Alfiero Grandi
Andrea ci mancherà. Non è l’unico compagno, e amico, che è morto di recente. Anche Francesco non c’è più. La loro mancanza pesa e peserà molto.
Il mio rapporto con Andrea durava da più di mezzo secolo. Ci siamo conosciuti quando eravamo studenti medi, già impegnati politicamente, responsabili di due organizzazioni giovanili del centro storico di Bologna. Lui dei giovani socialisti e io dei giovani comunisti.
Le differenze erano più di nome. Di fatto non c’erano reali differenze politiche tra noi, del resto militava nell’area di Lelio Basso. Anzi Andrea era probabilmente più movimentista e a sinistra di me. In seguito Andrea ha partecipato alla formazione del Psiup.
Più tardi ci siamo ritrovati insieme nel Pci. In realtà l’esperienza principale di Andrea è stata nella Cgil, dove è entrato giovanissimo e di cui è diventato presto un dirigente affermato. In certi periodi abbiamo lavorato insieme, in altri no, avevamo ruoli diversi e interessi diversi, ma abbiamo sempre mantenuto un rapporto stretto, amichevole, di stima reciproca, possibile in chi ha combattuto le stesse battaglie, dalla stessa parte: prima come giovani studenti, poi come molecole della sinistra italiana, nelle sue glorie e nei suoi momenti difficili.
Andrea aveva un fortissimo sentimento di classe. Gli sfruttati, gli ultimi erano il suo punto di riferimento. Su questo non ha mai cambiato parere. Erano - senza tentennamenti - quelli da difendere, anche con ironia e senza negarne le debolezze, ma sempre per farne crescere le capacità di affermazione, la dignità personale e collettiva.
C’è stato un momento tre decenni fa in cui tra noi avrebbe potuto anche finire un legame profondo. Invece ne uscì rafforzato.
Andrea era segretario generale della Camera del lavoro di Bologna mentre io ero componente della segreteria regionale della Cgil. Uno di noi era in predicato per diventare segretario generale aggiunto della Cgil dell’Emilia Romagna. Le componenti nella Cgil c’erano ancora e il capofila della componente comunista aveva un grande peso, portava un carico impegnativo sulle spalle, anche se formalmente era il n° 2 dell’organizzazione. Chi avesse prevalso tra noi nella consultazione probabilmente sarebbe stato il capofila della componente di maggioranza della Cgil dell’Emilia Romagna. Smentimmo tutte le previsioni catastrofiche. Ci parlammo e decidemmo di comune accordo che non ci saremmo mai fatta la guerra, lasciando liberi le compagne e i compagni di decidere come meglio credevano. Una consolidata amicizia politica non meritava rotture, chiunque avesse prevalso nella consultazione. Così fu. Le circostanze portarono a scegliere me e a quel punto per Andrea iniziò una lunga presenza nella Cgil nazionale. Iniziò come segretario generale degli alimentaristi, dove è ancora ricordato visti i messaggi di stima per lui arrivati a distanza di tanti anni. Poi ebbe altri incarichi. Ancora una volta lo raggiunsi, nel 1988, nella Cgil nazionale, dove lui era già dirigente affermato. Come sempre mi diede consigli utili, mi descrisse acutamente le posizioni politiche presenti nella discussione in Cgil.
Andrea è stato per lunghi anni segretario generale di categorie molto diverse tra loro come alimentaristi ed elettrici, all’epoca erano queste le denominazioni. Poi Andrea è andato a dirigere Progetto sviluppo e all’Ufficio internazionale della Cgil. Andrea non lavorava bene se non c’erano tensioni forti, sia ideali che politiche. La normalità lo annoiava, lo deprimeva. Se c’era da dare battaglia non si tirava indietro ma dava il meglio di sé quando le tensioni ideali erano forti, gli impegni centrati su questioni di fondo, strategiche, che valgono l’impegno di una vita. Come certi motori che per funzionare bene debbono andare su di giri.
Ci siamo ritrovati nell’Ars. Andrea è sempre stato di sinistra, nel senso proprio del termine. Aveva vissuto in gioventù il fascino di Lelio Basso e del filone luxemburghiano e questa formazione movimentista si sentiva ancora, si intrecciava, a volte dissentiva, con la mia ansia di dare uno sbocco concreto, positivo alle lotte.
Le affermazioni fini a sé stesse non hanno mai affascinato nessuno dei due.
Gli ho chiesto alcuni mesi fa di entrare nella Presidenza dell’Ars nazionale nella convinzione che un compagno intelligente, con tanta esperienza e cultura politica e sindacale - non sempre esibita - poteva aiutare l’Associazione a ritrovare un sentiero politico fruttuoso, utile alla sinistra politica e sociale, ad una riconquista della sua difficile unità. Perché Andrea è sempre stato convinto che la sinistra deve esistere, che i lavoratori e i giovani ne hanno bisogno, semmai deve battere un colpo più forte
Ho sempre ammirato la capacità di Andrea di sintetizzare in una battuta acutissima un giudizio, una fase politica. Questa qualità di Andrea mi ha aiutato a rendere più chiare le mie idee. Solo il 19 luglio fa eravamo insieme ad un’iniziativa sulla democrazia nei luoghi di lavoro promossa dall’Ars e dal Crs. Solo qualche giorno fa ha scritto e mi ha fatto firmare il testo di una lettera dell’Ars ai partiti di sinistra.
Aveva superato tante crisi anche di salute, da ultimo lo svenimento di Perugia. Eravamo ormai abituati a vederlo uscire dalle crisi, pronto a riprendere il suo lavoro. Questa volta purtroppo non è stato così. Liliana ha provato a soccorrerlo, ma questa volta non ce l’ha fatta. Ci mancherà il suo sorriso, la sua intelligenza acuta, la sua passione disincantata. A molti di noi mancherà la sua amicizia.
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