Alfiero Grandi
Alfiero Grandi è stato eletto recentemente Presidente dell’Associazione per il Rinnovamento della Sinistra, il sodalizio, già presieduto da Aldo Tortorella, che assume iniziative ed approfondisce, con spirito unitario, i temi per il rilancio della Zinistra in Italia. Nell’augurare a lui e all’ARS un pieno successo, pubbllichiamo questo suo intervento.
Il Governo cosiddetto ‘tecnico’ doveva servire ad evitare il collasso finanziario e a traghettare il nostro paese fino all’appuntamento elettorale, almeno questa era l’intenzione dichiarata. In realtà questo Governo sta provocando modifiche in profondità che sono la conseguenza del particolare rapporto che si è innestato tra Governo e parlamento, tra “tecnici” e partiti.
Non è casuale che il gradimento dei partiti sia arrivato ai minimi storici. Anche i movimenti in alto e in basso delle percentuali di voto dei partiti avvengono in realtà in presenza di una crescita impressionante dell’astensionismo, che non colpisce solo la destra. La frattura tra rappresentanti e rappresentati è arrivata ad un punto delicato e preoccupante. Il disastro della destra al Governo ha ottenuto il risultato paradossale di spalmare la sua crisi di credibilità anche sull’opposizione, al punto da lambire la crisi democratica.
Il Governo Monti vive nell’ambito di quanto previsto dalla Costituzione e tuttavia opera con un continuo ricorso ai decreti legge e al voto di fiducia che non sono una modalità normale e richiamano fin troppo da vicino la fase del Governo precedente.
I partiti che sostengono il Governo, che hanno comprensibile ritegno a parlare di una vera e propria maggioranza, lavorano entro limiti ristretti di manovra, per di più in un parlamento che ha ancora una potenziale maggioranza di centro destra e questo pesa.
Bersani sembra consapevole che la dialettica democratica non può continuare in eterno con queste modalità, come vorrebbe Casini e probabilmente anche Berlusconi, che non a caso ha proposto che il Governo Monti continui anche dopo il voto per un paio di anni.
In realtà chi teme di perdere le prossime elezioni si aggrappa all’opposizione per impedirgli di vincere e già ora i vincoli che gravano su questa fase politica rischiano di fare seri danni sulla potenziale coalizione alternativa, che non saprei chiamare in altro modo che Centrosinistra.
Chi vuole trarre vantaggio dalla crisi del pdl cerca di non spaventarne gli elettori che cerca di portare nel suo ambito elettorale in un modo o nell’altro.
Il centro sinistra deve decidere, per parte sua, cosa intende fare.
Nessuno sottovaluta i problemi di merito che sorgono in questa fase politica e la divaricazione potenziale che si può aprire nell’ambito dello schieramento di centro sinistra. Del resto non è casuale che nel Pd ci sia chi ritiene che il Governo Monti sia il suo Governo di riferimento e non il Governo di una fase di transizione dopo la caduta del Governo Berlusconi.
Tuttavia nelle dichiarazioni di Bersani sembra di cogliere la consapevolezza dell’esigenza di preparare una fase politica nuova, oltre lo stato di necessità e caratterizzata da un esplicito confronto tra centrosinistra e centro destra, offrendo così il merito delle scelte al voto degli elettori.
Nelle scelte del Governo Monti c’è una tendenza a coinvolgere, con le misure adottate, periodi più lunghi di quello che separa dalle prossime elezioni politiche.
Il centro sinistra dovrebbe prestare attenzione all’esigenza di salvaguardare la possibilità di compiere scelte. Non si può ignorare che in Europa si stanno aprendo spazi per contrastare la linea neoliberale imposta dalle leadership Merkel–Sarkozy, a partire dalle prossime elezioni presidenziali francesi. L’ossessione per il debito pubblico sta condannando alcuni paesi come la Grecia al disastro sociale ed economico, altri come l’Italia alla recessione e alla crescita della disoccupazione.
La questione di un diverso sviluppo, con al centro occupazione (di qualità) e sviluppo sostenibile, sarà sempre più al centro di un confronto europeo tra alternative diverse: tra destra e sinistra. L’Italia non può essere fuori da questo contesto.
Per questo occorre iniziare prima possibile la preparazione dell’alternativa politica in Italia, che è questione di contenuti e di capacità di muovere energie sociali ed umane senza il cui sostegno questo non sarebbe possibile.
Occorrono alcune scelte di fondo sul piano economico e sociale, educativo e della ricerca, contrastando la posizione che vorrebbe abbandonare la diversità europea per eccellenza: lo stato sociale.
Del resto non è pensabile che l’alternativa politica venga preparata da un ristretto gruppo dirigente; occorre predisporre una grande occasione di partecipazione democratica alle scelte, che è molto di più delle primarie per scegliere la leadership.
A questa partecipazione democratica debbono contribuire grandi organizzazioni sociali e anche singoli, gruppi, territori, uscendo da una fase in cui una ristretta elite decide le scelte che riguardano tutti.
Occorre un movimento di popolo in grado di dare forza e credibilità all’alternativa politica.
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