Amsicora
Avete mai creduto che la vicenda dagli stabilimenti Alcoa si sarebbe conclusa con un acquisto da parte di Glencore? Che questa società sarebbe succeduta al colosso americano dell’alluminio? Avete mai pensato che il governo si stesse occupando seriamente della cosa? Ossia che la sua azione avesse una qualche possilità di successo? Con un profondo patema d’animo per i lavoratori ho sempre pensato il contrario. Governo e Glencore hanno soltanto recitato la loro parte in commedia. Il primo di mostrare interesse e di avere poteri decisionali, l’altra di avere convenienza al subentro. No, amici e amiche, si è trattato soltanto di un diversivo, di un’azione volta soltanto a confondere i lavoratori e a fingere una risposta alle popolazioni in aree ormai allo sfascio dal punto di vista sociale e occupazionale. E certo non ho pensato questo perché affetto da pessimismo cosmico o perché in possesso di poteri divinatori. La verità nuda e cruda è semplice, elementare. Se Alcoa lascia e va via, non lo fa certo perché vuole fare spazio alla concorrenza o per sua incapacità di stare nel mercato. E’ che la produzione in Italia non è competitiva per via di un fatto ormai noto anche alle pietre. Il costo eccessivo dell’energia in una produzione fortemente energivora. Ed allora, poche chiacchere: o si incide su questa fattore della produzione o si sta solo prendendo la gente per i fondelli.
E qui vengono le dolenti note. Salvo credere che si possa produrre energia a basso costo con gli aquiloni, l’intervento non può che essere politico e tradursi in una misura amministrativa che riduce il costo dell’energia per la produzione dell’alluminio a P. Vesme. Una decisione non certo straordinaria fino a qualche decennio fà, del tutto impensabile oggi in un ambiente in cui la dea concorrenza è stata posta nella sommità degli altari, come metro di misura di ogni cosa. Intoccabile. I danni di questo insensato iperliberismo lo vediamo proprio ad Alcoa. E lo abbiamo visto in altre vicende industriali di questi anni. Anche Taranto sembra avvitarsi in questo rompicapo. La mano invisibile del mercato non aggiusta queste situazioni, non è suo compito. Questo è compito dei governi e degli Stati. O meglio lo era, oggi il pubblico potere si è privato di questa prerogativa. Se avete notato Monti, da buon iperlibrista, non si è mai pronunciato su queste vicende, ritenendo che anche esprimere opinioni su di esse sia un’inammissibile intromissione dello Stato in vicende di esclusiva competenza del mercato. L’Europa è questo. Monti è questo. Fino a quando questo potrà durare non è dato sapere. Certo, senza un profondo rivolgimento, non è neppure ipotizzabile di scongiurare i disastri economici e sociali del liberismo.
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