Sulla scia di Hollande quale alternativa in Italia?

12 Maggio 2012
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Alfiero Grandi

La vittoria di Hollande in Francia ha dato una spinta per fare uscire l’Europa dalla cappa opprimente dell’egemonia neoliberale che ha imposto pesantissimi tagli alla spesa sociale, ha condannato alla recessione e alla crescita della disoccupazione, di cui purtroppo la Grecia continua ad essere sfortunata capofila. Non si è esitato a condannare la Grecia al dramma sociale, fino a sconvolgerne il quadro democratico con l’elezione in parlamento di un gruppo dichiaratamente fascista. Troppi hanno girato la testa dall’altra parte accettando di fare svolgere alla Grecia il ruolo del reprobo in Europa, alla faccia della solidarietà e del modello europeo.
L’egemonia neoliberale è un pericoloso nemico dell’Unione europea, per di più responsabile della crisi, e mentre costringe i paesi più deboli a pagare tassi usurai sul debito pubblico la Germania non riesce a collocare i suoi “bund” perché rendono troppo poco.
Tra qualche settimana sapremo se la vittoria di Hollande verrà ulteriormente rafforzata dal voto per il nuovo parlamento francese. Questa opportunità l’Italia deve coglierla non solo infilandosi nella scia di Hollande ma cercando di rafforzarne l’impatto per dare una sterzata in Europa. Aggiungere alla linea della Merkel quella di Hollande è un’utopia.
Prodi ha detto che la finanza espropria i governi e umilia la politica. La politica, in particolare la sinistra, deve cercare di non farsi umiliare e cogliere questa opportunità per mettere le briglie alla finanza, impedirne gli effetti sregolati sugli Stati, sull’economia reale, sull’occupazione.
E’ vero che decisioni fondamentali debbono essere prese a livello europeo, come i bond europei, il ruolo della Bce per lo sviluppo, la Tobin tax, ecc. Tuttavia per arrivare a queste scelte occorre ingaggiare iniziative a livello nazionale sia per aiutare la realizzazione degli obiettivi europei che per rimuovere il tabù che porta gli Stati a mettere nuove tasse per salvare le banche ma non a decidere di fare pagare ai più ricchi le misure per favorire l’occupazione e l’uscita dalla crisi.
Lo Stato oggi non ha possibilità limitate ma non è un cane morto, invece può e deve svolgere un ruolo contro le crescenti disuguaglianze e per la collocazione delle risorse a favore delle aree sociali più deboli e a sostegno dell’occupazione, anche per aiutare la ripresa della domanda interna.
E’ molto interessante la proposta di Fassina di rinviare l’approvazione del fiscal compact (nuovo trattato europeo) per ricontrattare i tempi del pareggio di bilancio in Italia, in modo a recuperare un punto di Pil (16 miliardi) per sostenere occupazione e ripresa economica. Questo inoltre potrebbe contribuire ad alleggerire anche la situazione di altri paesi a partire dalla Grecia.
Occorre lavorare a livello europeo ma anche a livello nazionale, dove non si può attendere a braccia conserte il risultato in Europa, che infatti in buona parte dipende, come dimostra il voto francese, anche dagli spazi che si aprono nei singoli paesi.
Per questo occorre capire bene cosa fare dopo il voto amministrativo in Italia. Anzitutto occorre portare fino in fondo la sfida e cercare di vincere gli spareggi nei comuni tra pochi giorni.
Il rischio della situazione italiana è evidente e dal voto esce con chiarezza un quadro preoccupante. La disaffezione degli elettori, l’onda antipolitica crescono e investono anzitutto i partiti che hanno deluso come Pdl e Lega, aprendo un’enorme crisi di rappresentanza del voto conservatore, che l’Udc non intercetta.
Il centro sinistra malgrado sia stato dichiarato in più riprese estinto vince e consente al Pd di rendere meno evidente anche il suo calo di rappresentatività.
L’Unità ha titolato: il Pd solo tra le macerie. Premesso che non era solo, era anche un poco meno forte. In realtà il punto di tenuta politica è la coalizione di centro sinistra, a volte più ampia, a volte meno, ma la sostanza è quella.
Nei giorni scorsi si sono sentite affermazioni poco meditate. Pd a vocazione maggioritaria (si torna al Veltroni della sconfitta del 2008 ?). Prematuro pensare alle elezioni politiche con la foto di Vasto (la foto va allargata non ristretta). Non si può tornare all’Ulivo (a volte si dice all’Unione).
Tutte affermazioni che non portano da nessuna parte e per di più sconfessate dal voto che ha premiato la coalizione di centro sinistra perché nessuno spezzone, compreso il Pd, può farcela da solo di fronte ai compiti immani di portare l’Italia fuori dalla crisi, di cambiarne il modello di sviluppo.
La tentazione di parti crescenti della società di autorappresentarsi conferma la distanza di buona parte dell’attenzione dei partiti dai problemi che interessano le persone in carne ed ossa e dalle modalità confuse e minimaliste con cui vengono proposte le soluzioni. Anche questo è un problema da risolvere, senza un contributo di partecipazione di massa non si riuscirà a realizzare politiche degne di questo nome e per farlo occorre stabilire un rapporto solido con la società.
Occorre non perdere tempo, le elezioni incombono, anche se si svolgessero tra un anno. Sono il chiodo fisso dei partiti e del paese. Del resto i ben noti mercati chiedono di sapere cosa sarà dell’Italia.
Per questo la coalizione di cento sinistra, politica e sociale, deve ritrovarsi prima possibile a discutere dei problemi dell’Italia e delle soluzioni. In sostanza del loro programma, stringato ed efficace, da proporre al paese, che è con il morale a terra, sfiduciato e ha bisogno di avere una speranza, un’idea di futuro per sé e per l’Europa.
Un lavoro come questo non può essere il risultato del lavoro di aree ristrette, di un’élite. Oggi non basterebbe neppure un’esperienza, pur positiva, come la “fabbrica per il programma” di Prodi. Il riferimento semmai è l’esperienza dei referendum che hanno visto milioni di persone impegnarsi attivamente a sostegno degli obiettivi.
Per questo lavoro occorre nettezza e capacità di ascolto, e tempo. Occorre partire ora, rinviare vorrebbe dire sottovalutare i problemi.
Un esempio. Oggi sembra esserci un largo accordo, o forse un disaccordo nascosto, sulla proposta di introdurre la Tobin tax. Tuttavia sottovalutare la portata politica della sua introduzione come se fosse scontata sarebbe un grave errore e potremmo assistere ad una discussione inconcludente ancora per molto tempo. Merkel ha chiarito la posizione dei conservatori: Si, ma solo con l’accordo di tutti, cioè mai. Perché il pareggio di bilancio può essere introdotto anche senza l’unanimità dei paesi europei ma la Tobin tax no?
Il parlamento italiano ha già sbagliato ad inserire in Costituzione il pareggio di bilancio facendone la teoria economica di stato, ora deve dare prova di essere in grado almeno di approvare la Tobin tax che come è noto entrerebbe in vigore solo quando un certo numero di paesi l’avrà approvata, esattamente come il fiscal compact. Questo è un impegno nazionale che collocherebbe l’Italia tra i motori del cambiamento, anziché tra i frenatori. Sarebbe un modo per iniziare a creare un nuovo rapporto tra movimenti e partiti di centro sinistra.
E’ solo un esempio, altri obiettivi potrebbero essere posti in questo modo puntando a recuperare un rapporto tra mobilitazione popolare e programma politico di un rinnovato e coraggioso centrosinistra.
L’alternativa è un lento deliquio in una crescente indifferenza, o peggio.

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