Aldo Lobina
“Ragazzii” è il vocativo di Bersani nei suoi comizi quando vuol sottolineare con forza le sue ragioni, le sue prese di posizione e le sue critiche, più o meno centrate, nei confronti degli antagonisti.
Ho cercato di individuare in mezzo al pubblico inquadrato dalla telecamera, mentre parlava, se ci fossero molti ragazzi ad ascoltarlo. Non mi pare che ce ne fossero molti. Allora quel vocativo era – ed è - un escamotage, un espediente dialettico per captare la benevolenza degli astanti, cui non par vero di ringiovanire di dieci, venti, trenta e quaranta anni.
E invece proprio ai ragazzi, a quelli veri, dovrebbero essere rivolti i discorsi di tutti i nostri politici. Proprio perché sarebbe doveroso cominciare a preoccuparsi finalmente proprio dei ragazzi.
Che non vanno presi in giro e nominati invano, neanche loro!
La politica si dovrebbe occupare soprattutto delle giovani generazioni, perché essa è lo strumento attraverso il quale trasmettiamo loro un mondo più giusto, più aperto, più sano, più vivibile. O almeno dovremmo.
E invece sembra siano tagliati fuori dai programmi della nostra politica, incapace di creare i presupposti per restituire fiducia alle nuove generazioni. Cui finora - nei casi più fortunati - sono risevate flessibilità che fanno a pugni con le rigidità imposte da una classe dirigente, che si preoccupa solo di se stessa, delle sue garanzie e dei suoi profitti. Classe digerente e non classe dirigente.
Formidabile egoismo rivolto a perpetuare privilegi, doppi incarichi, pensioni e “buone uscite” inaudite, che una briciola di buon senso dovrebbe considerare non solo inopportune, ma fuori legge.
Proprio questi ragazzi dovrebbero essere la preoccupazione più importante di tutta la classe politica e non l’intercalare di questo o quel politico in cerca di consenso.
Se a detenere il potere politico sono i “grandi vecchi”, quelli che hanno accettato l’egemonia del mercato e della speculazione, rinunciando a ridisegnare – e ce n’è davvero bisogno – la trama e l’ordito del tessuto sociale, degradato in questi anni all’aggressione di avventurieri senza scrupoli, non possiamo aspettarci niente di buono. Neanche questa volta.
L’alleanza di Bersani e Monti è il sigillo di questa chiusura. In forza della quale, temo, cambierà davvero poco in termini di conquiste civili, giustizia sociale, creazione di opportunità di lavoro, speranza, in una parola, di futuro migliore. Vendola sbraita, si dimena – secondo me fa finta - ma è prigioniero di un accordo di potere che lo ha vincolato, svendolandolo. Egli è l’assicurazione di Bersani, che non può permettersi di apparire per quello che è: il socio di una coalizione costituita dal centro (il PD) e dalla Destra “purissima”, cristallina dei colletti bianchi (e del maglione di Marchionne o del loden di Monti quando fa freddo) – “impura” essendo quella di B., evidentemente.
Sarebbe una sciagura se passasse l’inganno vendoliano secondo il quale il voto a Sel “è la polizza assicurativa per gli elettori di sinistra e la garanzia della non invadenza dell’ipoteca pesante di Monti”. Perché l’unica garanzia, a mio avviso, è sMontare quella alleanza.
Lascio anche, e soprattutto, al lettore stabilire il grado di conservatorismo insito nell’alleanza Bersani – Monti. Ne abbiamo necessità? O sarebbe meglio cambiare registro, riformando il contratto sociale, lasciando spazio proprio ai giovani, che ne rappresentano le vittime sacrificali.
Non tranquillizzano gli spot elettorali del professore Monti, che si fa filmare coi nipoti; non garantiscono il nuovo contratto sociale di cui abbiamo bisogno. Trasferire l’immagine di una famiglia sana è importante. L’augurio di conoscere i figli dei figli fino alle ennesime generazioni è una benedizione.
Ma può trasformarsi in una maledizione, se il politico si accontenta di dare immagini edulcorate, ammiccando ad un’altra forma di “nepotismo”. E “falsando” con le proprie scelte la realtà… del futuro. Perché bisogna pensare a tutti i nipoti, anche a quelli degli altri. Quando si fa politica.
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