Gonario Francesco Sedda
In questo momento di grave crisi non manca chi segnala il “bisogno di una sola sinistra oltre le alchimie degli attuali partiti”. Tuttavia sembra utile problematizzare sempre i riferimenti sia all’unità (o addirittura all’unicità) della sinistra sia all’essere sinistra.
Unità come compiutezza e indivisibilità? Secondo l’insegnamento della Chiesa: una sola fede, un solo magistero, un solo governo gerarchico?
Unità come connessione di più parti in un complesso organico e/o omogeneo? Oppure (dentro un partito) come coalizione di correnti o tendenze in competizione? O ancora (tra autonomi partiti/movimenti) come coalizione sulla base di un compromesso di programma?
Unità come unicità? Dunque una sola sinistra? Ma allora, anche una sola destra? Quindi bipolarismo perfetto?
La mancanza di una sola sinistra è frutto esclusivo delle “alchimie degli attuali partiti” oppure della “complessità” della società? E in che modo le alchimie (l’artificiosità e la pretestuosità dei comportamenti) distorcerebbero l’originaria unità che impererebbe nella “realtà”? E le alchimie (quando sono tali) non sono esse stesse una segnalazione della difficoltà o incapacità delle parti in causa a ricomporre nella teoria e nell’azione le spinte contradditorie di una realtà “complessa”?
Se scomparissero i confini tra le sinistre, quali sarebbero quelli tra destra e sinistra? In altri termini che cosa è la sinistra rispetto alla destra? Non è proprio nel tentativo di definire il “campo della sinistra” che vengono fuori le differenze nell’azione politica (e nella elaborazione teorica e programmatica che la sottende)? Quali buoni frutti ha portato la guerra “grammaticale” (al servizio della corruttiva ideologia del meno peggio) contro l’uso degli aggettivi che possono qualificare le varie espressioni della “sinistra”?
Insomma: occorre distinguere, non confondere. La distinzione non preclude di per sé la possibilità di mettersi insieme, ma rende l’unità strutturata e verificabile. La confusione genera sempre un groviglio che si può svolgere in tutte le direzioni e in nessuna: con un sicuro fallimento.
Dall’esperienza non viene la conferma che l’unità è sempre e comunque positiva. Unirsi per cosa (con quali obiettivi di breve, medio e lungo periodo)?
Ma neppure la divisione è sempre e comunque positiva. Tuttavia può essere necessario dividersi o mantenere la divisione; e nulla esclude in assoluto che possa essere positivo per la parte che opera o mantiene la divisione oppure per la parte che la subisce oppure per entrambe le parti.
L’unità e la divisione possono trovare una spiegazione solo nell’analisi concreta di ogni situazione concreta (nella sua attualità certo, ma anche nelle sue tendenze di sviluppo).
Non serve il minoritarismo, il settarismo, il ribellismo, la predicazione della “verità”; ma non serve neppure il trasformismo, l’opportunismo, il leaderismo predicatorio o da marketing politico-elettorale, il correntismo subalterno dentro o accanto a “grandi” organizzazioni paralizzate dalle proprie contraddizioni.
Non ci sono formulette buone per tutte le occasioni.
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