Alcoa: per Monti non è affare del governo

13 Settembre 2012
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Red

Per l’impianto dell’Alcoa di Portovesme è iniziato il vero conto alla rovescia. Vengono ventilate ogni giorno nuove ipotesi, ma si tratta spesso di desideri più che di realtà e sul futuro dell’industria dell’alluminio non c’é ancora alcuna certezza.
Glencore, che ieri ha incontrato i rappresentanti regionali a Cagliari, non arretra dalle sue richieste: abbattimento dei costi dell’energia e drastica riduzione del personale. “Per noi - ha chiarito Carlo Lolliri, amministratore delegato della Portovesme Srl, controllata dalla Glencore - non è un problema se spegnere o non spegnere l’impianto, ma capire bene alcuni temi: costi energetici, infrastrutture e il problema del personale. Dopo di che - ha aggiunto - andremo a valutare con tutto lo staff della Glencore cosa fare”. Il primo passo sarà domani con un sopralluogo a Portovesme per verificare le problematiche sulle infrastrutture portuali e stradali. Tra Glencore e Klesch (che continua le trattative private con Alcoa), si inserisce intanto un terzo papabile pretendente, la torinese Kite Gen Research, che punterebbe ad utilizzare per l’impianto l’energia eolica ‘troposferica’, prodotta cioé da grandi aquiloni ad alta quota e non da pale. Una proposta un pò fantasiosa, tant’è che il ministero dello Sviluppo la definisce “molto preliminare” con una tecnologia “ancora in fase di sviluppo” e per la quale si richiede peraltro “il cofinanziamento” E qui è il punto. Lo sblocco della situazione sta nell’intervento del governo. Se questo ci fosse stato con tutta probabilità Alcoa non avrebbe lasciato. E da lì bisogna reiniziare. Ma Monti ha detto proprio ieri qual’è la sua visione della crescita: è rimessa esclusivamente alle parti sociali, imprese e sindacati. Una follia di un iperliberista a cui l’unica cosa che sta a cuore à la concorrenza, ossia la lotta libera fra le imprese fra loro e contro i lavopratori. Questo è per il capo del governo un bene in sé. Del massacro sociale che questa linea di politica economica comporta non gli frega nulla. Ma è evidente che è lo Stato che deve garantire la coesione sociale e l’occupazione. Agli imprenditori, al contrario, la disoccupazione fa comodo per l’evidente dominio che consente loro sui lavoratori e sui salari. Con questo governo è dunque improbabile che la vicenda Alcoa abbia soluzione. Non sfiora la mente di Monti neppure il fatto che la chiusura di Alcoa a P. Vesme priva definitivamente l’Italia di un settore produttivo strategico: l’alluminio. Insomma, a lui, longa manus delle centralii finanziarie internazionali, l’interesse nazionale è un concetto del tutto estraneo.
In questo contesto la protesta all’Alcoa continua, anche se è disperata. Dopo 24 ore di calma, le contestazioni sono riprese a Portovesme con due sindacalisti asserragliati a 70 metri di altezza sullo stesso silos teatro una settimana fa della protesta degli operai dello stabilimento. A far esplodere la rabbia è stato, a detta di Franco Bardi della Fiom Cgil e Rino Barca della Fim Cisl, disposti a tutto per salvaguardare i posti di lavoro, il dietrofront di Alcoa rispetto agli accordi presi solo lunedì a Roma, nel corso della riunione fiume al ministero dello Sviluppo economico. “Si sono rimangiati tutto - denunciano - Oggi l’azienda ci ha comunicato la fermata totale dello stabilimento rimettendo in discussione gli accordi sottoscritti: il processo di spegnimento continua e rimarranno attive solo 21 celle su 290, questa è la morte della fabbrica”. Un comportamento che ha scatenato l’ira del governo, pronto a richiamare “con fermezza Alcoa al rispetto puntuale degli impegni assunti formalmente durante la riunione di lunedì”. In una nota ufficiale, l’esecutivo “esige che lo spegnimento dello smelter avvenga secondo le modalità e con la gradualità stabilite”.
E l’azienda in serata con una nota ribadisce il rispetto degli impegni presi.”Alcoa conferma che oggi ha presentato un piano di spegnimento degli impianti più graduale come definito con il Ministero dello sviluppo economico, la Regione e i sindacati lunedì 10 settembre”. “Il piano rivisto include la fine delle attività delle celle - precisa Alcoa nella nota- entro il 1 novembre. Cinquanta celle saranno messe in condizione di ripartire entro il 10 novembre e lo stabilimento sarà interamente fermato entro il 30 novembre”. L’azienda di Portovesme fa poi “appello a tutte le parti coinvolte per mantenere gli impegni così come Alcoa ha fatto e continuerà a fare”. In altri termini, noi abbiamo deciso di chiudere e chiudiamo. Voi fate cià che volete ma non rompete…

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