Austerità o consumismo?

22 Novembre 2012
1 Commento


Francesco Cocco 

Confesso la mia perplessità di fronte a  certe  parole d’ordine  delle recenti manifestazioni sindacali e studentesche. Mi  riferisco in particolare allo slogan “no all’austerità”. Quantomeno è slogan  poco chiaro e può prestarsi ad un pericoloso equivoco. Si vuole invocare con esso una riaffermazione del consumismo sul quale si regge l’economia capitalistica? O è più semplicemente un richiamo alla  fuoruscita dalla situazione di grave depressione  che soffoca i lavoratori e segnatamente  gli appartenenti alle nuove generazioni? Mi auguro sia quest’ ultimo il senso della parola d’ordine ma non vi è dubbio che  essa  contiene un equivoco..
Penso sia quindi necessario chiarire, ed in questo può certamente aiutarci  il pensiero di Enrico Berlinguer, che su questi temi assunse una posizione  che poteva e può sembrare contro-corrente ma si rileva di grande lungimiranza e modernità. Anche per l’intreccio  che egli evidenziava tra austerità e questione morale.
Il segretario del PCI poneva, cioè, il problema di creare le condizioni  per mantenere il ruolo che l’Italia, con grandi sacrifici delle masse lavoratrici, aveva conquistato nel contesto dei paesi più avanzati. Di qui la necessità di privilegiare i consumi sociali (austerità), rispetto al consumismo deleterio che si andava prepotentemente imponendo, e di riguadagnare livelli di efficienza produttiva, segnatamente nel settore  pubblico, al fine di impedire che gli apparati della pubblica amministrazione diventassero un freno al complessivo sviluppo del Paese.
Consumi sociali come volano per ripartire. Si pensi agli interventi nella scuola , nella ricerca, nella riqualificazione del territorio, nel recupero del paesaggio agricolo, nel recupero dei centri storici e della periferie urbane, e così via perché tanti sono   i settori che richiedono urgenti interventi e possono essere  occasione  per variegata occupazione.
A quasi 40 anni  di distanza c’è da riflettere  su quanto lungimiranti fossero quelle posizioni. Allora sembrarono, a molti, dettate da astrattezza ideologica. Al contrario vi era in esse  un  grande senso della realtà in grado di percepire, al di fuori di astratti ideologismi, i nuovi processi sociali ed istituzionali.
L’austerità per Berlinguer s’intrecciava con l’ etica e la morale. Queste parole  hanno riacquistato un’attualità che sembrava perduta. Il loro uso è tornato di frequente sui mass-media. Si pensi a tal proposito al successo di libri  come la “Casta” o “Il costo della democrazia”.  Perché questo accadesse sono stati  necessari  fatti che per le loro conseguenze negative hanno sconvolto l’opinione pubblica. .
Nella sinistra ci sono volontà e passione per lottare contro i fenomeni degenerativi. Questa passione  dobbiamo salvaguardarla. Senza di essa  le ragioni della militanza politica si ridurrebbero a ben poco. Resterebbe soltanto la piccola ambizione personale, che lascia il vuoto perché, per sua natura, non può compensare l’ impegno che una seria militanza   politica comporta.

                                                  

1 commento

  • 1 Antonio Seruis
    25 Novembre 2012 - 20:18

    Antonio Tatò fa risalire…”l’illustrazione e l’argomentazione più compiuta e organica della politica dell’austerità”… ad un comitato centrale del PCI dell’ottobre del 1976 (E. Berlinguer. Collna documenti - L’Unità 1985). Negli ultimi tempi il termine rigore è stato utilizzato tanto e forse più del termine austerità. Il problema sta nel capire chi decide le politiche di austerità; se chi governa ha a cuore le sorti del Paese (dell’intero Paese) non può prescindere dalla giustizia sociale quando attua politiche di scrifici. Nell’articolo é sottolineato che l’austerità di Berlinguer s’intreccia con l’etica e la morale; a questo proposito mi sembra evidente che spesso in tutt’altra direzione va a finire l’esempio del politico di questi tempi. Mi viene da dire che l’etica e la morale in politica devono valere in maniera direttamente proporzionale ai sacrifici che si chiedono agli amministrati. A a fronte di riforme importanti (e per molti aspetti discutibili) come quella sulle pensioni, sul mercato del lavoro e non ultima l’intesa sulla produttività, non sono corrisposti provvedimenti volti a snellire e risparmiare ancora di più sul fronte della politica. Un ultima considerazione voglio fare sugli studenti; a me sembra, e spero sia così, che questi stiano chiedendo “più scuola” (strutture, formazione adeguate ecc.), più democrazia. Hanno bisogno di manifestare le proprie idee, ma anche di riferimenti perchè non diventino schiavi solo di “piccole ambizioni personali”.

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