Le ragioni del perché la paura è divenuta il più polare dei nostri sentimenti

25 Agosto 2008
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Gianfranco Sabattini

Aldo Schiavone, autorevole Professore di istituzioni di diritto romano e analista dei problemi sociali propri dei paesi che, come l’Italia, si collocano all’interno della parte occidentale del mondo, su “la Repubblica” del 25 giugno scorso, commentando il paradosso delle crescita della paura nelle società più sicure sul piano esistenziale, osserva giustamente che, nonostante l’evidenza della sicurezza, la diffusione del timore e dell’ansia tende a non placarsi. Al contrario, l’insicurezza delle società occidentali pare alimentare il rovesciamento di tutte le possibili conquiste materiali “nel fantasma della loro possibile perdita, nella prefigurazione continua dei pericoli che le minacciano, nell’incubo della loro imminente vanificazione”.
Secondo Schiavone, sarebbe stata la capacità di interpretare e di dare voce al timore ed all’ansia dei cittadini che avrebbe consentito alla destra italiana di aggregare intorno a sé un blocco sociale e culturale compatto e di vincere le ultime elezioni politiche. Contro lo schieramento di destra, quello di centrosinistra, sempre secondo Schiavone, si sarebbe rivelato incapace di tradurre in proposte politiche positive il pessimismo dei cittadini, riducendosi a configurarsi come una parte “ingessata”, lontana dalle attese degli elettori. Tutto ciò avrebbe reso possibile che questi affidassero la cura dei loro timori a forze politiche che, sostituendo la delega alla partecipazione, si sono offerte agli stessi elettori non come portatrici di un “messaggio di riscatto radicale”, ma come portatrici di “cure” assolutamente parziali, prive di una qualsiasi prospettiva di speranza.
Le analisi di Schiavone e di molti altri opinionisti di rango di “la Repubblica”, hanno, in astratto, il vantaggio di “colpire nel segno”, nel senso che descrivono e spiegano, in modo plausibile, le ragioni ed i motivi degli ultimi comportamenti elettorali degli italiani; esse, però, presentano il difetto d’essere affette, per così dire, da “strabismo politico”, per via del fatto che i loro autori imputano le cause degli esiti elettorali indesiderati alle sole forze della destra, trascurando di considerare che l’origine di queste cause sono anche da imputarsi alle forze che da decenni si sono, al contrario, identificate in schieramenti di centrosinistra. Non che con questo si voglia condividere la strumentalizzazione, come hanno fatto le forze della destra nelle ultime elezioni, delle ansie e delle paure dei cittadini; però, Schiavone avrebbe dovuto rinvenire tra i responsabili del “tradimento” della regola democratica della partecipazione nel nostro Paese anche le forze di centrosinistra, per non aver fatto nulla per impedire che l’istituto della rappresentanza fosse conservato a pura e semplice delega. Ciò significa pertanto che le forze che oggi si identificano prevalentemente nel centrosinistra hanno contribuito, al pari delle forze della destra, ad esautorare gli elettori da ogni partecipazione consapevole alla discussione ed alla soluzione dei problemi che a livello politico li riguardavano.
Da dove nasce, infatti, soprattutto in Italia, l’angoscia e la paura dei cittadini? Dopo il secondo conflitto mondiale, le trasformazioni del sistema sociale italiano avrebbero richiesto che a supporto dell’agire responsabile dei cittadini fosse stata promossa la diffusione di una conoscenza e di un’informazione più avanzate rispetto al passato; il fatto che ciò non sia accaduto ha comportato il consolidarsi di uno scarto tra capacità di proposta e di decidere e capacità di prevedere, a causa dell’incapacità di valutare criticamente le conseguenze ultime delle decisioni umane. D’altra parte, il ritardo delle capacità predittive rispetto alle capacità di agire ha fatto sì che il controllo sugli esiti finali della azioni umane fosse fondato sulla paura, la quale è divenuta così il surrogato del deficit predittivo del quale ha sempre sofferto il sistema sociale italiano. Ciò ha comportato diverse conseguenze negative, le principali delle quali possono essere individuate, da un lato, nella permanenza e nella diffusione della paura a causa della tradizionale fedeltà alle “verità rivelate” delle ideologie e dei credi religiosi prevalenti che già di per sé hanno costituito un ostacolo alla diffusione di una conoscenza e di un’informazione qualitativamente all’altezza della complessità dei problemi del Paese; dall’altro, nella conversione, operata di fatto dalle forze politiche che per quarant’anni non sono mai state di destra, dell’istituto della rappresentanza politica in delega “in bianco”, con la conseguente negazione che alla soluzione dei problemi sociali i cittadini partecipassero attraverso il dibattito pubblico. Naturalmente, per una partecipazione responsabile all’assunzione di decisioni appropriate alla complessità dei problemi occorreva disporre di una conoscenza e di un’informazione fondate sul libero dibattito; doveva trattarsi, infatti, di una conoscenza e di un’informazione che dovevano emergere da tale dibattito, ma i cittadini non avevano contezza di ciò di cui avevano bisogno in quanto non erano messi nella condizione di porre le domande appropriate, mentre avrebbero potuto formulare queste domande soltanto sottoponendo all’esame del dibattito pubblico le loro idee su come risolvere i problemi di volta in volta emergenti. Su questa strada le forze politiche del passato non sono riuscite ad inserirsi; ciò, perché hanno privilegiato le ragioni che hanno consentito loro di conservarsi al potere. Né riusciranno ad inserirsi le attuali forze che si identificano nel Partito democratico, finché alcune delle sue anime continueranno, sempre per ragioni elettorali e di potere, a porsi come recapito dei “suggerimenti” di chi coltiva ancora l’interesse a considerare conveniente deprivare i cittadini della conoscenza e dell’informazione necessaria per il loro riscatto dalla condizione di “cittadini a sovranità limitata”.

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