I francesi con Hollande contro il suicidio dell’Europa

24 Aprile 2012
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Amsicora

Tutto secondo previsione o meglio secondo sondaggi. Il candidato socialista alle presidenziali francesi, Francois Hollande, si aggiudica il primo turno, raccogliendo il 28,63% dei consensi. Se la vedrà al ballottaggio col presidente in carica, Nicolas Sarkozy, che si è fermato al 27,08%. Seppure la partita resta aperta, i sondaggi danno per favorito il primo, con un 54 a 46%. Intanto si registra il boom della candidata di estrema destra Marine Le Pen, che ha il 18,01%; non male neppure la sinistra radicale col suo 10%.
Su questo voto ormai si è detto tutto. Ma non vi sembra straordinario che in Francia concorra alle presidenziali un partito che non si vergogna di chiamarsi socialista. Insomma, esiste un partito che ancora oggi compete alla massima carica nazionale mantenendo il suo vecchio ancoraggio alla tradizione del movimento operaio. Certo, obietterete, è un riferimento solo nominale, senza alcun aggancio sostanziale a quella gloriosa storia. Ed è vero. Tuttavia, pensate che Veltroni, Fassino, D’Alema e Bersani hanno gettato alle ortiche la bandiera rossa, disancorandosi da qualunque storia e così, formando un partito privo di identità e di mordente. Un’entità senza bandiera, rissosa, priva di schiena e incapace di avere una linea e di destare passioni.
Buone notizie, dunque, dalla Francia. Ma senza illusioni. Se Hollande vincerà non attendetevi mutamenti radicali. I lavoratori non spezzeranno le loro catene, tireranno sempre la carretta. Invece, ci sarà senz’altro un cambio nella politica economica. Dall’iperliberismo, attuale si passerà ad un liberismo temperato. Si porrà un freno alla deriva rigore-recessione-rigore-recessione, alla fine della quale c’è solo il baratro. Non sono pochi, né i meno autorevoli, gli economisti (addirittura molti Nobel) su scala mondiale che giudicano che l’asse Merkel-Sarkozy (da noi Monti) i traghettatori dell’Europa verso il suicidio. Negli Usa molti ci danno già per spacciati. Non vedono alcuna possibilità di ripresa da una politica che massacra i consumi e accresce l’arricchimento di pochi. Una realtà simile - mutatis mutandis - a quella ad esempio pre-rivoluzione francese, nella quale una casta superprivilegiata si accapparrava gran parte della ricchezza ingessando ogni iniziativa dei ceti sociali più dinamici.
Bene Hollande, se ce la farà, lavorerà a mettere fine a questa spirale recessiva. Più attenzione al lavoro, al potere d’acquisto e alle condizioni delle masse, che vuol dire crescita dei consumi e rimessa in movimento dell’economia, ora stagnante, anzi recedente. L’unico modo, fra l’altro, per battere il populismo di destra, che del malessere dei ceti subalterni senza risposta e del malaffare politico traggono alimento.
Dunque, al di là del richiamo al socialismo, prende risalto anche un’altra differenza fra la situazione francese e quella nostrana. Hollande lancia la sfida del governo a Sarkozy, Bersani, con sondaggi mai così favorevoli (20 punti di vantaggio sull’ultimo Berlusconi), si allea con il PdL. Rinuncia ad assumersi la responsabilità del governo. Appoggia una variante non buffona dell’iperliberismo berlusconiano, ma, sostanzialmente, non meno devastante dal punto di vista sociale rispetto a quello. Non solo. Neppure prova ad imporre a Monti un temperamento della politica economica. Accetta tutto. E quando alza la voce, lo fa non motu proprio (nel PD ogni scelta di linea è impossibile, date le divisioni interne), ma perché il mondo del lavoro e la CGIL (non solo la FIOM) sono scesi sul piede di guerra, a seguito della politica del rigore senza crescita e dell’attacco duro ai diritti dei lavoratori.
Ed allora? Allora, forza Hollande! Non farai una politica socialista, ma tempererai gli istinti selvaggi del capitalismo e tenterai di scongiurare la vocazione al suicidio dell’UE. In tempi tristi per la sinistra (ma anche per la borghesia produttiva), questo è già un buon risultato.

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