Zedda, che c’entrano le gare d’appalto con la cultura?

16 Marzo 2012
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Gianna Lai

L’altro giorno Vendola in TV, da Fabio Fazio, ci ha affascinato con la sua visione di un mondo centrato sul lavoro, sulla dignità delle persone, sull’uguaglianza, la pace e la cultura. Bertinotti ieri (insieme a Massimo Zedda) all’Hotel Mediterraneo di Cagliari e avant’ieri su “Sardegna Quotidiano” ha lanciato una critica serrata e definitiva al neoliberismo, che tutto riduce a merce e sacrifica al mercato. Anche la democrazia, oggi sospesa. Musica alle orecchie di chi, nei movimenti e nelle associazioni, svolge un’azione continua e certosina per il lavoro e l’occupazione, in difesa dell’ambiente e del nostro patrimonio culturale (anzitutto, a Cagliari, Tuvixeddu) e la scuola pubblica. Non è una nota stonata in questo contesto la proposta dell’Assessore comunale alla Cultura di assegnare con gare d’appalto gli spazi comunali da destinare alla cultura? La gara e la concorrenza non sono i motori del mercato? E le gare non hanno come destinatari le imprese? Non le vincono gli imprenditori con più soldi?  Che c’entrano le associazioni culturali e i movimenti? Agli uomini e alle donne di buona volontà, che tanto fanno per la civiltà della nostra città, chi ci pensa?  Zedda non è stato eletto anche per dare voce e gambe a questa realtà democratica? O la democrazia, almeno quella sostanziale, è sospesa anche a Cagliari?
Sulla questione pubblichiamo una riflessione di Gianna Lai.

 Cagliari è città culturale. Associazionismo, gruppi teatrali, organizzazione di spettacoli. Se non fosse per le restrizioni, che sempre hanno caratterizzato la politica dell’Amministrazione locale, ci sarebbe stata una ulteriore crescita in questi anni, e potrebbe esserci ancora uno sviluppo dei questa importante presenza.
Nei giorni scorsi la Commissione Cultura del Comune, insieme all’Assessore, hanno incontrato al Teatro Massimo le associazioni cittadine: sembra che il Comune stia sperimentando una sorta di simulazione di gare d’appalto, da verificare ancora in concreto, attraverso le quali attribuire locali e spazi. Si dice di voler promuovere la creatività e la partecipazione, col confronto di proposte che vengano direttamente dal mondo dell’associazionismo. Non è chiaro ancora se, a conclusione di questa “gara”, i partecipanti dovranno pagare solo le spese vive dello spazio assegnato, e questo sarebbe del tutto naturale, oppure un vero e proprio affitto al Comune, ed allora la cosa diventerebbe davvero complicata. E chi non vince la gara, ma svolge attitività socialmente utili?
Pensiamo non si debba proporre alle associazioni una vera e propria gara d’appalto, che definisca chi può accollarsi le spese di gestione e di esercizio dei locali, messi semplicemente sul mercato dal Comune. La cultura non può essere “appaltata”. Dove troverebbero i soldi le centinaia di persone che hanno partecipato l’altra sera all’incontro del Massimo, se nessuno mai, facendo teatro o sostenendo associazioni culturali, ha lucrato profitti in questi anni, nè si sogna di farlo adesso?
C’è una richiesta cittadina pressante e continua di spazi per fare cultura e attività sociali, ed anzi possiamo dire che Massimo Zedda aveva dato grandi speranze durante la campagna elettorale, ed anche nei mesi scorsi quando, alle associazioni che sollecitavano politiche di intervento culturale, era stato risposto che l’amministrazione stava procedendo all’individuazione dei numerosissimi stabili e spazi comunali inutilizzati. La democrazia si esercita se ci sono spazi autogestiti dove le persone si incontrano e discutono e prendono decisioni, e coinvolgono il territorio in iniziative, dibattiti, spettacoli. Se i luoghi mancano, se ogni attività deve essere pagata, la democrazia muore, e la cultura insieme. Lo abbiamo visto nei giorni scorsi col Teatro dell’Arco, destinato dal Demanio non al Crogiuolo, che per decenni lo ha tenuto aperto con iniziative culturali di alto livello, ma ad un imprenditore, vincitore - guardacaso - della gara, perchè l’unico in grado di pagare spese e gestione del locale: ci vuole così poco a smantellare una rete di esperienze e di relazioni che han segnato la storia della città in questi anni, così poco a impedire che nuove esperienze crescano e si affermino nei quartieri, nel territorio.

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