Andrea Pubusa
Ieri è venuta a casa un’amica con la nipotina per vedere il presepio, anzi i presepi (ne abbiamo più d’uno, di varie dimensioni). Come sempre accade in chi m’incontra, vengo richiesto di pareri o quesiti sulla politica. Pensano, i miei interlocutori, ch’io sia sempre dentro le secrete cose. Non sanno che ne so meno di loro, poiché non perdo tempo a leggere le cronachette della politichetta nostrana, locale o regionale. E istintivamente rifuggo dal piccolo cabotaggio dei sedicenti partiti. Il gossip politico poi mi rende cieco, sordo e muto.
Stavolta, manco a dirlo, la richiesta riguarda le primarie del centrosinistra. Chi votare? La mia amica - come tanti altri interlocutori - posto il quesito, soggiunge: “sai sono sommersa di richieste sul web, ma io non conosco nessuno dei candidati”, e, sorridendo, “salvo Paolo Fadda che c’è da quando ero ancora alle superiori! Allora era democristiano”. E poi, quasi a confessare una propria colpa, un proprio deficit d’informazione o d’attenzione: “in realtà non ho mai sentito questi candidati impegnati in qualcosa, affrontare qualche problema, mi danno la sensazione di persone che se la cantano e se la suonano fra loro”.
Aspetto sempre prima di rispondere, perché tutti finiscono lì: “sono vecchi marpioni, invotabili” oppure “non so chi siano”. E allora, immancabilmente, do il mio salomonico parere: “La tua domanda contiene in sé già la risposta”. “Se non conosci i candidati. se non ne puoi apprezzare l’attività, come puoi votarli? Come puoi scegliere l’uno piuttosto che l’altro? Puoi farlo per l’espressione del viso nella foto che t’invia? O per le promesse d’impegno che ti fa? O perché è uomo o, se preferisci, perché è donna?”.
“Ma allora - chiede timidamente l’interlocutrice, pensando d’essere sfrontata - tu non voti alle primarie?”. “Proprio così - cara compagna - io non voto alle primarie”. “Ma - reagisce - abbiamo combattuto per poter scegliere i candidati, perché privarcene?”. “Io non ho combattuto per esser preso per i fondelli”. “Sceglievo di più prima, quando le candidature passavano al vaglio di tante assemblee di sezione, di federazione e dei comitati regionali”. “Ma - reagisce la mia intelocutrice - tutto questo avveniva al chiuso, gli esterni, i non tesserati non potevano partecipare”. “Questo è vero - ribatto - anche se spesso in queste occasioni le sezioni facevano assemblee aperte. Ma questa - soggiungo - era la parte finale della procedura di scelta dei candidati. Per essere inseriti fra i ”papabili” bisognava aver dato buona prova prima nell’attività quotidiana, al lavoro, negli studi, nelle professioni. Occorreva nella vita e negli ambienti di lavoro o di studio essere persone impegnate, stimate, seguite, ascoltate. Queste erano le primarie. Duravano una vita”. ”Tutto bello e idilliaco” - commenta la mia amica, ironicamente. “No. C’erano anche le forzature dall’alto, talvolta c’era qualche imposizione, passava anche qualche furbetto, ma in generale la selezione, fino ad un certo punto, ha funzionato. Vuoi una riprova? I deputati, i consiglieri regionali, i sindaci erano generalmente molto stimati e rispettati. Erano autorevoli. Spesso erano amati”.
“Ma i tempi son cambiati - taglia corto la mia amica. Bisogna smetterla d’essere nostalgici del tempo che fu!”. “E’ vero - ribatto - ma se non sono messo in condizione di scegliere fra persone conosciute per il loro impegno sociale e politico, non ho materia per esprimere un voto”. E, perfidamente, piazzo la stoccata, sapendo di scadalizzare l’uditorio: ”Anzi, sai cosa ti dico? Che se non mi presentano buone candidature, non voto neppure nelle elezioni vere”. “Ma come? - fra la sorpresa, l’incazzo e la protesta - “così vince la destra! Vince Monti! Il Vaticano!”. “Lo so. Ma il problema non è mio. E’ di chi mi chiede il voto. Io son pronto a votare, voglio votare, ho fatto tutte le campagne elettorali degli ultimi 50 anni, da quando ho smesso i pantaloni corti. Immaginati quanto voglio votare! Ma mi si deve almeno dare l’opportunità di mandare in parlamento una persona, almeno una!, di comprovata serietà ed impegno”. “Ma - sbotta la mia amica -chissa quale candidato vuoi! Tu sei schizzinoso!” ”No amica mia, non voglio la luna nel pozzo. Mi basta una persona semplice, onesta, che si sia segnalata nel suo ambiente o nella vita cittadina per un impegno serio e intellettualmente onesto. Ricordi Giovanni Ruggeri? Era un operaio che, a mala pena sapeva leggere e scrivere, ma fra gli operai, a Macchiareddu, era un punto di riferimento nella lotta per il lavoro e i diritti dei lavoratori. Lo mandammo in Consiglio regioonale, dove fece benissimo. Ecco mi basterebbe un candidato così. Oggi potrebbe essere uno studente o un giovane laureato impegnato o un intellettuale critico, alla Vito Biolchini, per capirci. O una come te, cara amica, che sei da sempre impegnata nella scuola. Se i partiti non mi danno questa possibilità, non vogliono il mio voto. E ad essere incazzato sono io, che vengo, di fatto, privato del diritto di voto. Chiaro?”.
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