La classe politica non si compra ai saldi

9 Luglio 2012
2 Commenti


Andrea Raggio

L’articolo 51 della Costituzione afferma che tutti i cittadini possono accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza. La norma riguarda uno dei principali diritti di cittadinanza e mira a promuovere il ricambio della classe politica. Oggi l’accesso è frenato dall’alto costo della politica. Sono stato consigliere comunale, provinciale, regionale e deputato europeo. Alle spese della mia candidatura ha provveduto sempre il partito, al quale versavo circa la metà dell’indennità. Questa, quindi, serviva a coprire sia lo stipendio sia il costo elettorale. Le costose campagne elettorali personali non erano ammesse. Il partito filtrava le proposte di candidature, le decideva e in certa misura ne garantiva l’idoneità. Le ricandidature erano decise sulla base del giudizio sul lavoro svolto, il rinnovamento riguardava almeno un terzo degli eletti uscenti. Gli elettori erano messi nella condizione di scegliere disponendo di tuti gli elementi di giudizio. Tutto ciò contribuiva a contenere le spese elettorali e favoriva il ricambio della classe dirigente. Così furono eletti anche cittadini con scarse disponibilità finanziarie: braccianti, contadini, operai, donne e giovani. Nella DC il sostegno ai candidati avveniva utilizzando prevalentemente i canali interni del partito o le organizzazioni sociali fiancheggiatrici, la coldiretti in particolare. Influiva notevolmente la rete clientelare: c’era chi faceva clientela per fare politica e chi faceva politica per fare clientela. Comunque, le spese elettorali erano contenute.
Oggi l’indennità ha sostanzialmente la stessa funzione. La differenza rispetto al passato è che i partiti hanno rinunciano al loro ruolo anche in questo campo, prevalgono le campane elettorali personali e il loro costo è cresciuto moltissimo. Le liste sono formate in gran parte da autocandidature e i candidati sono abbandonati nell’arena elettorale, dove chi ha la meglio è spesso chi ha più soldi o è in grado di fare più debiti. L’organizzazione della politica è parcellizzata, frantumata in gruppi ed entità individuali, ciascuno con la propria autonoma costosa organizzazione. Ecco perché le indennità sono cresciute in misura abnorme. La politica, insomma, è sempre meno nelle mani dei partiti e sempre più in quelle dei singoli operatori. E la partitocrazia senza partiti è la più costosa.
Perciò il taglio delle indennità operato dal Consiglio, opportuno per tante buone ragioni, di per sé non migliora le condizioni di accesso dei cittadini alle cariche pubbliche. Inoltre, la strada seguita per giungere al taglio, quella di un referendum male impostato, invece dell’iniziativa diretta in Consiglio, ha creato degli inconvenienti. Sono stati proposti quesiti referendari estremi, senza alcuna preoccupazione delle conseguenze. L’emendamento sul taglio delle indennità è passato in Consiglio senza discussione e nessuno ha chiesto il rinvio della votazione. Il post referendum è stato gestito peggio. E’ stata provocata la protesta dell’opinione pubblica con la diffusione di una lettura ambigua dell’emendamento che, invece, era chiaro. Ed è stata convocata un’assemblea alle porte del Consiglio nella quale sono stati messi alla gogna, chiamati per nome, i consiglieri regionali. Comportamenti, questi, che hanno fatto divampare l’opinione che classe politica e società civile siano realtà separate e contrapposte. Sono, invece, realtà distinte ma interagenti. La democrazia vive di questa interazione, la mala politica e la casta invece vegetano nella contrapposizione.
Leggo che si stanno raccogliendo firme in calce a una proposta tesa a limitare a tremila euro l’indennità consiliare (che è fatta, ripeto, di stipendio e di costo elettorale). Si vuole, cioè, far credere che la classe politica si possa comprare ai saldi. Queste iniziative possono solo portare a sottrarre la politica all’intervento dei cittadini per lasciarla interamente ai maneggioni e a contrapporre la società civile alla classe politica. Bisogna smettere di far credere che la classe politica sia tutta quanta malata e la cosiddetta società civile, invece, sia tutta acqua cristallina. Che ci sia del marcio nella classe politica e ce ne sia anche nella cosiddetta società civile, è evidente a tutti. E’ anche evidente che i due fenomeni sono in preoccupante espansione perché operano d’intesa e si sostengono a vicenda, a tutto danno dei cittadini. Ed è proprio questo intreccio, sul quale vegeta la casta, che bisogna combattere. Facendo operare pienamente gli articoli 49 e 51 della Costituzione sull’accesso alle cariche pubbliche, con la riduzione dei costi elettorali, e per la riforma dei partiti, offrendo della politica la visione vera, quella di un’attività nobile e appagante non perché arricchisce ma perché incide sulla vita di ciascuno di noi, e dando a tutti la certezza che fare politica non comporta il rischio di finire nella fossa dei leoni.

2 commenti

  • 1 rephael
    9 Luglio 2012 - 16:55

    “…Si vuole, cioè, far credere che la classe politica si possa comprare ai saldi….”….e invece come la può comprare?

  • 2 A.R.
    9 Luglio 2012 - 18:54

    Lei è un acquirente? A.R.

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