A. P.
Il Consiglio dei Ministri riporta la legge statutaria al giudizio della Consulta. E’ un’impugnazione annunciata. Infatti, il presidente della Regione, Renato Soru, il 10 luglio scorso, per poter promulgare la legge statutaria ha modificato la formula della promulgazione prevista dalla legge regionale sui referendum ed ha così violato l’art. 15 dello Statuto speciale, in forza del quale la legge statutaria “sottoposta a referendum non è promulgata e non è approvata dalla maggioranza dei voti validi”. Promulgando la legge non approvata dal referendum dell’ottobre 2007, il Presidente della Regione ha invaso non solo la sfera riservata all’Assemblea legislativa, ma anche la disciplina statutaria, che è legge costituzionale. Ora almeno da duecento anni, nei regimi costituzionali, il capo dell’esecutivo non può far leggi, deve solo eseguirle e tantomeno invadere la sfera riservata alla disciplina costituzionale. Non si conosce ancora nei dettagli la delibera del Consiglio dei Ministri, ma questo sembra il motivo del ricorso alla Corte Costituzionale. Il governo, infatti, ha sollevato un conflitto d’attribuzione contestando la formula della promulgazione.
La questione sul piano giuridico è molto delicata e presenta un ampio margine d’incertezza. La Costituzione prevede il conflitto di attribuzione, ma fra i poteri dello Stato, non fra quelli regionali. Ecco perché il Governo ha configurato il contrasto come conflitto con la disciplina dello Statuto speciale, che rientra nell’esclusiva attribuzione dello Stato.
Si tratta di un’ipotesi nuova. In verità, neppure il Costituente aveva ipotizzato che un Presidente di Giunta regionale potesse modificare una legge regionale e, quindi, anche quella costituzionale contenuta nello Statuto speciale. Soru, nella sua maniacale pretesa monocratica, è riuscito a superare anche la fantasia dei Padri costituenti, fra i quali c’erano alcune fra le più eminenti menti giuridiche del tempo. Certo è che un rimedio a tutela del legislativo regionale dev’essere individuato, specie in una stagione di Presidenti-sceriffi.
Vedremo cosa dirà la Corte costituzionale. Se dichiara o meno ammissibile il ricorso. Nella prima ipotesi, la dichiarazione d’illegittimità e il consegunte annullamento della promulgazione, comporterà anche la perdita d’efficacia della Statutaria, e il Presidente sarà obbligato ad usare la formula di legge e a conformarsi all’art. 15 dello Statuto speciale, che dovrebbe, stante l’esito del referendum, non consentire la promulgazione. Comunque, tutto dipende dal tenore della decisione della Consulta. Questa inoltre dovrà occuparsi della Statutaria anche per il ricorso annunciato nella causa d’appello dell’on. Uras contro la sentenza del Tribunale di Cagliari che lo ha dichiarato decaduto dalla carica. L’esponente di Rifondazione in quel giudizio ha invocato il famigerato art. 38 della Legge statutaria, che “congela” solo per questa legislatura le incompatibilità previste dalla legge. Una delle perle più fulgide, assieme alla legittimazione del conflitto d’interessi del Presidente, di questa legge vergognosa. Questo sarà il cuneo per spedire una seconda volta la legge alla Corte costituzionale.
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