Alfiero Grandi
Forse Gramsci può aiutarci. In questa fase dobbiamo fare appello all’ottimismo della volontà e al pessimismo dell’intelligenza.
Prima o poi il Governo Berlusconi doveva cadere. Ovviamente prima avveniva meglio era. Purtroppo la situazione lasciata dal Governo Berlusconi è molto peggiore di quanto si poteva immaginare. Non mi riferisco solo alla situazione economica e a quella dei conti pubblici, che pure sono aspetti fondamentali, ma ad un vero e proprio regime politico arrogante e pervasivo, ad un’etica pubblica sempre più in disfacimento, le cui metastasi hanno colpito in profondità l’organismo politico e sociale del nostro paese.
Purtroppo anche la parte del paese che avrebbe dovuto reagire e così mantenersi vitale – proprio in vista della fine del regime – non sempre è riuscita a dare una speranza alternativa di futuro.
Il Governo Berlusconi è caduto ma sono fin troppi gli elementi di continuità politica che troviamo nel Governo Monti, ovviamente depurata dal “bunga bunga”. Del resto la base parlamentare su cui si è retto Berlusconi fino alla crisi di Governo resiste arroccata in una strenua autodifesa e condiziona pesantemente l’attuale Governo – come si è visto – sulle liberalizzazioni, sulla Rai, sulle concessione delle nuove frequenze (depista il nome di beauty contest).
Il massimo condizionamento delle truppe parlamentari berlusconiane ora sta nello spingere il Governo Monti allo scontro con i sindacati, in particolare con la Cgil, sull’articolo 18. In verità Monti non ha fatto certo resistenza a questa pressione.
Anche tenendo conto di come la crisi del Governo Berlusconi sia avvenuta perché si è arrivati ad una crisi di credibilità a livello internazionale mai vista prima, ci sono provvedimenti del Governo Monti ugualmente indigeribili, che non sono né obbligati, né accettabili e la manomissione dell’articolo 18 primeggia tra questi, così come lo è la manovra sulle pensioni che ha lasciato almeno 350.000 lavoratori nella terra di nessuno di chi è senza lavoro e senza pensione, per non parlare dei milioni a cui è stata cambiata la vita alzando l’età di pensione all’improvviso.
E’ vero che l’opposizione non è riuscita a fare crollare il Governo Berlusconi con la sua iniziativa, quindi il quadro politico che ne è risultato dopo ha una forte impronta conservatrice. Il Governo Monti sembra convinto che i guai dell’Italia si risolveranno d’incanto togliendo i vincoli al mercato. Per questo risulta sempre meno comprensibile che una parte decisiva della precedente opposizione debba sobbarcarsi il sostegno a misure contraddittorie con la sua impostazione, con i suoi valori.
Il vero argomento forte del Governo, confermato dai sondaggi su Monti, è il timore diffuso nel paese di finire come la Grecia. La Grecia è usata spregiudicatamente come lo spauracchio per annichilire l’opinione pubblica italiana e condurla ad un certo grado di rassegnazione.
La situazione finanziaria ed economica dell’Italia era certamente difficile e andava affrontata con decisione, ma pochi ricordano che nel 2007 il debito era già sceso ad un rapporto con il Pil del 103% e che alla fine del 2011 – con il Governo Berlusconi – era arrivato al 120%, cioè alla percentuale di 15 anni fa. La situazione difficile poteva essere affrontata in modo diverso, come del resto conferma anche Bersani quando dichiara che un Governo con la presenza del Pd adotterebbe misure di altro tenore. In sostanza il Pd sostiene le proposte del Governo Monti in nome dell’emergenza, ma non si identifica con il Governo: un equilibrio difficile da trovare, come si è visto sull’articolo 18.
Il punto di partenza per ogni discorso è proprio questo: c’erano altre vie possibili? Perché se, data la crisi, il rimedio possibile era uno solo ci sarebbe poco spazio per protestare. Per questo è centrale il merito della situazione e quindi delle misure da adottare: perché le conseguenze di schieramento ne discendono, ed è proprio questo il punto lasciato spesso fin troppo in ombra nell’ambito dello schieramento che fu di centro-sinistra.
Se le uniche misure possibili per affrontare la situazione di crisi sono quelle adottate dal Governo Monti c’è poco da fare. Ma se un’altra impostazione fosse possibile anche la sopravvivenza del Governo dei tecnici ne risentirebbe. Il problema è dunque mettere in campo delle proposte.
Del resto l’anomalia della situazione è avvertita anche dagli estensori dell’appello a prima firma Zagrebelsky, che non a caso chiedono ai cittadini di ridiventare protagonisti, in vista dell’auspicato ritorno ad una normale dialettica democratica, con la possibilità cioè di scegliere tra alternative politiche. Per avere alternative politiche occorrono letture diverse, da cui discendono rimedi diversi, con scelte alternative chiare e nette.
La novità è che sull’articolo 18 si è consumata la luna di miele tra il Governo Monti e una larga parte dell’opinione pubblica italiana. Del resto il Governo Monti tende a ristrutturare pesantemente il quadro politico, compreso il centro-sinistra: infatti tende ad aggravare la crisi di credibilità dei partiti, che tuttavia sono strumenti indispensabili per proporre sia le alternative politiche che i gruppi dirigenti per governarle.
Siamo abituati da tempo a sentire proporre ad ogni pié sospinto il ruolo dell’esperto per risolvere i problemi. Il Governo Monti partecipa di questo clima nevroticamente alla ricerca dell’esperto di turno a cui affidare le proprie sorti. Per di più non viene trascurata occasione per ricordare che i tecnici sono stati chiamati per affrontare una fase difficile che la “politica” non sarebbe stata in grado di affrontare, con il corollario di ovvietà che per curare una “malattia” come questa occorre somministrare una medicina amara.
La questione principale oggi non è se si arriverà alla scadenza naturale del voto, probabilmente sarà questa la scadenza, ma è come ci si arriverà. Se cioè il paese potrà finalmente pronunciarsi su proposte alternative, scegliendo tra opzioni politiche diverse. Operano diversità di valutazione della fase economica e del risanamento dei conti pubblici come distinzione di fondo, anche se non mancano altri problemi importanti da affrontare, tra cui si può evidenziare il problema della scuola e del complessivo sistema educativo.
La Francia sceglierà tra qualche settimana tra opzioni diverse, ben distinguibili. Tanto è vero che tutta la destra europea è scesa in campo a sostegno di Sarkozy. Perché l’Italia non dovrebbe scegliere come farà la Francia tra qualche settimana?
L’uso spregiudicato della retorica degli interventi fatti in nome dei giovani contro i più anziani ha già fatto vittime proprio tra i giovani. Infatti se restano al lavoro più a lungo i lavoratori più anziani, che sarebbero andati in pensione, diminuiranno le possibilità di entrare nel mercato del lavoro dei giovani, tanto più in fase di occupazione calante. Infatti il provvedimento pensionistico adottato dal Governo Monti non è affatto a favore dei giovani, ma solo punitivo verso i lavoratori più anziani. Rispondere che in futuro aumenteranno i posti di lavoro vuol dire che per un lungo periodo l’occupazione in Italia non aumenterà, anzi impiegherà molto tempo per tornare al livello precedente. Avere alzato l’età pensionabile all’improvviso produrrà l’effetto di lasciare più giovani disoccupati o, in alternativa, di condannare alla disoccupazione, e alla miseria, gli eventuali licenziati.
C’era bisogno di risorse? Vero! Andavano trovate rapidamente perché la disastrosa situazione della finanza pubblica lasciata da Berlusconi non consentiva ritardi ulteriori., ma era possibile una politica di prelievi del tutto diversa da quella attuata dal Governo Montil, basta ricordare le titubanze del Governo Monti verso gli “scudati” e verso i capitali, vecchi e nuovi, esportati illegalmente in Svizzera. Anzi neppure si capiscono le titubanze di Monti sulla patrimoniale, un momento dipinta come strumento che fa fuggire i capitali e nell’altro come già realizzata. Eppure se ci fosse accordo sulla patrimoniale si potrebbe realizzare un pacchetto ben diverso di misure di sostegno allo sviluppo. Inoltre proprio la campagna eclatante contro gli evasori mette sotto il naso di tutti che ci sono settori della società che non risentono della crisi, e che anzi durante la crisi hanno aumentato patrimonio e redditi. Quindi un contributo potrebbe e dovrebbe essere richiesto a questi soggetti. Per fare cosa? Anzitutto per riattivare la domanda interna, che risente in modo drammatico della caduta dei redditi reali dei livelli medio-bassi, al punto da relegare il nostro paese a fanalino di coda in Europa dei salari dei lavoratori.
Si dice che c’è un problema di produttività. Certo che c’è, ma dipende direttamente dalla scelta di puntare, anziché su investimenti e innovazione, su un meccanismo usa e getta applicato al lavoro. Precarietà anziché coinvolgimento. Ad esempio la Volkswagen durante la crisi ha scelto di ridurre l’orario di lavoro e di ricorrere massicciamente alla solidarietà, senza licenziare, e ora che l’attività è ripresa ha riassorbito i lavoratori ad orario ridotto e ha distribuito premi salariali invidiabili, mentre si avvia a diventare leader mondiale. Il coinvolgimento di chi lavora può essere non solo per produrre più e meglio ma anche per migliorarne le condizioni.
In Italia Marchionne spadroneggia alla Fiat, mette al bando un’organizzazione sindacale come la Fiom, riportando il nostro paese agli anni bui delle discriminazioni antisindacali. Quando il padrone decideva chi poteva operare nel luogo di lavoro e chi no. Il Governo Berlusconi ha offerto a Marchionne un assist come l’articolo 8, che consente alla Fiat di derogare a tutto, contratti e leggi, con il solo accordo dei sindacati consenzienti. Monti aveva la possibilità di cambiare registro, invece ha riconosciuto alla Fiat libertà di decisione, e ne ha ricevuto in cambio un immediato endorsement di Marchionne.
Se Obama avesse ragionato così la Chrysler avrebbe chiuso e la Fiat non avrebbe messo piede negli Usa. I Governi esistono per porre condizioni ed obiettivi, pure mettendo sul piatto propri possibili interventi, quando è necessario, anche ricordando quanto è stato fatto in passato.
L’articolo 18 è assurto alle cronache come il saracino da infilzare per convincere i mercati e per soddisfare il decalogo della Bce. Questo accanimento del Governo Monti sull’articolo 18 si spiega solo perché il Governo si era già impegnato a neutralizzarlo. La famosa lettera della Bce era un decalogo per il Governo italiano a cui si poteva resistere dimostrando che c’erano altre vie possibili. Se non si reagisce si finisce con il discutere solo delle modalità di applicazione, non se sia quella la scelta più valida.
Per inciso dire “tecnici” cosa significa in realtà? Era tecnico anche Ciampi ma ha fatto della concertazione con le parti sociali un punto di forza della sua fase politica. Ora è il contrario. L’insistenza ora è piuttosto sul procedere comunque, anche nel disaccordo, perché questa sarebbe una facoltà di un Governo tecnico che non si misura alle elezioni. Non viene anche da atteggiamenti come questo un’ulteriore caduta della credibilità dei partiti?
Ora quello che fu il centro-sinistra (difficile trovare un modo di definirlo) deve decidere cosa fare.
C’è chi pensa che il Governo Monti sia il Governo del centro-sinistra e lo afferma in piena sintonia con i centristi. Il corollario non può che essere cercare di prolungare la durata di questo Governo, in un modo o nell’altro. E’ evidente che il “partito” che vuole prolungare questa fase politica è in pieno movimento.
C’è chi pensa che il Governo Monti debba arrivare alle elezioni nel 2013 e che poi dovrà lasciare il campo ad una normale dialettica tra alternative politiche. E’ una posizione più accettabile ma ha un punto debole e parecchie ambiguità: difficile sostenere questa fase e rivendicarne una alternativa. Si può seriamente pensare che Monti arriverà al 2013, avendo svolto il suo ruolo con determinazione e contando sull’arrendevolezza di chi lo sostiene, per poi dire “ora basta”, “arrivederci e grazie? In realtà arrivare all’appuntamento elettorale senza affrontare prima possibile la discussione sulle scelte da compiere è un modo per fare un enorme favore alla prima posizione, perché a quel punto sarà molto difficile trovare gli argomenti e la forza politica per reagire, rivendicando il pur legittimo ruolo dei partiti.
In realtà l’unico modo per preparare il ritorno alla normale, fisiologica dialettica tra opzioni politiche alternative è quello di preparare prima possibile il programma e di seguito lo schieramento alternativo di centro-sinistra.
Per tutta un fase sono state enfatizzate le primarie, come se i campi in cui svolgerle fossero definiti ed immodificabili. Ora è chiaro che il problema è molto più consistente. Anche tralasciando tanti incidenti di percorso, le primarie non bastano a definire un campo politico alternativo. Anzi se non c’è una definizione dei contenuti di fondo potrebbero esserci sorprese di non poco conto anche negli schieramenti.
Certo è anche necessario sapere se ci sarà o meno una nuova legge elettorale e quale sarà.
Dunque non stiamo parlando solo della competizione tra gruppi dirigenti ma dei fondamentali del nostro paese.
Nell’impostazione del Governo Monti, tralasciando – si fa per dire – i problemi di equità, ci sono seri limiti che riguardano il modello di sviluppo.
Il primo bivio è tra arretramento per sacrificare tutto al moloch del debito o puntare sulla ripresa economica, anche per ridurlo.
Per rilanciare l’economia occorrono investimenti pubblici e privati e un quadro europeo non ossessionato dal debito. Le risorse, almeno per parte italiana, debbono per forza di cose essere reperite negli strati abbienti, con la lotta all’evasione, ma non solo.
Il secondo bivio è il modello di sviluppo. La ripresa economica non può essere vista come un modo per tornare al punto di partenza. Occorre innovare profondamente il modello di sviluppo in campi essenziali come l’energia e l’ambiente.
Un processo come questo non è racchiudibile solo nei partiti. Occorre una grande partecipazione, impegnata ed impegnativa, che consenta alla popolazione di riconoscere come propria la rappresentanza politica. Occorre la partecipazione delle persone, a partire dai lavoratori e dai giovani e delle forze sociali organizzate, a partire dal sindacato.
Importante in un processo come questo è farsi aiutare dalle competenze economiche e finanziarie per mettere a punto idee e proposte. E’ un lavoro che richiede tempo e capacità di sintesi, e certo durante la sua costruzione farebbe emergere le differenze, anche dal Governo Monti.
Chi dovrebbe partecipare alla costruzione dello schieramento di centro-sinistra? Tutti quelli che lo vogliono, senza pregiudiziali. Definita la piattaforma comune saranno meglio affrontabili anche i problemi di schieramento. Il bisogno di trasparenza e coerenza è tanto e la piattaforma dovrà essere la guida verificabile degli atti del futuro Governo di alternativa e, perché no, anche rispetto al Governo Monti.
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