Privatizzazione dei servizi pubblici: alle ortiche i diritti!

14 Dicembre 2012
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 Amsicora                                                                                                                                                                                                                                  Oggi Da tempo tende a divenire luogo comune l’idea che i servizi siano meglio prestati in regime di concorrenza, sul presupposto che questa costringa gli erogatori a migliorarli per accaparrarsi gli utenti ed insieme si crede che, per la stessa ragione, vi sia un tendenziale abbattimento dei prezzi. E’ ormai indiscussa la considerazione che la principale prerogativa del consumatore sia quella di scegliere tra un produttore e l’altro e che quindi gli si debba garantire una pluralità di alternative. Con questa giustificazione si è proceduto e si procede a privatizzare i servizi su rete tradizionalmente caratterizzati dappertutto da una forte presenza pubblica, che si traduceva in una gestione monopolistica o in un controllo penetrante sull’accesso all’attività e sulle modalità di essa, nonché sugli investimenti e sui prezzi. Veniva conseguentemente attenuato, se non escluso, il libero mercato e la libera concorrenza, ossia la libertà d’impresa. E’ ben noto che l’Unione Europea ha decisamente combattuto questi esiti di un modello di Welfare, risultato delle politiche sociali della seconda metà del secolo scorso. Si è così assistito ad un processo deciso e inarrestabile di eversione della gestione diretta dei servizi da parte dell’amministrazione, passando attraverso la creazione di gestioni pubbliche in forme di diritto comune, prima di giungere in molti casi alla privatizzazione sostanziale. Si passa così generalmente in Europa dal monopolio alla concorrenza. Questo processo – com’è noto – è accompagnato dalla riduzione degli obblighi imposti agli operatori in ossequio allo scopo principale del Trattato di Roma, di realizzare un libero mercato interno ed inverare le quattro mitiche libertà enucleate nel Trattato CE .
Certo, nel trattato è individuabile anche un altro obiettivo generale, l’eguaglianza e la solidarietà. Ma è assolutamente prevalente ed assorbente la scelta in favore della concorrenza. E’ vietato agli Stati di mantenere, a favore delle imprese pubbliche o a quelle cui si riconoscono diritti speciali ed esclusivi, misure contrarie al Trattato, cioè al principio della libera concorrenza.
Si obietterà che lo scadimento dei servizi va a scapito dell’impresa che li eroga, che vede ridursi la clientela e con essa i guadagni, ma anche questo non è vero se lo scadimento è generalizzato, e cioè costituisce un fattore comune a tutti i concorrenti. Nel buon tempo andato quando fra la Sardegna e il Continente operava solo l’Alitalia i voli erano certi e sicuri, i viaggiatori non erano clienti, ma i signori passeggeri. E’ vero che si trattava di un monopolio, ma i viaggiatori erano trattati con ogni riguardo in aerostazione, prima e dopo il volo. Le hostess erano belle e di gran classe. Il bagaglio veniva imbarcato senza millimetriche misurazioni. Non venivano annullati voli a causa dei pochi passeggeri e della scarsa remunerazione per la Compagnia. C’era anche il postale la notte che portava i giornali (Il Manifesto arrivava tutti i giorni) e l’ultimo volo dall’isola verso Roma partiva ad ora tarda onde consentire soggiorni a Cagliari di una sola giornata, senza necessità di costosi pernottamenti in loco. Ora, quando si lascia l’Isola non si sa a quale destino si va incontro. Quando si arriva, si deve necessariamente partire all’indomani. E quanto alla pluralità degli operatori e alla concorrenza l’unico risultato visibile è la confusione ch’esse creano nel malcapitato viaggiatore. E’ a rischio la “continuità territoriale” che dà agli isolani uno sconto per agevolarne lo spostamento per e dal “Continente” in ossequio alla libertà di circolazione e al principio di eguaglianza fra cittadini.
In realtà, la gelida logica del profitto propria della gestione privata non è inclusiva se non in relazione alle fasce di reddito capaci di sostenere il costo del servizio. Per gli altri c’è inevitabilmente l’esclusione. Fenomeno anche questo in crescita persino rispetto a servizi che inverano diritti fondamentali come il diritto allo studio, alla sanità e alla giustizia, minando il carattere democratico dell’ordinamento.
Se, dunque, si amplia lo sguardo includendo nel quadro di riferimento l’uguaglianza voluta dalla nostra Costituzione, non c’è dubbio che l’indifferenza dei mezzi nell’erogazione dei servizi viene in larga misura meno. Nel campo dei servizi fondamentali il principio costituzionale di eguaglianza si traduce nel favorire l’inclusione  nei servizi delle fasce escluse secondo le regole del mercato. Del resto, per loro natura i diritti fondamentali sono diritti “fuori commercio”, da soddisfare al di là del mercato.
Ma – si obietterà - esistono le carte dei diritti degli utenti. Queste tuttavia non provano la crescita dei diritti, ma la loro labilità, il loro minor tasso di effettività. Oggi ciò che rileva non è che il disagio sia scongiurato, ma compensato. Ad esempio, col tramezzino offerto da Meridiana ai viaggiatori per Olbia, l’altro giorno, per il differimento di tre ore della partenza da Fiumicino!
Si è parlato con enfasi del passaggio “dallo Stato rematore allo Stato timoniere”. Ma il problema principale sono i viaggiatori. E questi non sono gli stessi se a remare sono i privati..

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