Un movimento di trasformazione…ma senza progetto

10 Luglio 2012
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Gianfranco Sabattini

Jeffrey Alexander, autorevole sociologo di Yale, su Reset (Giugno 2012) afferma che negli anni appena trascorsi sono accaduti alcuni avvenimenti che hanno “sconvolto l’immaginario collettivo globale”. Tali avvenimenti sono da rinvenirsi principalmente nella vittoria di Obama nelle elezioni presidenziali degli USA, nella Primavera dei popoli della costa settentrionale africana e nel movimento di Occupay Wall Street. Per Alexander, dovrebbero essere “interpretati non solo politicamente, come battaglie per il potere, ma anche come sconvolgimenti simbolici…Ponendosi come vere e proprie eruzioni di possibilità utopiche”. Le eruzioni avrebbero contribuito a formare un “arco narrativo”, divenuto una struttura culturale fortemente radicata nella “società civile globale”; questa, secondo il sociologo americano, avrebbe trasformato l’arco narrativo in un “ideale utopico della solidarietà”, che mal si adatta a un mondo di disuguaglianze sociali e di limitazioni dell’autonomia e della libertà degli individui.
L’ideale utopico della solidarietà, per Alexander, ha costituito il fulcro dell’immaginario della civiltà occidentale; tale immaginario, con le rivoluzioni dei secoli XVII e XVIII, si è tradotto in rivoluzioni democratiche che hanno fatto dei sistemi sociali delle comunità regolate costituzionalmente e governate democraticamente. Con la nascita del capitalismo industriale, a cavallo tra la fine del XVII secolo e l’inizio del XIX, le politiche pubbliche per la realizzazione della democrazia politica sono state sostituite da quelle volte a risolvere i problemi della “questione sociale”. Questa, emersa a seguito dell’affermarsi e del diffondersi delle disparità economiche, ha motivato la società civile ad impegnarsi più per una trasformazione del sistema sociale in senso socialista piuttosto che in senso democratico.
Infatti, le politiche pubbliche e gli atteggiamenti della società civile volti a contenere gli esiti negativi del capitalismo industriale hanno condotto alla creazione di “imponenti burocrazie” statali che, nel migliore dei casi, sono servite, con la creazione dello Stato sociale, ad addomesticare il capitalismo con l’affievolimento dei suoi esiti negativi; nel peggiore, con la creazione di uno Stato-caserma, che ha concepito il sistema sociale alla stregua di una grande macchina statocentrica, nella quale tutti gli organi erano comandati da una sala di controllo centrale che esigeva dagli individui comportamenti conformi al funzionamento della macchina. In conseguenza di ciò, le istanze della società civile per la realizzazione di una compiuta democrazia politica sono state in misura diversa sostanzialmente sacrificate.
Lo sviluppo politico più significativo degli ultimi decenni è stata la crisi dello statocentrismo, per cui la società civile ha potuto riappropriarsi delle sue aspirazioni utopiche originarie (sistemi sociali regolati costituzionalmente e governati democraticamente), sino a giungere agli avvenimenti prima accennati che, secondo Alexander, rappresenterebbero la fase ultima di un movimento globale segnato dal prevalere “dell’inclusione sull’esclusione, della solidarietà civile sulla frammentazione e della vittoria della giustizia democratica sulla cinica rassegnazione agli abusi di potere”. In pochissimo tempo, il movimento avrebbe condotto la società civile globale verso una nuova era, con il sovvertimento del modo tradizionale di pensare i problemi della società e dei singoli individui. Si tratterebbe di un sovvertimento che avrebbe concorso a “caricare” di “nuova energie la sinistra” nella formulazione di una critica radicale all’ingiustizia, all’ineguaglianza e agli abusi, non per occupare uno spazio istituzionale, ma per realizzare una sua trasformazione.
Sul come realizzare questa trasformazione Alexader tace, così come tacciono i vari movimenti spontaneisti che si sono affermati e che continuano ad affermarsi nel mondo. Una risposta alle istanze dei movimenti da parte di una sinistra “ricaricata” di nuova energie può essere concepita solo sulla base di un progetto che sia rapportato a tutto ciò che del capitalismo viene rifiutato (esclusione, frammentazione e ingiustizia sociale, mancato potenziamento dell’autonomia e della libertà individuale, ecc.). Di questo progetto dovrà farsi carico solo il socialismo riformista, emendato dei limiti che sono propri della sua azione originaria, orientata a compensare l’incompiutezza della modernizzazione capitalistica e la negatività sociale degli effetti dell’economia di mercato. Il progetto non dovrà negare il ruolo e l’importanza della razionalità economica e delle istituzioni che la rendono possibile; dovrà invece dare una risposta positiva alle istanze dei movimenti spontanei, non attraverso la realizzazione di un sistema economico e sociale alternativo, ma attraverso la realizzazione, da un lato, di un sistema economico e sociale regolato e governato democraticamente sino al punto di pervenire al superamento dei rapporti sociali che non hanno alcuna radice in una qualche forma di solidarietà e dei rapporti con la natura che non hanno alcuna radice in una qualche forma di sensibilità per l’ecosostenibilità dello sviluppo; dall’altro, di condizioni istituzionali in presenza delle quali possa essere compiuto il pieno sviluppo delle individualità.

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