Emanuele, che tristezza!

6 Ottobre 2012
1 Commento


Andrea Pubusa

Che tristezza la morte di Emanuele. Non ci si vedeva più in Consiglio da molto tempo. E da tanto anche in sedi partitiche, che non frequento più per ragioni d’igiene. Ma gli incontri occasionali erano sempre molto cordiali. Emanuele, fra chi non condivideva il suo modo di far politica o addirittura lo contrastava, sapeva distinguere fra i quaraquaquà e le persone intellettualmente oneste e per queste nutriva rispetto, stima e manifestava anche affetto. Fra noi si era instaurato un rapporto di questo tipo con scissione netta fra il personale e il politico.
Per questo la morte, così improvvisa e imprevista, ha creato in me un vuoto. Insomma, una persona in meno che quando t’incontra ti saluta cordialmente e con te ricorda un pezzo importante della storia regionale (e personale) dell’ultimo quarto di secolo o analizza l’attualità.
Con Emanuele abbiamo condiviso un momento importante della vita regionale: la svolta della IX legislatura (2004-2009) con la creazione della giunta di sinistra e sardista presideuta da Mario Melis. Un esecutivo che certo non ha mantenuto tutte le sue promesse, ma che - leggi alla mano - ha prodotto molto in settori importanti, da quello della tutela del territorio alla trasparenza nella pubblica amministrazione, ai referendum. Ancora oggi l’impianto sulle materie fondamentali è retto da leggi risalenti a quella legislatura. Emanuele era allora presidente del Consiglio e dette un impulso efficace a quell’azione legislativa.
Poi anche successivamente ha svolto ruoli importanti, anche se la tendenza notabiliare legata al venir meno del Partito comunista in molti dirigenti ed anche il lui è diventata sempre più visibile. Tuttavia, pur con luci ed ombre, è stato un percorso importante. Emanuele era un dirigente vero, di carattere, molto fermo e determinato nel sostenere le sue posizioni.
Alla tristezza si aggiunge l’amarezza quando penso che di questo impegno non è rimasta traccia nelle esequie. Confesso di essermi allontanato da Bonaria quando ho iniziato a sentire le omelie dei preti. Non è la mia istintiva intolleranza verso le parole rituali e le manifestazioni esteriori che mi ha allontanato. E’ che della vita di Emanuele in quelle parole non c’era nulla o quasi. Forse lui, sempre misurato, a parti invertite, non avrebbe fatto altrettanto, non si sarebbe allontanato dal tempio, ma certo avrebbe provato lo stesso mio disagio. Il ricordo di un compagno che ne avesse rievocato l’azione fin dagli anni giovanili, la sua adesione al partito comunista e la sua battaglia di giovane medico nella CGIL, sarebbe stato più appropriato. E lo sarebbe stato anche un esame non stupidamente celebrativo della sua opera nelle istituzioni e nel suo partito. Sarebbe emerso l’Emanuele vero, una figura complessa, spesso contraddittoria, ma certo non banale. Ma forse ho sempre pretese impossibili. Si sa,- queste cose non si fanno in chiesa, almeno quando predomina l’espetto rituale.

1 commento

  • 1 Elio
    6 Ottobre 2012 - 09:48

    La chiesa è il luogo deputato ai panegirici. Quello che non dovrebbe essere fato è il comizio politico. Non ero presente a Bonaria. Non so se sia stato un panegirico e non mi meraviglierebbe. Sicuramente non è stato un discorso politico, da come se ne lamenta Andrea Pubusa.

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