Primarie vere? Nossignori, fittizie, ultrafittizie!

3 Dicembre 2012
1 Commento


Amsicora 

Che bravo Renzi! Sembra un amerikano. Come d’uso negli States, ha ammesso la sconfitta a spoglio ancora in corso. E alle 20.19, lo ha comunicato al mondo dal palco del suo comitato elettorale, a Firenze: “Ho appena chiamato Bersani per fargli i complimenti. La sua è stata una vittoria netta. Nessuna regola diversa avrebbe potuto mettere in discussione” questo risultato. Poi un diluvio di luoghi comuni. “Qualcosa abbiamo sbagliato - ha ammesso Renzi - io ho sbagliato. Voglio chiedervi scusa”. Se “ho perso”, ha spiegato, è perché “la nostra idea non è stata vincente” (sic!) e perché “non sono riuscito a scrollarmi di dosso l’immagine del ragazzetto ambizioso” (sic!). Poi il pistolotto finale, mentre a me - non mi vergogno a dirlo -  scendevano irrefrenabili le lacrime: “Grazie di cuore” a chi ha tifato per me: “Era giusto provarci, è stato bello farlo insieme”. Da domani Renzi torna ad essere “un semplice militante”. E dove andrà a lavorare questo antiapparato? E’ sempre stati negli apparati. Farà il “sindaco di Firenze” 24 ore su 24. E poi, di nuovo all’amerikana, “sarò leale a Bersani”. Però, ha avvertito, a questa esperienza non metterò “fine”. Questa è una minaccia! Poi di nuovo come piace a me, da libro Cuore: “Abbiamo provato a cambiare la politica, non ce l’abbiamo fatta - ha spiegato - ora dimostriamo che la politica non ha cambiato noi. E’ bene che da domani, smaltita la delusione, si riprenda il cammino. Abbiamo tre cose dalla nostra parte: l’entusiasmo, il tempo, la libertà”. Grande! Che bello!
Mettendo da parte le frasi fatte, anzi - diciamocelo - le cazzate di Renzi, cosa resta di tutto questo sussulto democratico? Che il buon Bersani, la volpe, si  è affrancato dai satrapi del suo partito, che lo hanno sempre considerato un sempliciotto. Ha trovato fuor d’essi la legittimazione alla candidatura alla presidenza del Consiglio. Insomma, l’obiettivo di Renzi, lo ha raggiunto Bersani. Il fiorentino è stato niente più che uno strumento nelle mani del segretario. E ha recitato bene la parte. Se non si fosse fatto avanti da solo, Bersani Renzi se lo sarebbe dovuto inventare. Un finto-vero concorrente, tanto debole da essere battuto con buon margine, tanto forte da far apparire le primarie non il solito giochino nelle mani del predestinato. Così giornalisti, alla ricerca di news, ma senza spirito critico, hanno potuto dire che queste sono state primarie vere, che stavolta - a differenza delle precedenti - le primarie non sono state una finzione, una parata dall’esito scontato. Ma - suvvia! - il segretario è mai stato in pericolo? Già l’idea della rottamazione ha dato a Bersani, il 40% dei voti, giacché - checché ne dica il giovanotto fiorentino - la maggior parte della cittadinanza  attiva supera gli “anta”. E che senso ha definirli culi di pietra e accomunarli agli apparatnik? Sono cittadini che hanno fatto tutte le battaglie democratiche fin da quando avevano i pantaloni corti. E le hanno fatte quando stare all’opposizione, a combattere gli ascendenti politici di Renzi, era dura. Che senso ha proporre la rottamazione della riserva democratica del Paese? Non è una gande cavolata? 
Dunque, primarie fittizie. Super fittizie. Un primus inter pares, diventa primo e basta. Semmai qui sono state primarie vere. Per diventare primo indiscusso Bersani aveva necessità di primarie non a candidato unico, come fu per Prodi e per Veltroni. Il candidato era unico, ma senza apparire tale.
Ora Renzi torna nelle linee. E se non conquista posizioni nel partito, dovrà tentare altre avventure. Forse, visto quanto piace  al Cavaliere, potrà anche smarcarsi in cerca di miglior fortuna fra quelli del centro-destra che voleva portare ai seggi domenica. Un leader radicale nelle parole, moderato nei contenuti. Forse questo sarà il destino di un uomo dell’ego smisurato e dall’ambizione che lo fa sentire un predestinato. Vedremo.
Vendola, dal canto suo, come fece Cavour coi mille inviati in Crimea, si siederà al tavolo del vincitore, e ritirerà alle prossime politiche il premio per lo sforzo bellico a fianco del segretario. I suoi seguaci regionali scalpitano all’odor dei seggi. Anche in Sardegna, dove Uras, Piras e gli altri stavano per abbandonarlo, dopo la débacle siciliana, in nome del “sovranismo”, ed ora, messo da parte frettolosamente quell’oggetto misterioso, tornano a lui con entusiasmo. Insomma, Bersani gode, Vendola è soddisfatto, Renzi spera e guarda a possibili nuovi approdi, partendo dalla sua buona prova. E vissero felici e contenti…     

1 commento

  • 1 Gabriele Ainis
    4 Dicembre 2012 - 18:02

    Gentile Amsicora,
    sono parzialmente d’accordo con lei e l’ho espresso in pari data nel mio piccolo e trascurabile blog.
    http://gabrieleainis.wordpress.com/2012/12/03/il-capolavoro-di-bersani-2/
    Non concordo sul ruolo di Vendola, che a mio avviso è stato messo da parte (subendo una sonante sconfitta) proprio grazie ad un uso strumentale del “pericolo Renzi” da parte di Bersani.
    Approvo invece - e non poco - il suo inciso sul sovranismo: non solo non si capisce cosa sia, ma è anche una cazzata (posso dirlo?). Se a sinistra, in Sardegna, si ha bisogno di questo, non siamo alla frutta, siamo al “mirtino” dopo il caffé.
    Ho linkato il suo pezzo sul mio blog, perché lei è uno dei pochi che canta fuori dal coro (anche se concordo solo in parte con quel che dice).
    Cordialmente,
    Gabriele Ainis

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