Obama, Monti, Grillo, Bersani, Vendola e Ingroia

23 Gennaio 2013
2 Commenti


Amsicora

Avete sentito il discorso di Obama dopo il giuramento in piazza? Tutto incentrato sulle libertà costituzionali, l’uguaglianza, i diritti. Un elogio dei principi costituzionali, ma la consapevolezza del distacco della costituzione materiale da quella formale. Perciò “noi, il popolo, siamo in cammino“, ossia dobbiamo continuare con orgoglio il viaggio per rendere effettivi quei diritti, per realizzare l’eguaglianza.
E la crisi? Anche negli States c’è ed è dura. Ma - come altre volte Obama ha detto - la crisi importa una rideterminazione degli equilibri sconvolti e, dunque, il suo superamento offre opportunità, non è in contraddizione con l’ampliamento dei diritti, ma lo impone. Dalla crisi si esce con un equilibrio nuovo, più alto con una maggiore giustizia sociale.
Un discorso mobilitante quello del presidente afroamericano, pieno di suggestioni e di speranze, un richiamo all’impegno collettivo per crescere, insieme anche agli immigrati. Certo, poi la realtà, le lobby potenti, i repubblicani si metteranno di traverso, ma la via è tracciata, il viaggio ricomincia, il Presidente indica il cammino, individua i viaggiatori e la meta. Entusiasmante! Un vero leader!
Ora, amici miei, so d’essere considerato un antimontiano duro e puro, ma paragonate questo approccio a quello montiano e capirete il perché del mio giudizio. Quanto il volto di Obama è pieno di vita, la faccia di Monti è mortifera, indica solo passi indietro, percorsi a ritroso. Il suo progetto è togliere, togliere diritti, innanzitutto ai lavoratori, ai ceti deboli. Il suo linguaggio è nefasto, parla non di un viaggio in avanti, insieme, ma di un percorso accidentato, di baratri, dove molti (e sappiamo chi) cadono, evoca frustate e simili amenità. Non chiama all’unità delle forze per creare maggior eguaglianza, ma le discrimina, la CGIL anzitutto che, pur con tutte le sue manchevolezze, del lavoro e dei diritti è sempre stata, nella sua storia centenaria, portatrice appassionata. E la Costituzione, i principi costituzionali? Sotto i tacchi. Il lavoro e i diritti sociali innanzitutto. Se guardiamo le cose senza infingimenti Monti è stato ed è un eversore della Costituzione italiana nei suoi principi fondamentali a partire dal principio di eguaglianza, posto ch’egli vagheggia e proprende per una società dove i ricchi lo diventano sempre di più e, di conseguenza, la povertà aumenta.
Perché non ammettere che Monti è stato per l’Italia un danno? Questo non significa negare la crisi e la necessità d’interventi, vuol dire semplicemente ricordare che dalla crisi si può uscire accrescendo solidarietà e diritti, come fece Roosevelt dopo il ‘29 e come fa Obama oggi.
Ecco perché Monti non solo non è amato, ma non è neppure stimato dalla grandissima parte degli italiani. Perché è stato un’occasione perduta, perché ha reso più povera e più ingiusta l’Italia, perché l’ha ancora di più allontanata dalla Costituzione e dalla meravigliosa promessa di eguaglianza ch’essa contiene. E quando parla di riforme non suscita entusiamo e speranza, ma paura e preoccupazione, perché le sue riforme sono passi indietro per i ceti popolari e la classe media.
Questo spiega anche perché Monti non ha un consenso superiore a quello di Grillo. Pensava di sfondare, non riesce a superare nei sondaggi il comico genovese, 13%! Il giochino del consenso internazionale, ossia quello dei suoi amici, sempre pronti ad elogiare con dichiarazioni le sue mirabolanti “riforme”, si rivela per quello che è: una furbata. Anche il Finacial Times lo giudica indadeguato a governare l’Italia per la sua incapacità di dare slancio al Paese. Ma, nonostante tutto, vuole ancora essere il primo, e già avanza il suo ricatto: se Bersani non avrà la maggioranza anche al Senato, non sarà presidente del consiglio. Lo sarò ancora io, dice ringhioso e ingeneroso, che sarò l’ago della bilancia! Ecco il messaggio di quest’uomo ambizioso e presuntuoso.
Questo dovrebbe far squillare un campanello d’allarme in Bersani. Monti è il suo avversario in campagna elettorale e anche dopo. Adesso vuole sottrarre al segretario del PD il maggior numero di voti, onde azzopparlo. Dopo, avendolo azzoppatto, sottrargli la presidenza del consiglio e associarlo in posizione subalterna al suo governo, staccandolo da Vendola e dal sindacato. Sul piano politico Monti avanza chiaramente una volontà di formazione di una grande destra in competizione col Cavaliere, a cui vuole sottrarre la leadership di quell’area, e, in cozzo strategico col PD, che vuole, in prospettiva, relegare all’opposizione stabile.
In questo contesto, Bersani dovrebbe prendersela più con Monti, che è il suo vero concorrente immediato e di lungo periodo, che con Ingroia. E altrettanto dovrebbe fare Vendola. E’ Monti che si mette di traverso contro un governo di centrosinistra, non certo il leader di Rivoluzione civile, che sicuramente darà una mano se si tratterà di rendere autonoma la maggioranza di centrosinistra da Monti. Ecco perché Bersani ha sbagliato a non trovare un accordo con Ingroia, e sbaglia perché non ha capito la vera natura di Monti e del montismo, che è meno scomposto ma, nella sostanza, non meno di destra del berlusconismo. E rischia di lasciarci le penne Vendola come leader della sinistra, che apre a Monti proprio sul tema delle riforme istituzionali, sul quale invece bisogna chiudere. La Costituzione - come dice Obama per la sua - dev’essere attuata non mortificata e tanto meno modificata. Questo - al di là di ogni altra considerazione - è il messaggio forte di Ingroia, e il simbolo elettorale, col popolo in cammino, ricorda il messaggio di Obama “Noi, il popolo in cammino“. E identico è l’obiettivo attuare la Costituzione, inverare i suoi principi. Ecco perché gli appelli al voto utile di Bersani e ora anche di Vendola, oltre che poco eleganti, sono destinati a non avere grande successo. Perché al fondo c’è una differenza di linea politica molto netta: Bersani e Vendola chiamano a raccolta per convergere con Monti in una prospettiva in cui i diritti, già colpiti, al più vengono mantenuti come sono, ossia in forte precarità, Ingroia, con fermezza, richiama gli italiani all’orgoglio costituzionale e all’inveramento del programma mirabile contenuto nella Carta. Su questa differenza politica si è consumata la rottura: Bersani ha ritenuto Ingroia incompatibile al suo progetto perché va verso Monti, Ingroia ha ritenuto il progetto di Bersani incompatibile col suo perché dietro di lui c’è l’ombra sinistra del Prof. Questa diversa prospettiva dà a Rivoluzione civile una legittimazione politica forte, su cui - se il messaggio passa nell’elettorato - s’infrange l’appello al voto utile. Su questo punto dovrebbe aprirsi il confronto. Questo in fondo è il dilemma del Paese: riprendere il cammino costituzionale o accettare l’inversione del viaggio imposta dal liberismo, pure nella versione montiana?  Il quesito lascia poco spazio ai tatticismi, alle simpatie o antipatie per questo o quel leader: ognuno di noi deve dare la sua risposta, ognuno di noi deve decidere sul futuro dell’Italia. Deve decidere se impantanarsi o rimettersi in cammino.

2 commenti

  • 1 Gabriele Ainis
    23 Gennaio 2013 - 13:45

    Gentile Amsicora,
    citare Obama per parlare della nostra politichetta da pollaio è ingeneroso (le piace vincere facile, direbbe qualcuno, citando la fonte principale della cultura italiana: la pubblicità).
    Però, lasciandole le sue opinioni, rispettabilissime, senza alcuna vena ironica, mi piace farle notare che Obama parla ai cittadini americani (e non a tutti: l’alfabetizzazione da quelle parti è assai problematica e la partecipazione elettorale pure). Cittadini americani che faticherebbero a capire il nostro concetto di libertà e diritti civili, se lo conoscessero.
    Ciò per dirle che citare il discorso di Obama senza contestualizzarlo nella realtà americana (che pochi di noi conoscono, in realtà) è fuorviante. Lei potrà anche porre in risalto l’afflato epico del viaggio (journey, ripetuto ossessivamente) di Obama, ma le faccio notare che, in realtà, la società che propone, parlando ad esempio dei diritti dei lavoratori, è assai simile a quella proposta da Monti (altro che articolo 18, negli States!)
    Per cui non ciurliamo nel manico: Obama ha gioco facile a parlare di “diritti” (e in parte le dò ragione, s’intende, ad esempio se parla di discriminazioni) perché i sindacati americani non sono la CGIL (ma proprio ciò che vorrebbe Monti), le regole del lavoro sono quelle che sono, il sistema assistenziale pure (si ricorda l’argomentazione secondo la quale un sistema sanitario come il nostro, cioè l’obbligatorietà di una mutua, attenterebbe alla “libertà”?).
    In totale, condividendo il suo giudizio su Monti (se possibile il mio è anche più critico, perché lei trascura l’importanza della chiesa, come del resto gran parte dei commentatori politici) dissento profondamente dalla validità dell’esempio. Obama adopera un lessico distante anni luce da noi e non si può tradurre semplicisticamente liberty con libertà. Forse bisognerebbe fare maggiore attenzione.
    Cordialmente,

  • 2 A.R.
    23 Gennaio 2013 - 20:48

    Dalle candidature risulta che la Rivoluzione civile di Ingroia serve a riportare in Parlamento Di Pietro, che è rimasto senza partito, avendolo distrutto, e qualche altro politico della sinistra estrema. Tutto legittimo e persino utile, perchè il misurarsi sui problemi veri aiuta a smorzare gli estremismi. A che prezzo? Anche a quello di compromettere l’alternativa di centrosinistra alla destra berlusconiana, alternativa oggi possibile grazie alla forza anche elettorale del PD? Il risultato al Senato tra i due schieramenti, lo sappiamo, è in bilico e indebolendo il PD si ottiene solo il risultato di far scattare il premio di maggioranza su base regionale, previsto dalla legge elettorale porcata, a favore di Berlusconi. Monti mira allo stesso risultato che gli consentirebbe di essere l’ago della bilancia e di tentare di imporre la sua volontà di forza minoritaria. Il rischio che si vada verso il caos è innegabile. Un accordo con Ingroia a elezioni fatte consentirebbe al centrosinistra di avere la maggioranza anche al Senato? E’ una fola. Rivoluzione civile non avrà senatori poichè in nessuna regione supererà lo sbarramento dell’8%, questo dicono tutti i sondaggi. Il voto a Ingroia, dunque, non serve neppure a riparare il danno prodotto. Così stanno le cose.

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