A mare le basi militari! E poi?

11 Marzo 2012
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Costantino Cossu

Sta sollevando molto clamore nei media la proposta, d’iniziativa del senatopre PD (ex DC) Scanu, di ridimensionare le basi militari nell’Isola. Per una stimolare la riflessione sulla importante questione, uno dei cavalli di battaglia della sinistra sarda da sempre, pubblichiamo un articolo, apparso su “Il Manifesto” di mercoledì, che ci mostra quanto sia problematica la questione delle basi militari in Sardegna e quanto lo sia la proposta di dismissione del senatore olbiense del PD.
Occorre certo “buttare a mare le basi militari”, tutte, senza eccezioni. Perché - come giustamente rileva Cossu - eliminarne alcune per concentrare tutta l’attività su Quirra, non è una soluzione ragionevole. Ma, più a monte, bisogna sapere cosa fare nelle aree, una volta dismesse. Si tratta di zone di grande pregio naturalistico su cui gli appetiti della speculazione sono manifesti. Ricordiamo che oggi la linea imperante in Europa e in Italia è svendere il patrimonio pubblico, metterlo sul mercato, darlo al miglior offerente. Ora le basi militari, fra i tanti disastri , hanno prodotto un effetto benefico, che è quello di aver preservato compendi stupendi dalla speculazione edilizia. Ma ora qual’è l’antidoto? Possiamo fidarci dello Stato? E dei Comuni, spesso in mano a sindaci mattonari? E’ al sicuro Capo Teulada con un Sindaco che si è battuto per lo scempio di Tuerredda? Ed allora bisognerebbe avere le idee chiare e sopratutto mettere in campo un progetto condiviso per una fruibilità generale di questi beni. Se no, finirà come a La Maddalena, dove dai vincoli militari si è passati a quelli, non meno stringenti, del grande capitale (Mercegaglia & C.), senza alcuna utilità generale. Insomma, ricordiamoci che il grande capitale è sempre pronto a predare i territori e a sollevare recinti in nome del dio mercato, non meno micidiale del dio della guerra, anzi strettamente complementari e connessi.

Ecco ora l’articolo di Costantino Cossu.

Il senatore Scanu (Pd) vuole chiudere e bonificare i poligoni militari di Capo Teulada e Capo Frasca, ma anche tenere aperto e rilanciare quello di Quirra, che è sotto inchiesta. Con la scusa della ricerca sui nuovi sistemi d’arma, che poi vanno sperimentati sul campo
Sembra un passo in avanti, in realtà è il più classico dei falsi movimenti: chiudere e bonificare due poligoni su tre in Sardegna, quelli di Capo Frasca e di Capo Teulada, e tenere in attività il più grande, la base interforze del Salto di Quirra, che andrebbe comunque riconvertito in polo di ricerca scientifica e tecnologica sui nuovi sistema d’arma. Questa la proposta che un senatore del Pd eletto a Olbia, Gian Piero Scanu, nei prossimi giorni trasformerà in mozione [l’ha già fatto ottenendo già quasi 150 adesioni di parlamentari n.d.r.] da presentare a Palazzo Madama e sulla quale dovrà pronunciarsi il governo entro tre mesi.
«Quella per la riduzione delle servitù militari in Sardegna - dice Scanu - è una battaglia di tutto il popolo sardo. Insieme dobbiamo fare massa critica per restituire dignità a una terra, la Sardegna, per troppi anni sottoposta a un’occupazione militare smodatamente dimensionata rispetto alle esigenze della sicurezza nazionale». E aggiunge: «A metà degli anni Cinquanta, quando furono installate le basi, c’era la guerra fredda. Bisognava presidiare il fronte orientale della Nato e il quadrante del Mediterraneo. Ma ora i tempi sono cambiati. Mutata la situazione internazionale, sono venute meno le condizioni politiche e strategiche che costituirono il presupposto degli insediamenti». Con Scanu, alla conferenza stampa che ha illustrato l’idea, erano presenti anche i tecnici Antonio Onnis e Fernando Codonesu, componenti della commissione che ha stilato il progetto di caratterizzazione ambientale del poligono di Quirra dopo che la procura della Repubblica di Lanusei ha aperto un’inchiesta (ancora in corso) per omicidio colposo plurimo e per disastro ambientale.
Bisogna misurare bene le parole di Scanu per capire dove la proposta del Pd vada a parare. «Con la dismissione di Capo Frasca e di Capo Teulada e la riconversione di Quirra - chiarisce il parlamentare Pd - non ci saranno conseguenze economiche negative, semmai il contrario perché le bonifiche saranno in grado di produrre occupazione e costituiranno un grande vantaggio per i territori interessati». Il Pd teme che a Teulada e a Capo Frasca accada ciò che è già accaduto alla Maddalena: un movimento di protesta spontaneo (anche se fortemente minoritario) contro la chiusura della base Usa, innescato dalla paura che la già pesante situazione economica venisse aggravata dalla partenza degli americani. D’altra parte, pochi mesi fa a Perdas de Fogu, il paese più popoloso fra quelli compresi dentro il perimetro della base di Quirra, s’è visto il sindaco di centrosinistra sfilare alla testa di un corteo contro la chiusura del poligono, e in un passato neanche troppo lontano contro la chiusura della base si è schierata la Cgil. Chiusura, quindi, compensata - precisa Scanu - dai posti di lavoro per le bonifiche, che visto lo stato in cui i giochi di guerra hanno ridotto Capo Frasca e Capo Teulada, durerebbero decenni.
E sin qui va bene. Poi però Scanu dice che a Quirra il poligono militare più grande d’Europa non deve chiudere. Il Pd propone una riconversione incentrata sulla ricerca scientifica e aerospaziale, sulle applicazioni nel campo della microelettronica, radaristica e robotica, sul settore metereologico. Insomma, un centro di studi d’eccellenza a supporto dell’industria bellica nazionale. Indipendentemente da qualsiasi altra considerazione (è in campo in Sardegna un movimento largo e articolato che, semmai, delle spese militari propone un drastico ridimensionamento e che chiede che Quirra sia chiusa), Scanu dimentica di dire che la ricerca scientifica in campo militare non si fa solo nei laboratori. Nuovi missili o nuovi droni o nuovi radar richiedono una lunga sperimentazione sul campo. La stessa che da più di cinquant’anni si svolge a Quirra, con gli esiti disastrosi, per la salute di chi abita in quelle zone e per l’ambiente, che prima il movimento anti militarista sardo e poi l’inchiesta della Procura di Lanusei hanno messo in evidenza, con dati che appaiono drammatici quanto incontestabili. Se anche Capo Frasca e Teulada chiedessero, se passasse la mozione di Scanu a Quirra,in sostanza, non cambierebbe nulla. Anzi, può benissimo darsi il caso che l’incremento dell’attività di ricerca porti a un intensificarsi della sperimentazione sui già devastati pascoli del poligono, con un ulteriore diffusione di polveri di metalli pesanti e radioattivi e la crescita dei tassi di inquinamento elettromagnetico, già oggi oltre ogni norma consentita.
A uno dei due tecnici che hanno affiancato Scanu al tavolo della conferenza stampa sono sfuggite un paio di frasi rilevatrici della cultura politica che sta dietro la mozione preparata dal senatore Pd: «Non chiediamo la chiusura del poligono di Quirra - ha detto Fernando Codonesu - perché non vogliamo un’altra La Maddalena. Non possiamo permettere, poi, che tutte le attività militari si spostino in Turchia». La Maddalena: basta farsi un giro sull’isola e parlare con la gente per capire che lì il problema non è la chiusura della base che ospitava sommergibili nucleari Usa, rimpianti solo da una minoranza, ma la gestione scellerata di una riconversione economica compromessa dai disastri causati dalla dissennata gestione del mancato G8 del 2009 (quello promesso e organizzato da Renato Soru e da Arturo Parisi e poi spostato da Silvio Berlusconi all’Aquila). Dirottare tutto in Turchia? Ma allora il problema qual è? Affermare una cultura della pace che stia dentro - sostanziandolo di valori e di bisogni nuovi - un modo differente di produrre ricchezza e relazioni sociali (alternativo a quello fondato sul combinato disposto tra imperio assoluto del capitale finanziario e guerra); oppure fare a gara (con la Turchia) per scegliere chi è il più bravo a servire quel combinato disposto? Quale delle due strade scelga il Pd, è evidente.

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