Taumaturghi alla “ghe penso mi”? No grazie

17 Novembre 2012
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Michele Podda

Finalmente inzia ad avanzare nel Paese una reazione al leaderismo, alle liste personali, agli uomini della provvidenza “soli al comando”. Noi lo abbiamo fatto da molto, anche contro chi, nella nostra parte, si è presentato come ”salvaatore della patria” vestito di velluto”. Un “ghe penso mi” in salsa sardesca.
Sull’argomento sono già intervenuti in questo blog Francesco Cocco e Carlo Dore jr, uno sperimentato ex dirigente del defunto Partito comunista e un giovane intellettuale della sinistra. Ecco ora sulla questione le considerazioni di un aderente all’area sardista.

  

Un buon passo avanti, quello di constatare senza ombra di dubbio la fine dell’epoca dei taumaturghi alla “ghe pensa mi”, degli “uomini della provvidenza”, dei “salvatori della patria”.
In realtà l’argomento era stato abbondantemente affrontato in occasione delle regionali scorse, in cui si contrapponevano un sole che brillava di luce propria e una luna luminosa di luce riflessa, che tuttavia otteneva il successo. Gli elettori avevano già decretato la fine del leaderismo in quella occasione e tutto il resto non è stato che una naturale evoluzione del processo in atto.
Ricordo, e basterebbe dare un’occhiata all’ archivio di questo vivacissimo sito, quale dibattitto “senza esclusione di colpi” si sia aperto dopo le dimisioni di Soru e a lungo dopo la vittoria di Cappellacci, in cui appunto emergeva soprattutto l’insofferenza per un leaderismo di sinistra che sovrastava quella per la debolezza politica e rappresentativa della protesi berlusconiana.
Ora cadono altri miti che non lasciano più dubbi. Già altre volte ho espresso le mie modestissime perplessità su “santi, geni ed eroi”, e la mia preferenza per leader alla Berlinguer Enrico, prudente e attento, che sicuramente, questa era la mia impressione, prima di prendere decisioni importanti consultava nel modo più ampio.
Resta il problema di quali alternative scegliere, come riorganizzare una nuova vita politica accettabile, in che modo riempire il “vuoto di rappresentanza” e favorire la “partecipazione alle decisioni politiche”. Non so quanto possa essere opportuno tornare “al buon tempo antico che non sempre era buono”, quello delle sezioni che funzionavano. Certamente non mi sembra una prospettiva credibile neanche l’adozione del “nichilismo telematico di Grillo”. Non mi rassicura neppure la fiducia in una più attenta selezione della classe dirigente, come molti vorrebbero: in fondo un’ “ottima” classe dirigente potrebbe rivelarsi come un insieme di leaders che, col germe appunto del leaderismo, prima o poi verrebbero in conflitto fra loro e determinerebbero il crollo della struttura stessa.
Io non la chiamerei neanche “classe dirigente”, perché i “dirigenti” mi ricordano l’azienda, gli utili da incrementare, le promozioni, l’efficientismo a tutti i costi. Nel governo della cosa pubblica si richiede altro. Probabilmente oggi servirebbe un sistema diverso, BASATO MENO SU PARTITI E IDEOLOGIE E PIU’ SU REALTA’ TERRITORIALE E CITTADINANZA. Per questo prediligo riferirmi alla realtà della Sardegna, un territorio meno complesso e composito di quanto non possa essere quello dell’intero Stato italiano. Per questo si può parlare di INDIPENDENZA qui da noi, o di FEDERALISMO comunque nel resto d’Italia.
Ma… senza dirigenti?
Non dirigenti, ma semplicemente COORDINATORI, preparati certo, scelti fra tanti, fra coloro che possiedono capacità organizzativa, flessibilità di carattere, fedeltà alle regole, disponibilità ad essere AL SERVIZIO DEI CITTADINI, come si diceva che dovessero essere i politici.
Non sono introvabili, costoro! Ce ne sono attualmente nelle alte cariche (pochi forse, e in gran parte viziati), tantissimi nei Comuni, molti ancora nella società civile, fra gli intellettuali…
Ci vorrà molto tempo per reperirli, individuarli? Forse fra Sindaci e Consiglieri comunali, anche nei Comuni più piccoli, qualcosa si troverebbe, per cominciare. A partire dai Comuni quindi si riscriverebbero le regole e i programmi di governo, e il tutto andrebbe a costituire il materiale di base della politica regionale.
Saltando le Province, per carità di Dio!

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