figura molto delicata. Consentitemi, per capirci, una digressione giuridica. Prendiamo, per comodità, una qualsiasi trattazione sull’argomento. Il delitto tentato, contrapposto al delitto consumato, indica un delitto che non è giunto alla sua consumazione perché non si è verificato l’evento voluto dal reo o perché, per ragioni indipendenti dalla sua volontà, l’azione non è comunque giunta a compimento.
Quali sono poi i criteri di configurabilità del tentativo previsti dal nostro codice penale? Sono due: l’idoneità in concreto degli atti a commettere un delitto e l’univocità degli atti diretti a commettere un delitto.
L’espressione “in concreto” indica che non si deve considerare solo l’astratta adeguatezza dei mezzi preposti al compimento del delitto, bensì è necessario valutarli nella reale e concreta situazione in cui si inseriscono, perché un atto può essere astrattamente idoneo a commettere il delitto, ma può non esserlo nella situazione concreta, e viceversa: per esempio sparare ad una persona è atto astrattamente idoneo a cagionare la morte, ma non così se la vittima è posta ad una distanza notevolmente superiore alla gittata dell’arma utilizzata.
Il giudizio va ricondotto al momento della commissione dell’ultimo atto che ha caratterizzato la condotta dell’indagato: infatti, giudicando a fatto compiuto cioè, qualsiasi tentativo risulterebbe inidoneo, poiché il reato non è stato realizzato.
Per quanto concerne l’univocità, invece, si deve avere riguardo della intenzione del soggetto sotto il profilo della oggettività: non è ad esempio atto diretto in maniera univoca a commettere un omicidio l’acquisto di una pistola da parte di un individuo, il quale ben potrebbe usare l’arma al poligono di tiro.
C’è poi la possibilità di desistenza volontaria e recesso volontario.
Insomma, Cellino (e gli amministratori) - secondo gli inquirenti - non hanno commesso il reato di peculato, ma lo hanno solo tentato, cioè hanno commesso atti concretamente e inequivocabilmente idonei a commetterlo, ma l’azione non è giunta a buon fine. E’ una contestazione di una fattispecie di reato molto scivolosa. Se i magistrati hanno ritenuto di contestarla, avranno le loro buone ragioni. Ma era necessaria la detenzione in carcere? La privazione della libertà personale è l’incisione più devastante nella sfera giuridica del soggetto. L’incarcerazione preventiva deve essere disposta solo nei casi in cui è assolutamente necessaria per scongiurare il compimento di nuovi reati o l’inquinamento delle prove, vi sia pericolo di fuga. Ma, una volta contestato il reato e sapendo di essere sotto osservazione, come potevano Cellino e i suoi amici continuare nel loro tentativo o consumare il peculato? E l’inquinamento delle prove? Le prove non sono già acquisite tramite l’audizione di altri imputati o di testi o con le intercettazioni? Si dirà: Cellino può fuggire. Ed è vero. Ma è realistica la latitanza per il presidente di una squadra di serie A? I domiciliari non erano forse più adeguati al caso? Certo, non esistono indagati eccellenti, la legge è (o meglio: dovrebbe essere) uguale per tutti, potenti e poveracci, ma il discredito che viene, per il tramite dell’incarcerazione di Cellino, alla squadra del Cagliari (che è patrimonio dei sardi, non del solo presidente) e alla Sardegna stessa è un elemento che doveva e dev’essere rigorosamente valutato. Si obietterà, il discredito lo genera Cellino, non i magistrati inquirentti. Ed è vero. Ma è altrettanto vero ch’esso viene amplificato da provvedimenti  cautelari  (cioè prima della condanna, che potrà anche non esserci) non proporzionati al caso.
Sarà la mia impenitente e permanente  natura di garantista, ma  confesso: con tutto il rispetto per gli inquirenti, questi arresti mi paiono eccessivi.

1 commento

  • 1 Alberto Rilla
    19 Febbraio 2013 - 10:11

    Con tutto il rispetto per i miei ex colleghi che si occupano della vicenda, penso sia ora di scarcerare Massimo Cellino e Mauro Contini. L’atteggiamento processuale collaborativo smentisce intendimenti di inquinamento delle prove, e per prevenire la reiterazione del reato è sufficiente un provvedimento interdittivo (che oggi può durare sei mesi) nei confronti degli amministratori. L’opinione pubblica è sicuramente depistata e disinformata dai demagoghi, ma se vi è la possibilità - e non dimostrando il contrario con le frasi stereotipe che usavo a volte anch’io quando operavo in uno dei Tribunali del Riesame più sovraccarichi d’Italia - di appurare che vi sono misure cautelari più idonee a garantire le esigenze cautelari dell’odioso carcere, o che addirittura le esigenze cautelari sono venute meno, caro ex collega Giampaolo Casula, disporre le scarcerazioni sarebbe un provvedimento di giustizia che almeno porrebbe in essere un po’ di distensione nei confronti di un’opinione pubblica che segue con apprensione la vicenda. Soprattutto a pochi giorni dalle elezioni. Perché va assolutamente respinta anche solo l’impressione superficiale che in questo procedimento vi siano implicazioni politiche, specie dal momento in cui altre inchieste che riguardano amministratori di sinistra marciano coi piedi di piombo. Impregiudicata ogni valutazione relativa alla sussistenza dei reati e agli errori politici e amministrativi commessi nella vicenda.

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