Red
La tortura è un crimine. In Italia è la stessa Costituzione a proibire ogni forma di violenza verso i detenuti o i fermati, e tuttavia la legge penale non ha ancora disciplinato questa fattispecie di reato per l’opposizione degli ambienti delle forze di polizia, che sono i possibili autori di questo reato.
Sulla questione è stato lanciato un appello, che pubblichiamo insieme ad un articolo di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, entrambi apparsi su Il Manifesto di venerdì.
L’appello: la tortura è un crimine
In Italia la tortura non è reato. In assenza del crimine di tortura non resta che l’impunità.
La violenza di un pubblico ufficiale nei confronti di un cittadino non è una violenza privata. Riguarda tutti noi, poiché è messa in atto da colui che dovrebbe invece tutelarci, da liberi e da detenuti.
Sono venticinque anni che l’Italia è inadempiente rispetto a quanto richiesto dalla Convezione contro la tortura delle Nazioni Unite, che il nostro Paese ha ratificato: prevedere il crimine di tortura all’interno degli ordinamenti dei singoli Paesi.
Quanto accaduto nel 2001 alla scuola Diaz ha ricordato a tutti che la tortura non riguarda solo luoghi lontani ma anche le nostre grandi democrazie. Il caso di Stefano Cucchi, la recente sentenza di un giudice di Asti e tanti altri episodi dimostrano che riguarda anche l’Italia.
Per questo chiediamo al Parlamento di approvare subito una legge che introduca il crimine di tortura nel nostro codice penale, riproducendo la stessa definizione presente nel Trattato Onu.
Una sola norma già scritta in un atto internazionale. Per approvarla ci vuole molto poco.
Primi firmatari:
Andrea Camilleri, Massimo Carlotto, Ascanio Celestini, Cristina Comencini,Erri De Luca, Luigi Ferrajoli, Rita Levi Montalcini, Elena Paciotti, Mauro Palma,Stefano Rodotà, Rossana Rossanda, Daniele Vicari
E dal mondo della giustizia e dei diritti umani
Don Luigi Ciotti (Libera, Gruppo Abele), Franco Corleone (coord. Garanti territoriali), Daniela De Robert (Usigrai, Vic - Caritas), Roberto Di Giovan Paolo (Forum salute in carcere), Ornella Favero (Ristretti Orizzonti), Elisabetta Laganà (CNVG),Luigi Manconi (A buon diritto), Alessandro Margara (ex capo Dap), Carlo Renoldi (Magistratura Democratica),Marco Solimano (Arci),Valerio Spigarelli (Ucpi), Irene Testa (Detenuto Ignoto),Christine Weise (Amnesty International).
Ecco sulla questione la riflessione dal titolo “Un reato fantasma ma è l’unico chiesto dalla Costituzione” di
PATRIZIO GONNELLA, Presidente di Antigone
Per il diritto internazionale la tortura è un crimine contro l’umanità. Per l’Italia la tortura non è un crimine. Ci vuole una legge subito. LEGGI E SOTTOSCRIVI L’APPELLO: Una questione di civiltà
Secondo il diritto internazionale la tortura è un crimine contro l’umanità. Secondo il legislatore italiano la tortura non è un crimine. Preoccupazioni politiche, timori da parte delle forze di polizia, indifferenza tipicamente italica verso l’ordinamento internazionale hanno determinato questa intollerabile lacuna normativa.
Il primo disegno di legge diretto a introdurre nel codice penale il crimine di tortura fu depositato a Palazzo Madama il 4 aprile del 1989 dal senatore del Pci Nereo Battello. L’ultimo in ordine cronologico è stato presentato dal senatore del Pd Pietro Marcenaro lo scorso 17 aprile. Risale al 1984 la Convenzione delle Nazioni Unite che qualifica la tortura quale un delitto non soggetto a prescrizione, sempre perseguibile di ufficio, che può essere commesso solo da un pubblico ufficiale e con l’intento specifico di estorcere una confessione o di umiliare la vittima. Il contenuto del crimine è l’inflizione di una sofferenza fisica o psichica.
In questi 28 anni si è consumata una vergogna italiana. Molte volte dalle pagine di questo giornale l’abbiamo raccontata. Tante volte si è arrivati vicino alla approvazione della legge, ma azioni e omissioni di destra e qualche volta di sinistra lo hanno impedito. E’ ora di ripartire.
C’è tutto il tempo affinché, prima della fine della vigente legislatura, si arrivi all’introduzione del reato di tortura nell’ordinamento italiano. Basta limitarsi a riprodurre la definizione del crimine presente nel trattato Onu, aggiungendovi le sanzioni, la giurisdizione universale e la previsione di imprescrittibilità. Un quarto dei senatori ha già sottoscritto una proposta in tal senso, la cui prima firmataria è la parlamentare radicale Poretti. La si discuta e la si approvi subito. Ci vuole non più di un’ora di lavoro. Quella sulla tortura è una legge costituzionalmente dovuta. La sola volta in cui nella nostra Carta si usa il termine «punizione» è infatti proprio all’articolo tredici, dove i nostri costituenti hanno testualmente scritto che va «punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà». La tortura è l’unico delitto costituzionalmente necessario. Invece abbiamo previsto reati di tutti i tipi tranne quello.
La legislazione attuale è palesemente insufficiente. I reati presenti nel codice Rocco e a volte evocati come capaci di supplire alla mancanza hanno tempi di prescrizione molto rapidi, richiedono la querela di parte e non contemplano mai le torture psicologiche. Dice Mauro Palma, che per anni ha presieduto il Comitato europeo per la prevenzione della tortura, che la presenza del crimine di tortura nel codice penale è condizione necessaria ma non sufficiente per punire i torturatori. Bisogna anche che i giudici siano disposti ad applicare l’eventuale norma.
Per questo abbiamo deciso di riprendere una campagna politica e culturale che tenda a questo obiettivo minimo di civiltà. La tortura è un crimine che protegge il bene sommo della dignità umana. L’Italia, così attenta all’Europa, dovrebbe ricordarsi che nelle norme di apertura del Trattato di Lisbona della Ue vi è la proibizione categorica e senza eccezioni della tortura. L’Italia dovrebbe attivarsi anche per ratificare al più presto il Protocollo Opzionale alla Convenzione Onu contro la tortura, che prevede la nascita di un meccanismo ispettivo su scala globale nonché l’istituzione di un organismo nazionale indipendente di controllo di tutti i luoghi di detenzione. I diritti umani sono uno strumento di trasformazione culturale, politica e sociale. Non vanno ridotti a mera retorica.
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