Galapagos Il Manifesto 3.4.2012
Governo tecnico? «Ma mi facci il piacere», esclamerebbe Totò. L’impressione è che questo sia una governo - ad essere buoni - pasticcione che non ha colto la vera essenza della crisi italiana e dei rimedi necessari per non farla precipitare ulteriormente. Il primo «casino» l’ha fatto con gli «esodati» che, con la riforma delle pensioni, si troveranno senza lavoro (e senza possibilità di trovarne) e senza pensione. Si dice che siano oltre 300 mila le persone inguaiate e di queste - notizia di ieri - circa 22 mila sono bancari «esodati» per cercare di mettere un po’ a posto i bilanci degli istituti di credito devastati dalla crisi finanziaria.
La professoressa Elsa Fornero certamente sa molte cose, ma possibile che non fosse al corrente del problema di chi aveva scelto l’esodo volontario (si fa per dire) lasciando il lavoro in attesa di una pensione che - grazie alla sua riforma - ora non arriverà? E che dire di quel sottosegretario che ha invitato le imprese a riprendersi gli esodati? Anche lui è un tecnico o non è piuttosto uno scemo messo in un posto sbagliato?
Dal governo tecnico è anche arrivata la riforma dell’Ici. Ora si chiama Imu, ma i soldi non andranno ai comuni (come con l’Ici) ma saranno largamente sequestrati dallo stato. I comuni - molto per motivi elettorali - stanno battendo la fiacca nella determinazione delle nuove aliquote. Risultato: è il caos al quale si vuole porre rimedio (da parte dei comuni, cioè l’Anci e dei Caf) proponendo un rinvio del pagamento della tassa. O quanto meno un pagamento ridotto a giugno con un saldo maggiorato in dicembre. Perché, non va dimenticato, ai comuni sono stati tagliati parecchi miliardi di trasferimenti e un po’ di soldi - subito - servono come il pane per non ritrovarsi come il manifesto in liquidazione coatta amministrativa senza essere in grado di mantenere in piedi uno straccio di welfare e neppure le spese correnti. Se il governo dei tecnici avesse varato una patrimoniale pura (non solo sugli immobili) oggi non ci troveremmo in questa situazione. Ma il governo dei tecnici ha dovuto piegarsi al ricatto di Berlusconi e ai timori atavici di Bersani.
«La crisi è alle spalle», ha ripetuto Mario Monti ad libidum negli ultimi sette giorni facendosi forte di una riduzione dello spread che Tremonti aveva mandato alle stelle. Un modo un po’ infantile, quello di superMario, di lodare il proprio operato di tecnico prestato alla politica. «Stiamo meglio degli altri» insistevano Tremonti e soci fino a pochi mesi fa. Ovviamente mentivano e oggi mente spudoratamente anche Monti.
La verità è che l’Italia sta messa proprio male. A sostenerlo non è solo Corrado Passera unico nel governo a spiegare con sincerità che la crisi morderà almeno per l’intero anno. E neppure un supertecnico come Ignazio Visco, il governatore di Bankitalia, ma l’ottimismo di Monti non trova sponde neppure presso il Fondo monetario, la Confindustria, la Confcommercio, la Commissione europea e la Bce. E soprattutto è stato smentito clamorosamente dagli ultimi dati dell’Istat: la disoccupazione sta esplodendo e senza il «tappo» della Cassa integrazione sarebbe ormai a livello record perfino in Europa. Non a caso la stessa Marcegaglia e i sindacati insistevano per spostare in un futuro il più lontano possibile la riforma degli ammortizzatori sociali per non fare dell’Italia un deserto di senza lavoro. Che non è detto sia la soluzione che dispiace al governo tecnico: tanti disoccupati garantiscono basso costo del lavoro, mobilità, flessibilità e soprattutto ricatti. Una equazione perfetta - il controllo assoluto del mercato del lavoro - per un governo «tecnico».
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