Andrea Pubusa
La vicenda degli studenti fuori ruolo solleva una questione di carattere generale perché involge il modo d’intendere l’università e la politica culturale.
Oggi il dibattito in seno agli organi di governo degli Atenei e delle Facoltà è tutto incentrato sui temi, pur importanti, delle risorse e dell’organizzazione. Non ci si interroga invece sul ruolo dell’Università, della ricerca scientifica e dell’intellettualità. E’ inutile dire che nella corsa insensata verso l’efficientismo e l’aziendalismo fine a se stesso si è persa di vista la missione dell’Università, che è quella di creare un pensiero critico ed autonomo, da immettere, per il tramite della ricerca e della didattica, nel corpo sociale. Ora, da questo punto di vista l’Università, come le istituzioni pubbliche in genere, sono state investite da un’onda liberista, che “gramscianamente” (seppure con fini opposti a quelli del pensatore sardo) ha puntato a conquistare tutte le casematte che costellano la società e a dettarvi la propria egemonia. Così anche gli Atenei sono stati investiti da questa “mercatizzazione”, che si rileva persino nel linguaggio. Ci sono i crediti e i debiti. Gli esami pesano non per il loro valore culturale, ma per i crediti che il loro superamento conferisce allo studente, le pagine del testo sono commisurate ai crediti a prescindere dalla materia, i docenti sono valutati sulla base di parametri astrusi e complessi, per apprendere i quali occorre faticare quasi come per conquistare la cattedra. Le facoltà (oggi dipartimenti) non si giudicano per il rigore dei loro studi, ma per la faciloneria con cui si promuove e i finanziamenti ministeriali giungono in proporzione al numero dei laureati (uno dei “prodotti”). Si premia chi promuove non chi prepara meglio. Chi prepara pochi ma eccellenti, anziché molti, fra i quali non tutti eccellenti. Un totale ribaltamento rispetto al senso comune che induceva e induce gli studenti capaci e i genitori seri a preferire facoltà e professori rigorosi anziché imbonitori che danno la pacca sulla spalla allo studente, ma in realtà se ne fregano di lui e del suo futuro. Un ribaltamento anche rispetto all’idea che la diffusione della cultura è un bene in sé non misurabile col conto profitti e perdite del ragioniere o dell’aziendalista.
Si potrebbe continuare, basti ricordare i corsi proliferati dappertutto anche negli stazzi e che studiano perfino il mitico membro del segugio, spostando l’interesse degli studenti verso percorsi inutili e improbabili e creando un danno permanente a loro e soprattutto alla società. Si invoca poi la meritocrazia che quando viene enunciata è pura idiozia, mentre quando viene seriamente praticata in un’attività delicata e faticosa qual è la trasmissione e l’apprendimento del sapere, significa riconoscere l’operosità e la costanza e sanzionare il disimpegno e l’approssimazione.
Come si vede, si tratta di problemi di grande complessità. Resi ancora più difficili dall’andare contro le tendenze oramai invalse e che hanno sedimentato interessi convergenti fra gruppi, docenti e perfino settori del mondo studentesco (molti corsi secondari si tengono in vita grazie alla facilità degli esami). Questo è un compito più arduo, perfino di far quadrare un bilancio, che in Atenei periferici, come il nostro, è come far la quadra del cerchio. Si tratta poi di contrastare con fermezza una politica governativa tutta orientata verso la privatizzazione, l’intromissione dell’impresa e la riduzione degli studi universitari ad una sorta di istituti professionali superiori.
In questo ambiente la posizione degli studenti “di lungo corso” a causa delle loro vicende personali viene vista con ostilità. Che senso ha uno studio concepito come “alta” scuola professionale se lo studente non potrà utilizzare a pieno il titolo di studio a fini professionali? In questa visione dell’Università lo studio di questi studenti è inutile; essi sono solo un peso per l’ateneo. Se invece si pensa all’Università come una istituzione che produce e diffonde cultura, determinando il tasso di civiltà di un Paese, è evidente che chiunque manifesti l’intendimento di studiare è una risorsa e, in conseguenza, và incoraggiato a non mollare. I suoi sforzi e i suoi sacrifici sono comunque un arricchimento non solo personale ma sociale. Ora, mentre si comprende che la scuola privata faccia un gelido calcolo di convenienza e di profitto, non si capisce perché la scuola pubblica di massa debba usare gli stessi parametri, in contrasto, fra l’altro, con la Costituzione che qualifica lo studio come un diritto fondamentale della persona, come tale non commerciabile.
C’è consapevolezza di questo negli organi dirigenti degli Atenei? A giudicare dalle decisioni del Senato accademico cagliaritano, sembra di no. Le norme regolamentari annullate dal Consiglio di Stato e quelle riapprovate nei giorni scorsi muuovono dall’idea che i “vecchi” studenti sono un disvalore. Le misure adottate sono più attenuate rispetto alle precedenti, annullate dai Giudici di Palazzo Spada, ma si percorre la stessa vecchia strada. La conferma viene dal fatto che questi studenti non sono stati sentiti, nonostante una sollecitazione in tal senso del Consiglio di stato. E d’altra parte, quale miglior prova del fastidio con cui viene assunta questa presenza se si sbatte loro la porta in faccia?
Ma è così difficile pensare che nell’Università, il luogo del dialogo, del confronto e dell’umanesimo, si possa sentire una componente della popolazione studentesca, quella che ha maggiore necessità di attenzione? E’ difficile convincersi che con una loro rappresentanza si possa individuare una soluzione condivisa?
16 commenti
1 Stefano Abis
8 Marzo 2012 - 09:18
Buongiorno Professore. Se mi permette rispondo io alle sue domande alquanto retoriche.
Sì, è difficile e temo impossibile pensare che l’Università sia un luogo di dialogo e confronto. Oggi è un luogo di scontro, di urla e di porte sbattute in faccia. E’ chiaro, non tutto il mondo accademico è così, si trovano anche persone pronte ad un dialogo costruttivo, ma i vertici si arroccano nelle loro posizioni di assolutà verità e neanche ascoltano. Se si prova anche solo a scrivere delle mail decise si viene considerati dei minacciosi “estremisti”, quando non si viene ignorati del tutto.
Noi siamo sempre disponibili ad un dialogo con il nostro Ateneo e lo auspicavamo all’indomani della sentenza, ma qui tutti si arrogano il diritto di decidere delle nostre vite e carriere come se nulla fosse.
Con questo nuovo regolamento, del quale attendiamo il decreto, per poi muoverci di conseguenza, hanno voluto nuovamente metterci dietro le lavagne un po’ come il maestro faceva con l’allievo cattivo. Del resto, così mi è stato confermato anche l’atro giorno, non è altro che uno stimolo per farci correre verso la laurea.
Buona giornata e buon lavoro.
Stefano Abis.
2 Sara Erriu
8 Marzo 2012 - 09:43
Buongiorno Professore, la ringrazio nuovamente perchè le sue parole portano sempre quella serenità che da qualche giorno fatico a trovare. Dopo l’incontro avuto con lei, sono andata in Rettorato a parlare con uno dei dirigenti, che mi ha detto “Vede, lei ha fatto ricorso ed è ancora qua, i suoi colleghi che non l’hanno fatto si sono già laureati e mi hanno pure ringraziato per aver istituito la decadenza”. In sostanza vengo “punita” un’altra volta per aver avuto l’assurda idea di promuovere un ricorso, cioè di usare uno strumento che lo Stato mi mette a disposizione per tutelarmi. Ma mi domando: sono in torto io che ho “osato” cercare un parere giudiziario su un provvedimento che ritenevo illegittimo o è in colpa chi questo provvedimento l’ha emanato e oggi persevera nell’errore?
Con stima,
Sara Erriu
3 Barbara
8 Marzo 2012 - 11:47
Carissimo Professore, è davvero incoraggainte leggere le sue parole, è proprio come dice Lei, ormai stanno facendo di tutto per scoraggiarci e farci mollare dopo anni di studio solo perchè siamo diventati “scomodi” e la cosa incredibile è che nonostante la sentenza del CdS ci abbia dato ragione cercano comunque di aggirare l’ostacolo cambiando le parole. La ringrazio a nome di tutti i colleghi che hanno deciso di proseguire la battaglia nel Diritto allo Studio!
Buona giornata
Barbara
4 Alba Melis
8 Marzo 2012 - 12:39
Una ricostruzione lucida di ciò che è avvenuto e sta avvenendo. Uno scontro tra civiltà: quella da cui abbiamo la fortuna di provenire, di cui la nostra Costituzione è frutto e allo stesso tempo matrice, e quella delle banche, della finanza e del liberismo individualista.
5 Katouscia Ragatzu
8 Marzo 2012 - 13:37
Da studentessa di Scienze dell’ Educazione e della Formazione, quindi da un punto di vista privilegiato, posso solo dire che l’ istruzione deve partire da un continuo aggiornamento didattico, che le odierne logiche aziendaliste dell ‘ Universita’ di Cagliari stanno eludento. Spazzare via i fuoro corso dell’ Ateneo con decreti e decretucci ,non migliora certamente, l’ offerta formativa , che dovrebbere essere vista con un’ ottica formativa, incentrara sul futuro lavoro e sulla crescita intelletuale dello studente universitario.
6 Marianna
8 Marzo 2012 - 19:22
E’ incoraggiante leggere queste parole.
GRAZIE.
7 Sara
8 Marzo 2012 - 20:03
Grazie, per le parole e il tempo che dedica alla nostra causa, ma credo che i ringraziamenti più sentiti Le dovrebbero giungere da quei piani alti che tanto ci detestano! perché? perché Lei sta dimostrando che ci sono persone valide e ancora motivate nel lavoro dall’amore per la Cultura, l’Istruzione e la trasmissione di conoscenze! purtroppo invece ci troviamo a combattere contro chi dell’istruzione ha fatto un cestello raccatta soldi!
8 Davide
8 Marzo 2012 - 20:32
Grazie per le parole Prof. Andrea Pubusa.
Chiaro, schietto, autorevole. Finora è l’Unico docente dell’ateneo cagliaritano che si sia esposto e abbia parlato dei “problemi” dell’ università. Ma gli altri? Dove sono gli altri? Non ho trovato nessun altro commento alla delibera del Senato Accademico, ne a favore, ne contro. Non si vuole creare un dibattito, ne trovare soluzioni condivise. Così non si va da nessuna parte. Spero solo di incontrare ancora persone illuminate come il Prof. Pubusa, Maestri di Vita. Sarà il mio punto di riferimento da qui in avanti.
Davide.
9 Fabio
8 Marzo 2012 - 20:35
Professore Pubusa, io sono un suo studente, gli esami con lei gli ho già sostenuti,ho sempre creduto che lei fosse burbero, invece mi sono reso conto che lei è una persona onesta soprattutto intellettualmente, severo al punto giusto. Sinceramente sono sconcertato dall’accanimento che stanno mostrando nei nostri confronti, se per questi signori è un buon modo di spronare le persone, caspita allora non capisco proprio nulla. Ho sentito molti colleghi sull’orlo della disperazione, la cosa che più mi fa specie è sentire certe dichiarazioni pubbliche, al tempò della decadenza l’innominato dichiarò che le persone coinvolte erano poche centinaia, grande bugia,le persone oggetto del provvedimento erano 5.367 senza contare quelli che rischiavano di decadere per morosità erano 9.318, ecco il centinaio. Il consiglio di stato dà ragione a noi studenti e cosa fanno continuano. Ma che si vergognino.
Grazie professor Pubusa.
10 Sulis Luigi
8 Marzo 2012 - 20:50
Lei Prof. Pubusa è semplicemente un grandissimo, peccato che per ora sia l’unico ad aver preso le nostre difese … certo che elargire i finanziamenti sulla base del numero dei laureati “prodotti”, come in una fabbrica in cui si producono oggetti in serie, e non sulla base della qualità didattica, è stata una trovata geniale, come tante altre, da parte della politica italiana … anche quì a farne le spese sono i “vecchi studenti” ancora alle prese con i vecchi esami, anzi esamoni, dal momento che contenuto e carico didattico erano in passato ben diversi da quelli attuali …
11 Sulis Luigi
8 Marzo 2012 - 21:15
Chiarimento … parlando di esamoni non era mia intenzione disprezzare quelli attuali, quindi mi correggo … tutti gli esami, vecchi e nuovi che siano, hanno pari dignità e importanza, quindi nessuna classificazione in merito, un ultima cosa, secondo me non sarebbero sorti tutti questi problemi se nel passaggio ai nuovi ordinamenti si fosse garantita la conferma degli esami già superati, se il nuovo carico didattico non fosse stato penalizzante e quindi esami “vecchi” semplicemente sostituiti con nuovi di pari livello e contenuto, evitando che possano aumentare di numero, e sotto pagamento non di 1000 euro ma semplicemente con quanto dovuto per una normalissima iscrizione ad un nuovo a.a.
Ad es. ingegneri chimici, minerari, elettrici abbondano nella mondo della progettazione idraulica, edile, ecc … senza che abbiano sostenuto nella loro carriera universitaria esami specifici in materia, quindi perchè cancellare un esame sostenuto con grandi fatiche, considerandolo obsoleto, e ancora aggiungerne tanti nuovi solo perchè ritenuti più attuali di quelli già presenti nel piano di studi, complicando il tutto, e non tener presente che poi spetterà a ciascun di noi nel mondo lavorativo adeguarsi, quindi aggiornandosi ove fosse necessario … e poi mi sconcerta in tutto ciò l’assenza totale da parte della politica, anche di quella nostrana, la stessa politica degli induilti, amnestie, condoni edilizi, fiscali, ecc … pochissima attenzione da dedicare alle persone in difficoltà come noi, che con grandi sacrifici cercano di raggiungere un traguardo, un sogno, ma con dignità, lealtà, onestà ….
12 Daniele Melis
8 Marzo 2012 - 21:23
Sono totalmente d’accordo!!!!
Grazie!!!!
13 Luigi Sulis
9 Marzo 2012 - 11:07
Scusate gli strafalcioni, qui, indulto, amnistie, ecc …ma oramai è diventato un lusso, in termini temporali, anche scrivere senza fretta una semplice lettera ….del resto stiamo vivendo in un epoca in cui bisogna andare sempre più veloci, vedi tav, e pochi giorni fa un ministro ci ha detto che bisogna lavorare sempre di più, più a lungo, e produrre sempre di più, quindi sempre sempre di più su tutto, solo così potremo avvicinarci all’iperproduttività dei paesi orieentali, dove particolare non trascurabile non esiste nessun tipo di tutela per i lavoratori … poi i risultati di questa irrefrenabile corsa a chi arriva per primo, secondo una logica del fine che giustifica i mezzi, quindi furbizia, clientelismo, corruzione, il portafoglio già pieno, l’opportunismo, pur di arrivare al traguardo nel più breve tempo possibile, non potrà che portarci allo sfascio totale, a beneficio dei ricchi sempre più ricchi, e a discapito dei poveri sempre più poveri, e la qualità, anche quella didattica, che fine farà? Mi vien da pensare a mio zio, che pochi giorni fa ha acquistato una motosega di grossa cilindrata a soli 100 euro, prodotta dove non è difficile capirlo, pavoneggiandosi all’eccesso per l’ottimo acquisto a prezzo stracciato, peccato che dopo un’oretta di lavoro si sia fusa …
14 Francesca
9 Marzo 2012 - 12:56
Salve Professore io sono una studentessa di Lettere e la ringrazio per le belle parole che in questo periodo confortano e danno uno stimolo allo studio, che purtroppo è venuto a mancare da più di un anno a questa parte. Finalmente un docente che esprime il proprio parere in merito, sa negli altri docenti è come se ci fosse una sorta di omertà di fondo. Ebbi un colloquio, quando la decadenza fu approvata, con una mia docente che mi chiarì il motivo di questo provvedimento: ”avete firmato un contratto iscrivendovi e come tale avete diritti e doveri, ossia finire gli studi e seguire le scelte della facoltà in merito a questo fatto” e proseguì dicendo ”voi siete troppi, troppi inattivi, troppi fuori corso, costate e la posizione dell’ateneo in classifica scende e non arrivano soldi dal Ministero”. Mai come in quel giorno mi sentii un numero. Solo un numero fastidioso, non una persona. La facoltà dovrebbe essere un luogo di scambio di idee come ha detto lei deve, e non dovrebbe, dare ai ragazzi (risorse del futuro) le basi affinchè possano formare un pensiero critico ed è quello che io credevo nel momento in cui mi iscrissi. La ringrazio, con le sue parole, di farmi sentire di nuovo una persona e non un numero. Grazie!!!
15 Melania
9 Marzo 2012 - 14:45
Garzie professore per le sue parole anche se non sono che una goccia di un oceano che ormai è prosciugato!
16 Ego
18 Marzo 2012 - 21:46
Professor Pubusa è un professore degno di essere chiamato tale. Ma che dire, dei suoi ”colleghi”? Possibile che tutti continuino a seguire cricche, interessi e malaffare invece che puntare sul futuro?
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