Andrea Pubusa
Con Emanuele Sanna scompare uno dei componenti dell’ultima leva di dirigenti del Partito comunista italiano in Sardegna. Contrariamente alla vulgata denigratoria imperante, il PCI aveva molta cura nella formazione de gruppi dirigenti, il cui rinnovo era continuo. Anche la leva di Emanuele fu di livello. C’erano con lui Luigi Cogodi, Benedetto Barranu, Gavino Angius e Giovanni Ruggeri ed altri ancora, eletti in Consiglio regionale. Ed è di quel periodo anche l’elezione alla Camera dei deputati di Tore Cherchi. Con questa generazione il meccanismo di formazione occulata e programmata dei gruppi dirigenti s’inceppa, in concomitanza col venir meno del PCI. Questi personaggi tendono a perpetuarsi, interrompendo in proprio favore quell’incessante avvicendamento di quadri dirigenti, frutto di intelligente cooptazione. Nel contempo si perde quell’attenzione particolare che da parte comunista veniva rivolta al sociale, all’organizzazione capillare dai quartieri delle città, ai paesi, ai luoghi di lavoro. D’altronde, un partito che puntava a portare i lavoratori alla guida del Paese non poteva che fare dell’organizzazione dei ceti popolari il suo compito principale. Con la generazione di Emanuele Sanna anche questa attività s’interrompe a causa dell’abbandono di un’ispirazione classista della società e dell’obiettivo della trasformazione socialista dell’Italia.
E’ proprio il venir meno di questa ispirazione che muta radicalmente l’ambiente. La manovra si sostituisce alla lotta e la formazione di gruppi e fazioni nel PDS diviene sempre più evidente. E così Emanuele e gli altri da dirigenti di un partito coeso divengono tanti piccoli capi-corrente in lotta fra loro.
In questo contesto, ormai in via di degrado, irrompono peronaggi vaganti dell’implosione della sinistra italiana. In Sardegna Antonello Cabras, che con un manipolo compatto di ex socialisti, gioca sulle divisioni degli ex dirigenti comunisti per impadronirsi della segreteria regionale del PDS, dando un’accelerazione formidabile al processo di degenerazione già in atto. Anche l’elezione di un esterno, alla guida della Regione è frutto della divisione dei notabili del PDS, che per non dare preminenza ad uno di loro preferiscono affidare la massima carica regionale ad un magistrato, Federico Palomba, sempre sostituibile. Di qui anche il depotenziamento di Palomba, le molte crisi e riedizioni della sua giunta, frutto le une e le altre delle convulsioni interne al PDS e della divisione dei suoi dirigenti. La proverbiale serietà e compatezza delle giunte di sinistra lascia il passo ad una navigazione a vista, piena di trappole e di contrasti.
Il resto è storia recente. In questo marasma irrompe Soru, che, benché osteggiato perchè ha l’aria di chi vuol comandare e durare, s’impone grazie al suo credito imprenditoriale e ai suoi potenti mezzi finanziari. Non solo, inizia ad affiorare nella base ex comunista una certa ostilità al notabiliato dei DS insieme ad una nostalgia per i tempi in cui si decideva rapidamente e unitariamente. Insomma, c’è desiderio di un po’ di autorità e di ordine.
Sappiamo com’è andata. Soru è diventato presto un nuovo satrapo del centrosinistra che si è aggiunto agli altri, contribuendo a peggiorare ancor più la situazione. Emanuele Sanna, al pari degli altri dirigenti, ha avuto verso di lui un’ovvia ostilità per la pretesa del seddorese di toglier loro posizioni di potere ed anzi di monopolizzarlo, ma poi, pian piano, si è venuti a patti, mentre ormai la formazione dei gruppi dirigenti è divenuta casuale e rimessa prevalentemente a fattori personali, alla capacità di manovra e al possesso di mezzi finanziari. Lo sfascio è sotto gli occhi di tutti. Nessuno vede nel centrosinistra un’alternativa al centrodestra. Si tratta, a livello locale, di semplici varianti di un modo di sentire comune. Caste autoreferenziali, preoccupate di perpetuare se stesse, danno uno spettacolo indecente nel teatrino istituzionale.
Di questo si è lamentato con me nell’ultimo colloquio di qualche settimana fà Emanuele Sanna, che è stato uno degli ultimi dirigenti di un partito e di un mondo ormai anch’essi morti e sepolti. E forse anch’egli di questa tragica involuzione è stato vittima più che artefice.
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