Ha senso la polemica tra “terroni” e “polentoni”?

15 Marzo 2012
1 Commento


Gianfranco Sabattini

Tra gli aspetti positivi delle celebrazione dei 150 anni dell’Unità dell’Italia si deve annoverare la presa di coscienza relativa ad alcune “pieghe” del processo unitario. E’ negativo però che talvolta tale presa di coscienza si manifesti con forme di ragionamento al limite del tollerabile. Un esempio di ciò è il “botta e risposta” tra Lorenzo Del Boca a Pino Aprile, che, rispettivamente, hanno pubblicato i volumi intitolati “Polentoni. Perché il Nord è stato tradito” e “Terroni. Tutto quello che è stato fatto perché gli Italiani del sud diventassero meridionali”.
Entrambi giornalisti e saggisti, Del Boca e Aprile hanno “incrociato i guantoni”, sposando il punto di vista del Nord, il primo, e quello del Sud dell’Italia, il secondo. Nel confronto, “terroni” e “polentoni” sono i paradigmi con cui sono indicate realtà distanti e ostili tra loro. Del Boca si spinge ad affermare che il fatto che l’unità sia stata perseguita non significa averla raggiunta: il costo del processo unitario sarebbe così alto da indebolire le costruzioni astratte utilizzate per portarlo a compimento. Così, giunge a sostenere che, da qualsiasi parte si consideri il processo unitario, si arriva sempre allo stesso punto: quello dove il filo della storia è stato reciso, per cui se per riannodarlo è necessario reciderlo, ben venga lo scioglimento. Ciò sarebbe utile per rimetterci, dopo qualche generazione, tutti insieme, ma da pari. Perché tanto sarcasmo, da trasformare la celebrazione dell’unità del Paese nella recita di un suo de profundis?
E’ inutile per Del Boca lamentarsi che i centocinquant’anni dell’unità d’Italia sono diventati un appuntamento al quale si guarda con neghittosa indifferenza. Occorre tener presente che la storia d’Italia è sempre stata raccontata dai vincitori che si sono preoccupati unicamente di amplificare le loro piccolissime virtù, per ingigantire i difetti degli avversari, sempre ridotti ad assoluta minoranza non in grado di scalfire l’egemonia culturale dei vincitori. Adesso i tempi sono cambiati. Gli sconfitti dell’Ottocento hanno sollevato la testa e alzato la voce. Tra gli sconfitti anche il Nord, che tra il 1850 ed il 1870 si è mantenuto estraneo e in qualche caso perfino ostile agli eventi che venivano profilandosi, quali ad esempio i “conti in rosso”, ancora oggi aperti, che il Nord continua a pagare. E’ questo il motivo per cui, dovendo giudicare il Risorgimento dai risultati, gli italiani tutti dovrebbero gettarlo in blocco.
Non meno tranchant del giudizio di Del Boca sul processo unitario è quello di Aprile. Tale processo avrebbe originato due “questioni”: la “questione meridionale” e la “questione settentrionale”. La prima avrebbe espresso l’aspirazione del Sud ad uscire dalla subalternità che gli è stata imposta, la seconda la volontà del Nord di conservare la subalternità del Sud e il redditizio vantaggio del potere conquistato con le armi e una legislazione squilibrata. Dopo centocinquant’anni, questo sistema ha raggiunto il suo limite di tolleranza e sarebbe sul punto di spezzarsi. Si sa e si finge di non saperlo, perché troppi sono gli interessi che se ne nutrono.
In luogo delle sterili polemiche, il Nord dovrebbe tenere in maggior considerazione il contributo del Sud al suo livello di benessere attuale, dovuto non solo al drenaggio di risorse di ogni tipo verificatosi dopo la raggiunta unità con la restrizione dei mercati delle attività produttive meridionali e le politiche doganali unicamente a vantaggio delle attività settentrionali, ma anche ai trasferimenti di forza lavoro e agli effetti delle politiche pubbliche ridistributive avutisi soprattutto dopo il 1945. Mentre il Sud, per contro, dovrebbe valutare con maggior responsabilità il fatto di non essere riuscito autonomamente a promuovere, negli ultimi cinquant’anni, un processo di crescita e sviluppo endogeno con le risorse provenienti dai trasferimenti pubblici finanziati prevalentemente dal Nord. E’ auspicabile che gli italiani giungano al più presto a questo tipo di consapevolezza, così da essere liberati dal dover assistere a scambi di invettive che hanno solo l’effetto di spegnere l’entusiasmo col quale tutti dovremmo guardare alle potenzialità future che l’unificazione del Paese può offrire.

1 commento

  • 1 francesco cocco
    16 Marzo 2012 - 18:04

    Ha ragione G.Sabattini : dovremmo guardare alle potenzialità future. Purtroppo siamo in una fase di autodistruzione in cui domina l’interesse microterritoriale e si è incapaci di ampliare l’ orizzonte.

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