E se le parole di Ingroia le dicesse un generale?

4 Febbraio 2013
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Massimo Massa

L’altro giorno abbiamo pubblicato un’intervista ad un magistrato (di cui per ovvie ragioni non abbiamo rivelato il nome), che non manifestava ostilità verso la scelta d’Ingroia di capeggiare Rivoluzione civile. Anzi mostrava di comprenderne le ragioni, da ricondurre sopratutto all’intento di concorrere a difendere la Costituzione, molto maltrattata negli ultimi anni. Oggi Massimo Massa, che è un valente avvocato cagliaritano, di sicura fede democratica, manifesta un’opinione esattamente opposta. Una critica a Ingroia (ma anche al contenuto dell’intervista), netta e preoccupata. Eccola.

Francamente, toni come quelli di questo magistrato (che, ne sono sicuro, è persona ottima, di grande intelligenza e cultura democratica) mi mettono i brividi.
Certamente non se ne accorge, ma le stesse cose - se il problema è difendere la Costituzione contro il Presidente della repubblica, contro il parlamento, contro i partiti, contro i poteri forti e contro tutti gli altri - perché non potrebbe dirle un generale, invece che un magistrato?
Già m’immagino questo generale, a un timido tenentino che solleva qualche dubbio sull’opportunità che i militari assumano un ruolo troppo centrale nella vita politica, che gli risponde: “Questo è un momento di snodo della storia dell’Italia e nei momenti decisivi per il futuro del Paese scegli da quale parte stare e basta. Senza tatticismi. Con decisione”.
Le identiche parole con cui conclude il nostro magistrato: chissà, forse il generale avrebbe detto “momenti decisivi per il futuro della Patria”.
Lo ripeto: penso alla scena e mi vengono i brividi.
Questi non si rendono conto che il magistrato è un funzionario pubblico che deve fare un lavoro di grande responsabilità e delicatezza. Che nell’insieme l’ordine giudiziario è un potere costituzionale con un compito preciso: garantire il rispetto delle leggi che ci sono. Quelle che fa il parlamento, eventualmente dopo il vaglio della Corte costituzionale. E punto. Che non devono salvare la repubblica in questo “momento decisivo” né in alcun altro.
La storia poi che il magistrato è un cittadino come gli altri è veramente una bufala che non riesco a credere si possa dire in buona fede.
Questi si riempiono la bocca con la sacralità della Costituzione ma ne dimenticano sempre un pezzo, l’articolo 98: “Si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero” .
Così come si dimenticano che, in ossequio a questo articolo della nostra Costituzione, la legge prevede che i magistrati sono ineleggibili nelle circoscrizioni di loro assegnazione o giurisdizione nei sei mesi antecedenti l’accettazione della candidatura. Tutte norme che, siccome a Ingroia non piacciono, sono meno sacre di altre. E che infatti ha calpestato, candidandosi anche in Sicilia per fare da specchietto per le allodole per gente che non sa che il voto a lui - almeno in Sicilia - è certamente un voto inutile.
E per tornare sul punto, non è un caso che i magistrati siano trattati come i militari, proprio per il pericolo evidente che comporta il loro immischiarsi nella lotta politica di parte. Solo un magistrato accecato dall’ansia di salvare la repubblica può non vederlo.
Tornando ai militari: se un generale avesse detto quello che ha detto Ingroia davanti a Santoro - “la nostra classe politica è incline a delinquere” e quindi sono necessarie misure straordinarie - lo avrebbero arrestato il giorno dopo. Giustamente.
Insomma, tacciare d’estremismo uno che si chiama “partigiano della Costituzione” non è affatto paradossale; anzi, proprio il fatto che questo tizio creda d’essere l’unico dalla parte della Costituzione dimostra che non è equilibrato. Per non dire altro.

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