Gianna Lai
Oggi, Mercoledì 3 ottobre alle 19 al Caffè Savoia di piazza Savoia a Cagliari viene presentato il volume di Banana “Intanto in viale Trento” - Kita ed. Intervengono Franciscu Sedda e Gianni Stocchino. E’ presente l’autore. Ecco una recensione del libro a cura di Gianna Lai.
Nelle foto degli uomini di governo destinate ai giornali, la serietà del volto e lo sguardo intelligente appaiono presagio di attenta riflessione sui fatti del mondo. Ma la nuvoletta si aggiunge, imprevista, a dire come stanno le cose, e riporta il ‘presidente’ alla miseria quotidiana dell’uomo di potere, incapace di dare forma a un’idea decente di governo, di politica. L’umorismo scaturisce dal paradosso delle situazioni, il grottesco dall’ossequiosa servilità a qualche importante padrone, in uno slang cagliaritano che ancor più tratteggia il personaggio quando parla tra sè, e rimugina in concitati monologhi. ‘Ma ita femmu pensendi quando ho fatto la Giunta?‘ E si snodano, a rappresentarla, animali ripugnanti, uomini invisibili, improbabili famosi cantanti, e cardinali e porporati, e carcerati e massoni incappucciati. Burriccus, dice saggiamente il presidente, sintetizzando quel mondo di uomini uguali a lui, alleati e possibili alleati. Is piccioccus, is amigus, Emiglio, Mariolino, ‘Gnazio, Pierpaolo, Giorgio e Giacomino. E quelli che che danno ‘consigli’ a quattr’occhi e al telefono, in frammenti discorsivi senza costrutto, come fa di solito Berlusconi. E allignano tra loro osceni mostri e inquietanti personaggi senza volto, uno che impartisce ordini senza muoversi dalla poltrona, mentre accarezza il suo gatto bianco.
Raccolte nel libro, ‘Intanto in viale Trento‘, le vignette di Banana mettono a nudo la spregiudicatezza dei comportamenti, ridicolizzando la inanità di un’esistenza che, alla fine, sembra lasciare esausto lo stesso presidente. Mi stanno ridendo tutti dietro, si lamenta, sempre dilaniato dalla preoccupazione di essere pigau po culu. Sempre alla ricerca di una vera identità, se nessuno è in grado di ricordare esattamente il suo nome, Chepalazzi, Cartellacci, Caprelezzi, Capperazzi. Una serie di brevi racconti costruiti su nuove forme di realismo narrativo dato dall’uso della fotografia, che immortala il personaggio, quasi a volergli restituire dignità, ma subito in contrasto con i toni, le parole, le voci, il cicaleccio, e i rumori del Palazzo, e il profilarsi di ambigui incontri. E ‘fanno facce’ questi politici, compassate, divertite, la bocca storta, gli occhi di traverso, tuttavia inerti senza l’intreccio col testo che rivitalizza e dà espressione alla fotografia. E ne trasmette il realismo, in un succedersi di continue situazioni umoristiche, dove è l’efficacia delle espressioni dialettali a dar consistenza ai personaggi. Così lo slang cagliaritano, innovatore dell’espressione verbale, sembra rendere sopportabili anche le volgarità più fastidiose, quelle che servono a delineare personaggi volgari per niente preoccupati della cosa pubblica. E che esprimono la lingua degli ambienti esclusivamente maschili, solo in rari casi condizionati dalla presenza femminile, al solito connotata dal non-sense e da poderosi strafalcioni nell’uso dell’italiano. L’originalità del discorso, le fotografie-immagini in campo colorato, rosso, bianco, giallo, con le orme del gatto, le stelle, i pescicani, per raccontare una storia in ogni pagina. Ma tutte le storie sono legate insieme, ed è solo apparente la casualità dei motivi dei vari racconti, perchè un fatto di cronaca diviene materia di rappresentazione del mondo, e il gusto dell’invenzione trasforma un episodio singolare in avventura, non sempre distinguibile dagli avvenimenti sconcertanti della politica isolana e dai loro esiti surreali. Sembra quasi di intravvedere i titoli esilaranti dei quotidiani locali, dell’informazione locale, sempre a sostegno dei governi della destra, che Banana mette proverbialmente alla berlina. Presidente e Giunta percorrono tutti gli ambienti, dal cinema dei fratelli Marx e della fantascienza, fino a Godzilla, e agli eroi della Galassia, e a Paperopoli. Finiscono nei Comics, e a Chi l’ha visto, nel Discorso del re e tra gli zombi, e Ugo alla ricerca di nuove identità si traveste da Incredibile Ugh, e Obama e le Giovani Marmotte parlano in casteddaiu. Ma il Palazzo resta ancor più evanescente dei sogni, privo di consistenza, e anche Sterminatore che vuole fermare lo scempio di una politica distruttiva è, a sua volta, divorato dal laconico Oppi-rospo-mangiatutto. Al lettore ansioso non resta, per alleviare le mille inquietudini, che la forza dell’ironia e il crudo realismo della satira, in una Sardegna all’apparenza sempre più mortificata e silenziosa. Insipiente l’opposizione, Veltroni sempre ondivago e oscillante. Perchè è triste anche l’epilogo del libro, con la voce del padrone in diretta nella Piazza Ugnone, e Zeta su meri alla caccia di Banana, sostenuto dai suoi fidi. Forse, e lo speriamo, per darci appuntamento alla prossima storia impietosa e veritiera, se è l’interrogativo ad accompagnare la fine di ciascuna di queste storie?
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