Torna la questione morale

22 Settembre 2008
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Francesco Cocco

Dire che la questione morale “torna” forse non è molto esatto. Essa in realtà non è mai finita. Allora diciamo che “torna” per sottolineare un ritrovato interesse dell’opinione pubblica dopo le recenti vicende della sanità in Abruzzo. E per quanto riguarda la Sardegna su certa prassi contrattuale non troppo ligia ai dettami della legge. Naturalmente ci auguriamo, nell’interesse delle nostre istituzioni repubblicane ed autonomistiche, che le accuse siano infondate. Tutto questo ci deve spingere a riflettere sulla nuova dimensione che la questione morale è andata assumendo nella percezione sociale.
Le vicende di tre lustri or sono, che videro coinvolti per reati contro la pubblica amministrazione rappresentanti di primo piano della vita politica, suscitarono unanime esecrazione in tutto il Paese ed una reazione popolare da cui prese avvio il passaggio alla cosiddetta ”seconda repubblica”. Non si può dire che i fatti attinenti alla questione morale suscitino ancora lo sdegno dei primi anni ‘90. Il clima sociale è profondamente mutato. Oggi ben pochi sembrano indignarsi: la filosofia che sottende il berlusconismo appare vincente a tutti i livelli e soprattutto in una dimensione trasversale. 
All’inizio degli anni ’90 sono pensare che un rappresentante delle istituzioni  potesse gestire affari colludenti col proprio ruolo suscitava ancora scandalo e mobilitava le masse. Oggi il leader della C.d.L ottiene un pieno successo elettorale e, in quanto capace di proporre modelli vincenti, diventa a suo modo un maestro di politica. Né, stando alle cose sarde, desta scandalo in parte ragguardevole della sinistra una vicenda come quella della legge statutaria che consente a società del presidente o degli assessori della giunta regionale di avere loro società  in rapporti d’affari con la Regione.
Riuscite ad immaginare Emilio Lussu o Velio Spano operare una qualche commistione tra affari propri e affari istituzionali?!  Uomini rigorosi nell’amministrare la cosa pubblica li abbiamo visti in tutto l’arco delle forze autonomistiche: da Ignazio Serra a Paolo Dettori, da Anselmo Contu a Mario Melis. Credo sarebbero arrossiti al solo pensare ad una tale commistione. Siamo a mille miglia di distanza dai valori che ispirarono i padri della nostra democrazia autonomistica e le decine di migliaia di amministratori pubblici che ne seguirono l’esempio
Nei primi anni Novanta le grandi idealità che avevano animato la Resistenza e la nascita della Repubblica erano ancora in campo, in grado di indignare e  mobilitare le masse. Nel più grande partito della sinistra era ancora viva la lezione e la testimonianza di Enrico Berlinguer, che già negli anni Settanta aveva posto la questione morale al centro della battaglia politica.
Berlinguer ne aveva fatto un punto fondante della strategia del PCI di allora, ben comprendendo che non era questione astratta e neppure problema marginale di una sinistra che volesse essere garante della democrazia. Ne faceva il cardine di un’azione politica che fosse reale strumento di salvaguardia e avanzamento delle classi lavoratrici.  Oggi i pochi che ancora reclamano la presenza della morale nella politica sembrano sempre più minoranza esigua, al di fuori del tempo e persino ridicola, quasi  sostenitori di una pretesa bizzarra ed  assurda.
Da questi richiami non deve venirci un invito a lasciar correre, magari a  ritirarci in un abulico qualunquismo Al contrario!  Chi sente il dovere morale di non arrendersi (resistenza individuale come ultima ed invalicabile barriera di coerenza e dignità) deve avere anche la consapevolezza che di qui occorre partire  per salvare la democrazia ed il patrimonio storico ed ideale della sinistra.

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