L’Italia, il paese degli asinelli?

11 Dicembre 2012
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Andrea Pubusa 

Si può dire che l’Italia è il Paese degli asinelli? La repubblica dei bugiardi? Per essere più precisi dei presidenti del consiglio bugiardi? E si può ancora dire che la bugia è stata presentata come verità attraverso la falsificazione dei media? Si, tutto questo si può dire.
Che Berlusoni sia sempre stato un bugiardo ad un certo punto, dopo le sue dimissioni, lo han detto tutti, salvi i giornali di famiglia e i giornalisti di casa. Aveva negato la crisi quando molti sintomi la indicavano. L’ha negata quando tutti gli indicatori ormai la certificavano. Ricordate i ristoranti pieni? E andava in giro per il mondo a raccontare queste menate, mentre Obama e gli altri capi di governo cercavano, con difficoltà, di individuare e mettere in campo politiche volte a difendere l’occupazione e i propri apparati produttivi. E così è anche accaduto che il Presidente USA, ritenendo importante diminuire i consumi e impostare un nuovo modo d’intendere l’automobile, ha perfino chiamato la Fiat a produrre negli States la cinquecento, per indurre gli americani ad abbandonare quei macchinoni, simbolo di spreco e di pessimo gusto.
Berlusconi ha invece pensato che nascondere la sporcizia sotto il tappeto, possa eliminare la puzza, e cioè che negare la crisi equivalga a scongiurarla. Per lui era un fatto psicologico, un portato negativo della propaganda comunista, del cronico pessimismo della sinistra. Era sufficiente sfoderare un sorriso da agente di commercio e ostentare un po’ di ottimismo per cambiar tutto. Ricordate? Fate la spesa, riempite il carrello e l’economia riprenderà a girare.
Monti si è presentato come l’esatto opposto. Avaro, anzi privo dell’attitudine a sorridere, ci ha presentato l’Italia sull’orlo del baratro, anzi già nel baratro. Sudore e sangue per tirarsene fuori. Ma sacrifici a senso unico, ai ceti popolari e medi, ormai già allo stremo. Prelievi diretti con le tasse e indiretti con l’aumento dei costi dei servizi o con l’eliminazione di essi. Una cura da cavallo, che, riducendo redditi e occupazione, ha favorito la recessione col crollo dei consumi. Come si legge in tante storie terribili, il malato è stato curato con farmaci contenenti i principi attivi che hanno determinato la malattia. La cura iperliberista di Monti è espressione di quella stessa teoria economica che ha impoveritto il mondo e portato il livello di vita dei lavoratori e dei ceti medi agli standards di moltissimi decenni fà. Monti ha avuto anche l’ardire di affermare che la produzione industriale è affare degli imprenditori e dei sindacati. Non del governo, nella convinzione che la mano invisibile del mercato aggiusti tutto, quando è evidente - come hanno detto economisti di fama mondiale di scuola keynesiana - che il mercato senza regola, distrugge e lascia sul campo macerie incrementando solo la ricchezza di pochissimi.
Ma ciò che sconcerta anche in Monti è l’attitudine alla bugia più sfrontata. Mentre la crisi si incancreniva i soli rimedi efficaci sono stati la legislazione sui licenziamenti, una delle più grandi bufale a memoria d’uomo. E Monti poi ha inventato un giochino per far apparire vero il falso. Farsi fare i complimenti dai suoi amici sfascisti d’Europa. Nessuno ha più avuto tanti complimenti da questa mitica e iperliberista Europa quanto lui. E i media facevano il coro. Elogiavano le misure mirabolanti del governo Monti, mentre nei luoghi di lavoro, nei bar e in ogni dove si sentiva crescere il malessere e la sfiducia. Ora Monti e la Fornero non possono presentarsi in pubblico, senza suscitare irritazione e contestazioni.
Ed infine, diciamocelo, Monti non è un leader per un periodo di crisi. Nei tempi duri occorrono governanti capaci di dare speranza, di espimere una forte vicinanza ai ceti investiti dalla crisi, ai concittadini in sofferenza. Monti ha una presenza mortifera, fredda, respingente. Sembra si compiaccia di veder òa gente star male. E così i suoi ministri, a partire dalla Fornero. Ogni presenza di Monti alla televisione od ogni sua dichiarazione alla RAI sembrano i canti dell’uccello del malaugurio. Il contrario di Berlusconi nelle forme, ma non nella sua capacità distruttiva.
Ora, in un quadro peggiorato, si va alle elezioni. Si poteva e si doveva farle subito, come in Spagna e in Grecia. Ma lì si preannunciava la vittoria della destra e si potevano svolgere. Qui no, perché tutto indicava come vincitore il centrosinistra. 
Ora, torna in campo l’altra faccia della stessa medaglia, il Cavaliere. E non è detto che le sue bugie non incantino ancora. Se lui scende ancora in campo, vuol dire che ci crede. Ma gli italiani stavolta non ci cascheranno. Almeno così si spera.  

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