Red
C’è una crisi nella crisi e, in essa, c’è chi non ha voce, chi è invisibile appunto, anche se ha tante buone ragioni. Una fra tutte: bisogno di lavoro, del sacrosanto diritto al lavoro. C’è in questa testimonianza anche una terribile verità: la lotta fra poveri, la perdita della solidarietà anche fra i lavoratori.
Pubblichiamo, senza commento, l’appello di questi lavoratori invisibili. Chi vuol saperne di più può andare a
http://www.facebook.com/invisibili.dellaquestionerockwool .
Siamo 21 lavoratori che hanno operato con continuità negli ultimi dieci anni - con contratto chimico piccola e media impresa, tramite un’azienda di fornitura lavoro (Manpower Cagliari) - in Rockwool Italia, che nel 2009 ha chiuso lo stabilimento delocalizzando altrove. La nostra forza lavoro ha operato per sopperire alle mancanze dell’azienda, senza venire mai stabilizzata, pur godendo (ma solo in teoria) degli stessi diritti ed avendo gli stessi doveri delle altre maestranze, senza però riferimenti sindacali o tutele (premi produzione, ora mensile di assemblea negata, mobbing vario), accettando i vari soprusi, sia da parte dei “colleghi” di lavoro che dalla società , facendo i conti con l’indifferenza della RSU e dei sindacati. Tutt’oggi “godiamo” della mobilità in deroga scaduta il 31 dicembre: 480 euro che quest’anno scenderanno a 380 euro e che, siamo sicuri, ci verrà rinnovata con molta sofferenza e lotte da condurre in assessorato.
Ci definiamo “gli invisibili della questione Rockwool”, poiché mai inseriti nella vertenza: i sindacati non fanno capire quale sia realmente la loro posizione e non hanno mai fissato un incontro con gli assessori competenti; noi riteniamo di avere gli stessi diritti dei 54 lavoratori che alla fine di dicembre sono balzati all’attenzione dei media locali e nazionali, senza che mai una volta fosse fatto cenno a noi somministrati, a cui è toccata sorte ben peggiore: la totale cancellazione, che per tre anni ha fatto sì che rimanessimo inascoltati da tutti.
Ciò che non è stato detto sull’accordo del 22 dicembre 2011 (che prevedeva la ricollocazione dei lavoratori diretti Rockwool tra Igea e Carbosulcis, sostituito poi l’anno dopo con l’assunzione nella società per le bonifiche ambientali Ati Infras), che ci ha definitivamente escluso da ogni tipo di ricollocazione. A questo proposito abbiamo chiesto un incontro con l’assessore Alessandra Zedda, il 10 gennaio 2012, la quale rifiuta in malo modo (”di questi non me ne frega un c…o”). Noi riteniamo di aver diritto ad un reinserimento lavorativo, in virtù degli accordi istituzionali sottoscritti, anno per anno, in cui si specifica (art. 2 e 3, accordo istituzionale 6 ottobre 2009) 
che la Regione e le organizzazioni firmatarie degli accordi si impegnano alla gestione dei lavoratori attraverso percorsi di riqualificazione professionale e reinserimento lavorativo, sia in prospettiva dell’attuazione dei singoli piani industriali, sia per le altre iniziative di investimento previste nei diversi territori (vedi bonifiche ambientali).
Tutto questo ci è stato negato, compreso il corso per le bonifiche di cui hanno fruito solo gli ex lavoratori diretti Rockwool, pur avendone noi tutti i diritti essendo inseriti come loro nella linea di intervento 2, cioè “azioni di formazione per le iniziative del territorio”.
Scrivendo tutto questo ci mettiamo la faccia personalmente, in un momento in cui l’ipocrisia regna sovrana e si fà a gara per portare una solidarietà che sa più di passerella televisiva, senza indagare veramente le ragioni ed i torti, giudicando per sentito dire, e partecipando ad una distorsione mediatica che rende tutto più straziante, ma di certo non esattamente conforme alla verità.
Riteniamo sia giunto il momento di reagire alla totale rimozione operata, in questi anni, da una struttura sindacale che decide di strizzare l’occhio solo ad una determinata tipologia di maestranza, quindi dagli stessi lavoratori, da essa in questo caso rappresentati e tutelati, sicuri di salvaguardare esclusivamente i propri interessi, oltre che dalla politica Regionale.
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