Tra vecchi e nuovi qualunquismi quale alternativa?

4 Giugno 2012
Nessun commento


Carlo Dore jr.

Questa storia inizia quasi vent’anni fa, in un’Italia squassata dalle bombe e lacerata dal morso di una crisi economica senza precedenti. Inizia in un’Italia che schiumava rabbia verso una classe politica destinata a sprofondare nel fango delle inchieste di Mani Pulite, in un’Italia che chiedeva legalità e rinnovamento a quelle forse progressiste fino ad allora relegate all’opposizione dalla conventio ad excludendum su cui si fondava il potere del CAF.
Inizia quando un odontotecnico di Gemonio dall’eloquio greve e dalla metafora facile risveglia le pulsioni separatiste di un profondo nord riscopertosi centro propulsivo di un’improvvisa intifada contro la Roma Ladrona; inizia quando un noto imprenditore milanese, con la passione per il calcio, per le TV e per gli stallieri siciliani si pone alla testa di una sorta di santa alleanza tra nordismo secessionista e post-fascismo in doppio petto. Le istanze di moralità politica vengono ben presto soppiantate dall’adorazione per l’uomo solo al comando, la voglia di rinnovamento si traduce in esaltazione dell’efficentismo autoritario: trionfano le ronde padane del “fuori i negher” e del “dagli ai Rom”; trionfa la cultura dell’impunità sempre e comunque, della guerra totale alle toghe rosse, delle veline in Parlamento. E’ una sbornia di qualunquismo, del “qualunquismo cosmico” su cui si fonda la Seconda Repubblica.
Questa storia continua nell’Italia di oggi, ancora costretta a ballare sul baratro di una crisi senza ritorno, ancora avvelenata dalla generalizzata sfiducia verso una classe politica percepita, nel suo complesso, come lontana e inadeguata. I tentativi di Bersani di costruire un’alternativa di governo in grado di traghettare il Paese fuori dalla palude del berlusconismo rischiano di rimanere imbrigliati nell’inestricabile ginepraio di veti incrociati di leader e semileader, primarie e doparie, alleanze e contro-alleanze che, allo stato, paralizza l’azione del centro-sinistra.
E così, nell’incedere della nostra storia, le barzellette del vecchio Cavaliere lasciano spazio agli sberleffi di un ex comico in vena di invettive, riscopertosi, tra un “v.day” e un tweet, vate di una sorta di democrazia fai-da-te. L’insulto diventa prassi, la demolizione delle istituzioni si trasforma nel punto cardine di un preteso programma di governo, l’archiviazione dell’Euro e la nazionalizzazione delle banche vengono declinate come il fondamento di una nuova politica economica, mentre l’Italia agonizza, sommersa dalle matte risate. Gli inidgnados di casa nostra fanno voto di obbedienza al Dio del Blog: Grillo è nuovo; Grillo è fresco; viva Grillo. E’ un’altra sbornia di qualunquismo: di “qualunquismo comico” dopo il “qualunquismo cosmico”. Berlusconi osserva e silenziosamente approva un format in cui non fatica a riconoscersi: a Parma, sono gli officianti del qualunquismo comico a sottrarre all’odiata sinistra la palma di una vittoria sonante.
E il PD? E Bersani? A loro, la nostra storia assegna il compito più difficile: quello di costruire un’alternativa di governo, tra le cartonate di Di Pietro e Vendola, le ambizioni di Renzi, i gazebo di Parisi e Civati. Moralità, trasparenza, rigore, serietà: Bersani e il PD sono chiamati ad intercettare la domanda di rinnovamento che proviene dai principali settori della società civile, a ridare fiducia ad un elettorato sempre più attratto dal rassicurante grigiore dell’astensionismo protestatario. Costruire un’alternativa per cambiare il corso della nostra storia; costruire un’alternativa alla perversa connessione tra qualunquismo cosmico e qualunquismo comico; costruire un’alternativa: o, ancora una volta, una risata ci seppellirà tutti.

0 commenti

  • Non ci sono ancora commenti. Lascia il tuo commento riempendo il form sottostante.

Lascia un commento