Italia e Germania a confronto

13 Luglio 2012
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Gianfranco Sabattini

Su “la Repubblica” di giovedì 28 giugno sono comparsi due editoriali affiancati sul come risolvere la crisi europea dal punto di vista dell’Italia nei confronti della Germania e, viceversa, della Germania nei confronti dell’Italia. I due editoriali sono di Ezio Mauro, direttore di “la Repubblica” e di Thomas Schmid, editor del quotidiano conservatore “Die Welt”. Gli editoriali sono supportati da un’intervista di Andrea Tarquini al ministro degli esteri tedesco Guido Westerwelle. Sia gli editoriali che l’intervista sono di estremo interesse perché, a fronte della descrizione della natura e dell’individuazione delle possibili cause della crisi che travaglia l’Europa, viene disvelata, se mai ve ne fosse bisogno, quali sono gli effettivi umori dell’opinione pubblica della Germania e di autorevoli rappresentanti della sua classe dirigente sulla prospettiva di pervenire presto a compiere un passo avanti sulla via dell’unificazione politica dei Paesi dell’UE.
Mauro sottolinea che, vista dall’Italia, l’opinione pubblica tedesca sembra credere che la crisi economico-finanziaria stia attaccando prevalentemente i debiti sovrani dei Paesi mediterranei; in realtà, per Mauro, la verità è più allarmante, in quanto l’attacco non sarebbe rivolto ai Paesi poco virtuosi, ma all’Europa tutta intera attraverso la critica condotta alla sua periferia più debole. In ogni caso, Mauro immagina che secondo la Germina il problema dell’Italia sia troppo complicato per provare a risolverlo e troppo rilevante per essere ignorato. Il direttore di “la Repubblica” pensa anche che Angela Merkel sia consapevole del fatto che gli italiani stanno provando a “mettercela tutta” per risolvere i loro problemi e l’azione del governo Monti starebbe a dimostrare che i provvedimenti assunti e quelli proposti, sia pure in presenza di ingiustizie e di iniquità di certe misure a carico dei ceti più deboli, avrebbero consentito al Paese il ricupero della credibilità e della fiducia che a livello internazionale si erano notevolmente affievolite,.
Allo stato attuale, per Mauro saremmo arrivati al punto in cui l’austerità non è più sufficiente se manca d’essere seguita da una politica di tutti i Paesi aderenti al disegno europeo che sia in grado di andare oltre i sacrifici delle misure adottate per farli accettare dai cittadini; se ciò non accadesse, i cittadini potrebbero restare indifferenti a fronte della prospettiva di creare uno Stato europeo utile a sconfiggere la crisi in atto. A tal fine, secondo Mauro, c’è sicuramente bisogno della Germania, ma anche la Germania ha bisogno dell’Europa, in quanto questa deve essere ripensata per governare la crisi. Ma la Germania ha quest’ambizione? O persegue l’obiettivo di esercitare un ruolo di potenza fondato solo sulla sua forza economica, invece di impegnarsi per acquisire una leadership politica fondata sul confronto paritario con gli altri Paesi sotto l’spetto politico e culturale?
La risposte di Schmid agli interrogativi di Mauro non possono essere più eloquenti. Secondo l’editorialista di “Die Welt”, Angela Merkel e la Germania non sono amate dal resto dei Paesi europei in quanto verrebbero caricate di accuse infondate; in particolare, infondata sarebbe l’accusa rivolta alle Germania d’essere senza scrupoli né freni, in quanto si preoccuperebbe esclusivamente dei propri interessi e dei propri cittadini. Schmid, dopo aver riconosciuto che la Germania ha a suo carico non poche responsabilità verso l’Europa, ricorda che la situazione attuale è imputabile all’irresponsabilità di tutti i Paesi dell’UE di avere nei decenni trascorsi, in mancanza di solide fondamenta, costruito il proprio benessere sui debiti, come se esistesse solo l’oggi e non anche il domani, scaricando il costo sulle generazioni future e permettendo che il “presente” si nutrisse del “futuro”.
Per rimediare agli errori del passato occorre perciò risparmiare; e poiché risparmiare non basta, gli sforzi di tutti dovrebbero andare ben oltre. In altre parole, per Schmid, occorre avviare un processo che conduca a più Europa. Questo processo, però, “non dovrebbe andare nella direzione di uno Stato federale, o degli Stati Uniti d’Europa”, in quanto una “comunità senza opinione pubblica comune non può essere una buona comunità”. L’appello a compiere una maggiore integrazione delle classi politiche europee sarebbe per Schmid un appello che avrebbe la sola funzione di narcotizzare le loro credenze originarie. I Paesi in crisi devono avere la volontà di aiutarsi da soli, anche se la Germania dovrà assumersi la sua responsabilità nell’ambito di un’azione nella quale l’empatia per gli altri Paesi “deve giocare un ruolo determinante”, diventando un amministratore garante della stabilità riconquistata degli Stati oggi deboli perché sono stati nel passato poco virtuosi. In altri termini, per Schmid, nell’ambito dell’Europa risanata, la Germania dovrebbe esercitare la propria egemonia in modo ragionevole avvalendosi, se ne avrà la volontà, del potenziale economico del quale dispone per farlo.
Per chi non avesse ben compreso il discorso di Schmid, può servire a fugare ogni dubbio un’attenta valutazione dei suggerimenti del ministro degli esteri tedesco. Anche Westerwelle, come Schmid, è dell’opinione che per risolvere la crisi sia necessaria “più Europa”, ma non più Europa “politica”, bensì più Europa “economica”. “A fronte della politica monetaria comune – dice Westerwelle – abbiamo bisogno anche di una ragionevole governance dei bilanci sovrani e di una politica economica condotta in responsabilità comune”. Quindi, per i tedeschi, occorre più governance, ovvero più regole tecnocratiche per il governo della sola economia sottratta al controllo dei cittadini; controllo che sarebbe possibile solo con un’unione politica federale di tutti i Paesi membri. I tedeschi, invece, come risulta peraltro dalle reazioni di molti giornali germanici al summit straordinario dell’UE di Bruxelles che ha istituito il Fondo salva-Stati, vogliono solo un approfondimento regolato del mercato europeo, per consentire al loro Paese di acquisire una leadership fondata su un’egemonia legittimata, non dal consenso di tutti i cittadini europei, ma dal suo solo potenziale economico per garantire la stabilità riconquistata. Di fronte a queste posizioni intransigenti dei tedeschi è impossibile sottrarsi al convincimento che i “rumors di fondo” della politica della Cancelliera tedesca valgano ad evocare il pericolo di una Deutschland über alles.

Italia e Germania a confronto

Gianfranco Sabattini

Su “la Repubblica” di giovedì 28 giugno sono comparsi due editoriali affiancati sul come risolvere la crisi europea dal punto di vista dell’Italia nei confronti della Germania e, viceversa, della Germania nei confronti dell’Italia. I due editoriali sono di Ezio Mauro, direttore di “la Repubblica” e di Thomas Schmid, editor del quotidiano conservatore “Die Welt”. Gli editoriali sono supportati da un’intervista di Andrea Tarquini al ministro degli esteri tedesco Guido Westerwelle. Sia gli editoriali che l’intervista sono di estremo interesse perché, a fronte della descrizione della natura e dell’individuazione delle possibili cause della crisi che travaglia l’Europa, viene disvelata, se mai ve ne fosse bisogno, quali sono gli effettivi umori dell’opinione pubblica della Germania e di autorevoli rappresentanti della sua classe dirigente sulla prospettiva di pervenire presto a compiere un passo avanti sulla via dell’unificazione politica dei Paesi dell’UE.
Mauro sottolinea che, vista dall’Italia, l’opinione pubblica tedesca sembra credere che la crisi economico-finanziaria stia attaccando prevalentemente i debiti sovrani dei Paesi mediterranei; in realtà, per Mauro, la verità è più allarmante, in quanto l’attacco non sarebbe rivolto ai Paesi poco virtuosi, ma all’Europa tutta intera attraverso la critica condotta alla sua periferia più debole. In ogni caso, Mauro immagina che secondo la Germina il problema dell’Italia sia troppo complicato per provare a risolverlo e troppo rilevante per essere ignorato. Il direttore di “la Repubblica” pensa anche che Angela Merkel sia consapevole del fatto che gli italiani stanno provando a “mettercela tutta” per risolvere i loro problemi e l’azione del governo Monti starebbe a dimostrare che i provvedimenti assunti e quelli proposti, sia pure in presenza di ingiustizie e di iniquità di certe misure a carico dei ceti più deboli, avrebbero consentito al Paese il ricupero della credibilità e della fiducia che a livello internazionale si erano notevolmente affievolite,.
Allo stato attuale, per Mauro saremmo arrivati al punto in cui l’austerità non è più sufficiente se manca d’essere seguita da una politica di tutti i Paesi aderenti al disegno europeo che sia in grado di andare oltre i sacrifici delle misure adottate per farli accettare dai cittadini; se ciò non accadesse, i cittadini potrebbero restare indifferenti a fronte della prospettiva di creare uno Stato europeo utile a sconfiggere la crisi in atto. A tal fine, secondo Mauro, c’è sicuramente bisogno della Germania, ma anche la Germania ha bisogno dell’Europa, in quanto questa deve essere ripensata per governare la crisi. Ma la Germania ha quest’ambizione? O persegue l’obiettivo di esercitare un ruolo di potenza fondato solo sulla sua forza economica, invece di impegnarsi per acquisire una leadership politica fondata sul confronto paritario con gli altri Paesi sotto l’spetto politico e culturale?
La risposte di Schmid agli interrogativi di Mauro non possono essere più eloquenti. Secondo l’editorialista di “Die Welt”, Angela Merkel e la Germania non sono amate dal resto dei Paesi europei in quanto verrebbero caricate di accuse infondate; in particolare, infondata sarebbe l’accusa rivolta alle Germania d’essere senza scrupoli né freni, in quanto si preoccuperebbe esclusivamente dei propri interessi e dei propri cittadini. Schmid, dopo aver riconosciuto che la Germania ha a suo carico non poche responsabilità verso l’Europa, ricorda che la situazione attuale è imputabile all’irresponsabilità di tutti i Paesi dell’UE di avere nei decenni trascorsi, in mancanza di solide fondamenta, costruito il proprio benessere sui debiti, come se esistesse solo l’oggi e non anche il domani, scaricando il costo sulle generazioni future e permettendo che il “presente” si nutrisse del “futuro”.
Per rimediare agli errori del passato occorre perciò risparmiare; e poiché risparmiare non basta, gli sforzi di tutti dovrebbero andare ben oltre. In altre parole, per Schmid, occorre avviare un processo che conduca a più Europa. Questo processo, però, “non dovrebbe andare nella direzione di uno Stato federale, o degli Stati Uniti d’Europa”, in quanto una “comunità senza opinione pubblica comune non può essere una buona comunità”. L’appello a compiere una maggiore integrazione delle classi politiche europee sarebbe per Schmid un appello che avrebbe la sola funzione di narcotizzare le loro credenze originarie. I Paesi in crisi devono avere la volontà di aiutarsi da soli, anche se la Germania dovrà assumersi la sua responsabilità nell’ambito di un’azione nella quale l’empatia per gli altri Paesi “deve giocare un ruolo determinante”, diventando un amministratore garante della stabilità riconquistata degli Stati oggi deboli perché sono stati nel passato poco virtuosi. In altri termini, per Schmid, nell’ambito dell’Europa risanata, la Germania dovrebbe esercitare la propria egemonia in modo ragionevole avvalendosi, se ne avrà la volontà, del potenziale economico del quale dispone per farlo.
Per chi non avesse ben compreso il discorso di Schmid, può servire a fugare ogni dubbio un’attenta valutazione dei suggerimenti del ministro degli esteri tedesco. Anche Westerwelle, come Schmid, è dell’opinione che per risolvere la crisi sia necessaria “più Europa”, ma non più Europa “politica”, bensì più Europa “economica”. “A fronte della politica monetaria comune – dice Westerwelle – abbiamo bisogno anche di una ragionevole governance dei bilanci sovrani e di una politica economica condotta in responsabilità comune”. Quindi, per i tedeschi, occorre più governance, ovvero più regole tecnocratiche per il governo della sola economia sottratta al controllo dei cittadini; controllo che sarebbe possibile solo con un’unione politica federale di tutti i Paesi membri. I tedeschi, invece, come risulta peraltro dalle reazioni di molti giornali germanici al summit straordinario dell’UE di Bruxelles che ha istituito il Fondo salva-Stati, vogliono solo un approfondimento regolato del mercato europeo, per consentire al loro Paese di acquisire una leadership fondata su un’egemonia legittimata, non dal consenso di tutti i cittadini europei, ma dal suo solo potenziale economico per garantire la stabilità riconquistata. Di fronte a queste posizioni intransigenti dei tedeschi è impossibile sottrarsi al convincimento che i “rumors di fondo” della politica della Cancelliera tedesca valgano ad evocare il pericolo di una Deutschland über alles.

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