Amsicora
Credetemi, da che mondo è mondo, non si è mai vista una rivoluzione in cui lo slogan è “lor signori governanti rassegnino le dimissioni, si indicano nuove elezioni, e lor signori, vengano rimpiazzati con dei rivoluzionari duri e puri, votati alla causa, noi”.
No, cari amici e compagni della Consulta rivoluzionaria, non funziona così. La rivoluzione, anche giuridicamente, significa rottura dell’ordine costituito, ossia la sostituzione, fondata sulla forza, di un ordine con un altro. Devo farvi degli esempi? Ve li risparmio, siete troppo colti, da potermi, sulla materia, essere maestri. No, voi non volete alcuna rottura, volete che, come in un pranzo di gala, Cappellacci e gli altri si facciano garbatamente da parte, e, dopo aver stesso il drappo rosso all’ingresso dei palazzi del potere, vi accolgano fra la folla festante in via Roma e in via Trieste.
Se questo era il vostro intento, devo ricordarvi che uno che di riuvoluzioni se ne intendeva, ha detto che “la rivoluzione non è un pranzo di gala“. Amici e compagni, se il vostro obiettivo erano le dimissioni generali dei consiglieri regionali, voi avete mobilitato fin troppa gente, per la semplice ragione che il vostro obiettivo era ed è semplicemente insensato. Ingenuo e folle, al tempo stesso.
D’altronde, chi assicura che le nuove elezioni mandino in Consiglio sardi duri e puri? Pensate, ad esempio, che nel Sulcis passi Impera e non, o non anche, Oppi e la Lombardo? Pensate che il PD o il PDL resteranno senza rappresentanza? E Grillo ne prenderà seggi più o meno di voi? L’esperienza siciliana, da questo punto di vista è significativa. I forconi fanno folklore, ma non servono a conquistare seggi, almeno nella misura sufficiente a governare.
Ed allora? Allora, so di essere crudele, ma poiché credo meritiate sincerità, in verità vi dico che, se volete governare la Sardegna, dovete più che i forconi usare la zappa e zappettarvi i territori con pazienza, portando in ogni paese, fabbrica, in ogni campagna proposte capaci far avanzare la condizione economica e sociale degli interlocutori. E poi, bisogna prendere il piccone e dare una prospettiva generale che non è la rivoluzione in astratto, ma un percorso capace di dare maggiore (o totale, fate voi) peso decisionale ai sardi in relazione ad un programma generale, ma concreto.
E, adesso, un esempio ve lo faccio. Nella lotta partigiana i partiti antifascisti hanno saputo legare gli obiettivi immediati di libertà e di ricostruzione morale e sociale del Paese ad un percorso che ci ha dato il referendum istituzionale e l’Assemblea Costituente, ossia la Repubblica e la Costituzione, le più grandi conquiste dopo l’Unità d’Italia. Dietro queste grandi conquiste, c’erano però persone che gridavano poco e pensavano molto, a partire - so che vi è caro - dal pensiero di quel piccoletto di Ales di nome Antonio, Nino in bidda e per gli amici, Gramsci nel mondo. E proprio perché avevano pensato alle sorti degli italiani e del Paese, hanno raccolto i consensi per abbattere la dittatura e creare le istituzioni democratiche.
Ed allora? Allora, dovete usare zappa e piccone, ma prima ancora il libro e il cervello per muovere quegli arnesi in modo giusto e appropriato. L’idea non è più grande se è gridata più forte, ma se è più profonda, se dà risposta ai bisogni immediati e di prospettiva delle grandi masse. Voi manifestate un disagio e una disperazione reali e per questo meritate attenzione e rispetto, molto più di quanto non lo meritino molti dei nostri governanti, ma non date alcuna prospettiva di governo. Il fallimento dell’altro giorno in via Roma non è organizzativo, anzi da questo punto di vista è un successo, il fallimento è politico. Prima ve ne convincete e prima imboccherete la strada giusta. Good luck!
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