Aldo Lobina
Ieri abbiamo posto alcuni quesiti sulla lista Rivoluzione civile - Ingroia, mettendo in luce alcuni punti di forza, ma anche alcune debolezze. Molto forte è il richiamo alla legalità in un Paese dilaniato dal malaffare e dalle mafie. Certo, già questa battaglia meriterebbe un voto e varrebbe un governo. Senza corruzione e mala vita organizzata, tutto l’altro verrebbe da sé. Ma, siccome siamo in campagna elettorale e i problemi son tanti, primo fra tutti il lavoro, ci siamo chiesti se questo grande obiettivo, la legalità, sintetizzato con l’indicazione nel simbolo del nome di Ingroia, basterà alla lista del quarto polo per raccogliere molti consensi. O se occorre altro. Ecco la risposta di Aldo Lobina.
Certo che la legalità non basta. La legalità è solo il recinto dentro il quale può essere esercitata da parte di un popolo la più ampia libertà di azione politica. La prima, la legalità, e la seconda, l’azione politica, sono figlie della Costituzione. Ai suoi principi, al suo nome, piuttosto che a quello di un uomo solo, avrei collegato il simbolo del quarto polo. Col quale invece i partiti e i movimenti afferenti hanno scelto di indicare il candidato presidente del Consiglio, Ingroia appunto.
La rivoluzione civile cui fa riferimento il marchio del quarto polo è certamente richiamo più felice; è quello che ci serve per rompere un sistema logoro, che ha già trovato un suo equilibrio nella recente alleanza di PDL e PD. La cui risultante, Monti, si continua a porre al di sopra – e infatti Lui sale in politica – delle istanze di destra e di sinistra: categorie a suo dire vecchie, non adatte, prive di grande significato attuale. Monti fa una distinzione in chiave europea, spostando le divisioni tra chi vuole cambiare le cose in prospettiva europea e chi no, sia a sinistra che a destra. Interessante e fuorviante il ragionamento del professore, dove sinistra e destra non sono più categorie fondamentali, arrivando persino a confondersi e a fondersi a seconda dell’istinto più o meno europeista. Quale Europa vagheggia il professore Monti? Quella delle banche, che impongono le regole del mercato agli Stati o quella dei popoli europei che regolano nell’interesse del bene comune le attività di banche e mercati?
Patetica la richiesta di Bersani a Monti quando gli chiede conto di dove sta. E’ segno di grave cecità, tanto più che il professore non sta, ma si sposta dentro un tunnel di cui lui, insieme a Casini, riesce addirittura a vedere la luce. L’inseguimento di un campione della destra da parte dell’erede di grandi partiti del ‘900 non è un esercizio vincente. Bersani deve cambiare direzione; all’uscita dal Tunnel Monti ( Casini ) incontrerà Lega e PDL, lì, ad accoglierlo, e Bersani, ancora nel tunnel, dietro, ne sarà abbagliato. Leggere per credere le recentissime dichiarazioni di autorevoli esponenti vicini a Monti.
In Italia, dove il 10% della popolazione è padrona del 50% della ricchezza, dove la classe politica è detentrice di privilegi assurdi, occorre davvero una rivoluzione civile che rompa le catene della disoccupazione, garantite dalla riforma Fornero, e restituisca speranza ai giovani di buona volontà; sappia convertire le spese per gli armamenti in mezzi per la ricerca e lo studio. Dia impulso al lavoro dei campi e all’utilizzo di energie alternative, rispetti l’ambiente, combatta le speculazioni finanziarie, senza far pagare i conti ai più deboli e agli onesti. Lasci le grandi opere ai megalomani di turno e si applichi con costanza a ricostruire il tessuto sociale logorato da un’idea di stato-azienda, sposato anche da certa parte della ”sinistra”. Occorre davvero una rivoluzione, civile. Un mutamento profondo, che rompa il modello precedente, degenerato, dove destra e sinistra si sono confuse, col risultato di aumentare il numero dei poveri.
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