Renzi: l’uomo che non parla di caimani

26 Luglio 2012
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Carlo Dore jr.

“ Davvero è solo Berlusconi il responsabile dello sfascio morale degli Italiani? Della TV diseducativa? Delle difficoltà economiche degli italiani? Della crisi e del debito pubblico? Della mancata attenzione alla cultura e alla pubblica istruzione? Certo, stiamo parlando dell’uomo che ha governato a lungo negli ultimi 20 anni, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Ma noi non abbiamo nulla da rimproverarci? Troppo facile è pensare di individuare un solo colpevole per mettere a tacere le responsabilità di una generazione intera di Italiani che però ha perso la sfida del futuro: mentre il berlusconismo falliva la prova del governo, l’antiberlusconismo falliva la prova nel modello di opposizione. Gli antiberlusconiani vogliono sentirmi parlare di caimani e di pericoli per la democrazia. Non lo farò mai. Non sarò mai anti-qualcosa o qualcuno, e se questo vorrà dire non appartenere al vostro club, vuol dire che non sarò mai uno di voi”.
Così scrive Matteo Renzi, in una lunga replica all’articolo con cui Sandra Bonsanti (presidente nazionale di Libertà e Giustizia) gli chiedeva di assumere una posizione definitiva sull’ennesima resurrezione di Berlusconi, liberatosi dal sudario del “padre nobile” del centro-destra in vista delle elezioni del 2013. Berlusconi prepara il grande ritorno, accompagnato dal sempre più imbiancato circo di cortigiani e cortigiane. Ritorna per strappare al Paese l’ennesima ipoteca sulla stabilità delle sue imprese, l’ennesimo salvacondotto per i suoi guai giudiziari; ritorna, in barba al grido d’allarme dei mercati ed alle composte risate dei leader di mezza Europa.
Berlsconi ritorna, ma Matteo il rottamatore non parla di Caimani, né di allarme per la democrazia. Basta con l’anti-berlusconismo, basta con i club di partigiani da salotto: è la new age del rinnovamento post-ideologico, il refrain che accompagna la lunga marcia tra Arcore e la Leopolda. Eppure, l’Uomo che non parla di Caimani deve fare i conti con un interrogativo che la sua ampia replica ha tentato invano di eludere: può considerarsi Berlusconi l’unico responsabile dello sfascio morale degli Italiani? E il centro-sinistra non ha nulla da rimproverarsi?
Svaniscono le musiche di Jovanotti e le locations di Giorgio Gori, svanisce la Leopolda e la platea degli apostoli della rottamazione. Come in un film in bianco e nero, ritornano alla mente le immagini che hanno scandito l’evolversi dell’ultimo ventennio della storia repubblicana: e allora, ecco il Cavaliere a braccetto con Gheddafi e Ben Alì; ecco i giorni de “la crisi esiste solo sui giornali di sinistra” e dell’esaltazione della finanza creativa di Tremonti. Riappaiono la D’Addario e il lettone di Putin, Tarantini e Lavatola, lo sgomento di Zapatero e il risolino della Merkel; riappare la triste immagine di un Parlamento di zelanti yes-man umiliato dalla vecchia fola della nipote di Mubarak.
Il film finisce nel delirio di un Paese in fiamme, proprio come “Il Caimano” di Nanni Moretti. Il film finisce, ma quel dannato interrogativo rimane drammaticamente in sospeso: è Berlusconi l’unico responsabile dello sfascio morale degli Italiani? Certo che lo è. E’ responsabile per avere legittimato la cultura della menzogna, alternando bugie ad altre bugie; è responsabile per aver chiuso gli occhi dinanzi all’incedere della crisi imminente; è responsabile per avere ridotto le istituzioni a mera dependance del suo impero personale, di fatto degradando l’Italia alla condizione di democrazia minore.
In questo generale clima da “si salvi chi può”, la colpa del centro-sinistra non è identificabile nel presunto arroccamento (più volte rimarcato dall’Uomo che non parla di Caimani) sulle posizioni dell’anti-berlusconismo ad ogni costo, ma semmai nella reiterata tendenza a considerare il berlusconismo alla stregua di una fisiologia variabile della democrazia moderna, a scambiare cioè l’icona di un regime mascherato per la rispettabile espressione del moderatismo europeo. Una tendenza perpetratasi tra patti della crostata e pranzi a Villa San Martino; una tendenza che l’Uomo non parla di Caimani tuttora contribuisce ad alimentare.
Ma l’Uomo che non parla di Caimani tira dritto per la sua strada, e non si iscrive al club degli anti-berlusconiani ad ogni costo, responsabili, a suo dire, dello stesso fallimento della sfida del futuro a cui gli apostoli della rottamazione dovrebbero a breve porre rimedio. Non si iscrive a questo club, pervaso da discussioni oziose su qualità della democrazia, lotta al conflitto di interessi, libertà di informazione, concezione etica della politica e attualità della questione morale: argomenti datati e con poco appeal per i sostenitori della new age post ideologica. Argomenti che lasciano purtroppo indifferente l’Uomo che non parla di Caimani.

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